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Cronaca giovedì 09 marzo 2023 ore 13:36

Cippato abusivo, base toscana e smercio in mezza Italia

I carabinieri nel corso dell'operazione
I carabinieri nel corso dell'operazione

Sono 13 le aziende nei guai per un giro milionario di biomasse prodotte in impianti mai autorizzati. Sotto sequestro l'area usata da 'interporto'



PROVINCIA DI AREZZO — Anziché conferire sfalci e residui vegetali correttamente a impianti autorizzati, i materiali venivano indirizzati ad altri abusivi e lì veniva realizzato del cippato 'fantasma' che poi era immesso in un giro milionario di smercio: il baricentro del meccanismo era in Toscana, ma il vorticoso via vai di cippato coinvolgeva anche Lombardia, Campania e Calabria.

A scoprire il tutto sono stati i carabinieri del comando provinciale di Arezzo che stamani, con la sezione di polizia giudiziaria dell’Arma, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti di 13 imprese in parte specializzate nelle utilizzazioni forestali, in parte operanti nel settore della manutenzione del verde pubblico/privato e in parte nei servizi di autotrasporto per una maxi illecita gestione di rifiuti speciali e una connessa frode finalizzata all’ottenimento di ingiusti profitti a danno dell’ambiente.

A finire sotto sigilli è stata una vasta area che fungeva da vero e proprio interporto e polo baricentrico delle attività illecite, e con essa oltre 50 veicoli professionali appartenenti ai soggetti e alle imprese che a vario titolo hanno contribuito a mettere insieme il meccanismo. Un giro milionario sommerso portato alla luce del sole e da qui il nome all’operazione, Osiride.

La ricostruzione delle indagini

L'indagine, spiegano i carabinieri in una nota, ha portato alla luce una organizzazione costituita da più stabilimenti abusivi tra loro interconnessi. Lì "giungevano rifiuti della manutenzione di torrenti, del verde pubblico e privato e di aree industriali per essere cippati e rivenduti alle centrali elettriche con la falsa qualifica di biomassa di pregio prodotta da lotti boschivi". 

I ricavi individuati sono stati quantificati in alcuni milioni di euro, "a danno delle risorse pubbliche riservate invece alle vere produzioni di filiera".

Sei delle 13 imprese coinvolte sono risultate riconducibili a due persone che avrebbero allestito senza autorizzazione alcuna autentici impianti di trattamento rifiuti era lì che mediante la cippatura si nascondeva la vera provenienza delle biomasse utilizzate. Gli investigatori hanno per altro rilevato che le lavorazioni potevano anche determinare effetti negativi sull'ambiente

Le ipotesi di reato vanno dall’allestimento e messa in esercizio di impianti per la raccolta e trattamento rifiuti speciali in assenza di autorizzazione, alla emissioni in atmosfera in assenza di autorizzazione, allo smaltimento illecito di rifiuti liquidi prodotti dalle lavorazioni industriali non autorizzate, al cambio di destinazione d’uso del suolo fino alla frode in commercio.

In altre parole una rete di imprese impegnate nella manutenzione dei torrenti, di aree industriali e verdi, sia pubbliche che private, dopo aver percepito gli oneri per il corretto smaltimento dei residui vegetali derivanti da quelle lavorazioni, invece di utilizzarli e conferire quanto dovuto in impianti autorizzati, li dirottavano in questi stabilimenti dove venivano trasformati in cippato 'fake' poi rivenduto come biomassa di pregio alle centrali energetiche.


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