Francesco
di - domenica 11 ottobre 2020 ore 07:30
Papa Francesco ha firmato ad Assisi, sulla tomba di San Francesco l'enciclica "Fratelli tutti", la prima dei tempi recenti ad essere firmata fuori da Roma.
Forse volutamente fuori dalla curia pontificia attraversata dai problemi che Francesco cerca di risolvere e da cui sembra assediato e contrastato. Il Papa vorrebbe una Chiesa povera in sintonia con gli ultimi. Per questo lui, gesuita, si è chiamato come il poverello di Assisi. Il dimissionamemto del Cardinale Becciu, accusato di peculato, lo svelamento e la ripulsa degli scandali finanziari internazionali sono solo gli ultimi atti del buon combattimento di Francesco per la fede. Prima si era mosso contro la pedofilia di preti e prelati che ammorba la Chiesa. Tutto questo in nome e nel senso di una riforma quantomai necessaria. Ogni stato anche quello della fede ha bisogno di grandi e progressive riforme.
“Fratelli tutti”, definita da Bergoglio “enciclica sociale”, viene dopo l’enciclica del 2015, “Laudato sì”, ispirata al Papa dal Patriarca ortodosso Bartolomeo, riguardante, sempre con richiamo francescano, la cura del creato. E viene dopo il viaggio apostolico negli Emirati Arabi ad Abu Dhabi dove, un anno fa, Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb firmarono il “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune”. Come San Francesco che nel 1219, in pieno medioevo, andò ad incontrare il Sultano d’Egitto Al-Kamil, in nome della pace, dell’amore e della fratellanza.
Papa Francesco professa la Fede per un Dio unico che è sopra le distinzioni di nazioni e razze e, aggiungo, forse anche di fedi. Si rivolge, nel suo pensiero ispirato, ai credenti cristiani, a tutti i credenti e a tutti gli uomini di buona volontà. Forse perfino a quella schiera di miscredenti e ignoranti inveterati a cui pure il sottoscritto appartiene. Anche passando per uomini di fede laica come Eugenio Scalfari che la domenica su Repubblica, dall’alto della sua esperienza pressoché centenaria, svagella di politica, ma soprattutto di letteratura, storia, scienza e varia umanità, intanto che -dice- si spenge il sole. E non è una canzone.
In “Fratelli tutti” riprendendo le “Ammonizioni” di San Francesco rivolte a tutti i fratelli e le sorelle per “una forma di vita dal sapore di Vangelo”, il Papa torna con forza sui temi della fraternità umana e dell’amore del creato per lo sviluppo umano integrale e per la pace.
Il filosofo Cacciari, già Doge di Venezia, intervistato, si è mostrato più scettico relativamente alla portata innovativa dell’Enciclica e alla sua capacità di incidere sulla realtà che viviamo. Ma lui è un intelligentone e queste cose le sorvola. Anch’egli apprezza comunque il riferimento ai temi di libertà, uguaglianza e fraternità. Nell’Enciclica in particolare il tema della fraternità è focalizzato non come semplice corollario, ma come valore fondativo e qualificante, spesso trascurato, della libertà e dell’uguaglianza.
Papa Francesco parla degli ultimi, dei migranti e disegna un mondo che include e promuove, un mondo aperto, contro le chiusure sovraniste e nazionaliste. Occorre infatti “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. E auspica la migliore politica In favore dei popoli, ma non populista. Richiama ad un tempo per l’uomo e non per il denaro, la finanza globale e il consumismo, per il noi al di sopra dell’io. Chiede una riforma dell‘ONU per una diversa solidarietà delle nazioni, capace di sconfiggere la guerra -non esistono guerre giuste- la fame, il sottosviluppo, l’ingiusta distribuzione delle risorse e la distruzione della natura. Invoca l’artigianato della pace e la gentilezza.
Può darsi che la lezione della “Fratres omnes” sia già insita nel credo cattolico cristiano e quindi non rappresenti una novità assoluta. Ma la forza rivoluzionaria dell’Enciclica sta nel fatto che essa è pronunciata ora, in questo tempo storico, in questa fase politica in cui prevalgono, a scala locale e globale, conservatorismi e regressi del senso stesso dell’incedere umano e sociale. Con la diffusione della pandemia che aggrava il quadro. E anche dal Covid nessuno si salva da solo. Eppure a Roma si radunano i negazionisti e i resistenti contro “la dittatura sanitaria”, benedetti da Enrico Montesano. Un’accozzaglia di estrema destra e di altri irresponsabili assortiti. L’Enciclica richiama il perdono e il dialogo, ma una bella scomunica gli ci starebbe bene al Conte Tacchia ed altri accoliti par suo. Forse però ne faremmo dei falsi martiri nel Pantheon degli idioti. S’invochi per costoro un’antica formula: “Il Signore illumini e conceda ai colpevoli in materia tanto grave, il pieno ravvedimento, poiché è in pericolo la stessa salvezza dell’eternità”. E mica solo quella dell’eternità! Ieri tuttavia era anche la giornata mondiale della salute mentale, speriamo che i dimostranti ne abbiano tratto giovamento. Comunque, fatta salva la satira, sarebbe meglio tenere lontani i comici dalla politica attiva perché le attaccano il vizio di essere ridicola. Che anche per quello ci vorrebbe un bel vaccino.
La “Fratres omnes” offre al mondo globale un nuovo orizzonte universale non dominato da logiche economico finanziarie, ma governato dalle istanze politico sociali ed ecologico ambientali. E perciò si pone dalla parte degli umili, dei gentili e dei bisognosi. Bisognosi di pane, di rose e di fede. Per questo gli arroganti, i potenti dal cuore arido e i poveri di spirito, le forze conservatrici e reazionarie gli si oppongono nella società, in politica e perfino nella Chiesa stessa. Il cardinal Ruini fra tutti, che sembra invocare un dialogo privilegiato con la Meloni: Giorgia, donna, madre, cristiana, familista. E con Salvini, sequestratore di porti e migranti, che si addormenta con il rosario; gli manca solo la felpa del Vaticano. E poi c’è l’iroso Cardinale Zen da Hong Kong, assai poco zen. Mentre gli economisti assertori della globalizzazione neo liberista sbandierano al Papa le mirabilia del mercato globale.
Perché la Chiesa è Chiesa per tutti, ma un grande proposto ci disse un giorno scherzando: vedete siamo tutti preti, ma anche fra noi ci sono preti di destra, di centro e di sinistra. Fu con gli operai in lotta perché da quella parte la sua fede, il suo credo e la sua coscienza gli dicevano di stare. E ho un amico che lavora in campo ecclesiastico il quale mi dice che quando espone e propone testi riguardanti Papa Francesco molti preti inorriditi si rifiutano perché dicono: è un comunista! E poco ci manca che si facciano il segno della croce: vade retro! Strani giudizi quelli affibbiati a Jorge Mario Bergoglio, accusato di essere stato tiepido nei confronti della dittatura fascista argentina e ora, all’opposto, tacciato di simpatie comuniste.
La storia di questi anni invece a me pare sia un’altra. Papa Wojtyla, San Giovanni Paolo II, è stato un grande comunicatore; ha vissuto il nazismo e il comunismo ed entrambi ha combattuto. Ha demolito con la forza della libertà religiosa le ultime propaggini della cortina di ferro dei paesi socialisti. Ed è stato un ”conservatore” della fede. Ha incarnato e difeso le prerogative della Chiesa cattolica romana oltre la propria salute e quasi oltre la propria stessa vita. Papa Benedetto XVI era -ed è- un alto teologo, attento alla sostanza e alla forma della Chiesa che ha avuto il coraggio umano della rinuncia, “ingravescente aetate”, di fronte al peso degli affanni. Diversi dei quali anche interni al Vaticano.
E Bergoglio? Come San Francesco professò povertà e umiltà di fronte al potere temporale e alla ricchezza della Chiesa e non solo e si fece testimone di pace e di fede al tempo delle guerre e delle crociate contro gli “infedeli” in Terra Santa -ogni tempo porta il suo affanno- così fa Papa Francesco, in questo momento storico regressivo dove i muri non si abbattono, ma si rialzano. Somiglia più ad un altro grande Papa: Giovanni XXIII, il Pontefice del Concilio, dell’ecumenismo universale che interpretò l’apertura del mondo del secondo dopo guerra verso il dialogo e il progresso; ciò che Paolo VI, suo successore, sistemò nella “Populorum progressio”. Francesco non è un conservatore è il papa innovatore che spalanca le porte della Chiesa, apre la fede alle fedi e interpreta la forma e la sostanza del mondo, degli uomini, della Terra. Spalanca le frontiere alla speranza e rischiara “le ombre di un mondo chiuso”. Chiama “le religioni al servizio della fraternità nel mondo”. Che sarebbero il comandamento dell’amore e l’aspettativa del progresso, quello vero.
Non so francamente se è Dio che parla con lui o per lui dall’altro mondo. Non sono credente. Ma penso proprio che è questo mondo che ha bisogno di Francesco e parla per lui e con lui. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera 11 ottobre 2020
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La formula in corsivo, virgolettata, è tratta dall’avviso della curia vescovile di Piacenza di scomunica ai comunisti, dopo il Decreto del Santo Uffizio approvato da Papa Pio XII, il 1º Luglio 1949. Che tempi erano quelli!