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​La complessa storia del vino

di - martedì 05 marzo 2024 ore 08:00

Le origini sono remote e raccontate con testimonianze fossili, sculture, manoscritti di umanisti, pitture, poesie e di oggetti di varia grandezza da usare per la viticoltura e il vino. Voglio ricordare uno dei miei maestri: Luigi Veronelli, filosofo e giornalista enogastronomico, una volta mi disse: e bastò, (caro Nadio prima il nome e poi il cognome); Prima la tua identità, quella che non hanno voluto per secoli i padroni di tutto. La storia è piena di omissioni. Di documenti ne ho letti molti antichi e recenti, ma difficilmente ho trovato su di essi il nome di un vignaiolo o umile produttore nelle descrizioni delle vigne, cantine e vini. Dobbiamo sapere che le vicende sul vino appartengono, prima agli “anarchici buoni” e poi ai potenti che si sono dimenticati o hanno ignorato le umili persone(vignaioli).

Qualche giorno fa ho ripreso a leggere dei documenti del 1891 e 1899; Il primo del 1891, che riguardano le province dei Pisa, Lucca e Livorno, (Livorno che non era ancora Provincia, (solo nel 1924) che riguarda i componenti chimici dei vini di alcuni prodotti Tipici Toscani, in questo caso l’Elba, fatti con uve di Sangioveto, Canaiolo, Trebbiano e Colorino; Vigneti che provenivano dal periodo francese,(1810). (naturalmente con i mezzi dell’epoca, (abbastanza empirici), i cui risultati dettero indicazioni, poi confermate veritiere, che i vini dell’Elba avevano una componente ferrosa, trasmessa dai terreni, agropedologicamente esaminati confermando con molto ferro (come la storia geologica ci racconta). 

Le indicazioni degli studiosi ne dedussero che quei vini recavano beneficio al fisico umano. Col tempo altri studiosi in materia di conservazione dei vini si accorsero che l’eccessiva componente ferrosa dei vini ne alterava la qualità causando una precoce ossidazione del vino: nei rossi dandogli, al colore, sfumature aranciate e ai bianchi tendenti al color buccia di cipolla, all’olfatto e al gusto in ambo i casi di maderizzato. Il secondo testo, 1899, ci parla di salvaguardia di vitigni, attraverso il Comizio Agrario di Portoferraio, creando, con barbatelle di piante americane, dei vigneti sperimentali per fare una scelta più idonea per combattere la Fillossera, sempre in agguato, e a quelle più adatte alle condizioni micriclimatiche e agropedologiche dell’Isola. In alcuni vivai furono usate le barbatelle di Riparia glabra Comune, Riparia di York Madeire e Riparia di Crdifolia. 

In seguito il Governo continuò a inviare barbatelle di viti americane come la Riparia glorie di Montpelier, la Rupestris du Lot, Rupestris Martin, Rupestris Mission e Berlandieri Resseguier. Il Comizio Agrario di Portoferraio. Nel 1895, di febbraio, il Comizio Agrario di Portoferraio bandisce un concorso sulle quantità di estensione di vigneti impiantati con viti Americane resistenti alla Fillossera, presidente fu Garibaldo Foresi. In questo concorso parteciparono 65 concorrenti cosi ripartiti: Campo nell’Elba 26, (dei quali) Marina di Campo 13, Frazione di San Piero 12, Sant’Ilario 1. Marciana 2, Marciana Marina 3, Rio Elba 2, Portolongone 8, Portoferraio 24. Furono premiati con 250 lire Vadi cav. Giuseppe, Cammilla Foresi, Giuseppe Leonardi e Giuseppe Tondi i vitigni furono di Procanico, Sangioveto, Biancone e Aleatico. Con 150 lire furono premiati Ulisse Foresi, Teofilo Paolini. Con premio inferiore: Angelo Meoni, Flavio Mibelli, Annunziato Diversi, Pietro Marinari, Giuseppe Paolini, Eugenio Olivari. Dopo l’800, nacque tutta una eplosione di istituti di viticoltura e enologia e fu l’inizio di rendere merito agli “ultimi” quelli con il bidente in mano che hanno consentito di allargare il numero di chi teneva il calice in mano. Nel prossimo articolo vi parlerò i modo più dettagliato della produzione dei vini all’Elba, intorno al 1932.

Qui sotto la scheda del proprietario della azienda Antonio Arrighi nel Comune di Porto Azzurro, Isola d’Elba

Questo vino è chiamato, dal dizionario greco, con il sostantivo NESOS, in greco (νῆσος) che vuol dire in italiano (ISOLA). Vi confesso che io non l’ho degustato perché è difficile trovarlo. Però è meritevole di una pubblicazione attenendomi alle citazioni del proprietario della azienda Antonio Arrighi. Nel contesto enologico elbano è una assoluta novità. Nel prossimo articolo cercherò di unirlo all’ antica storia enologica elbana.