Attualità venerdì 17 aprile 2020 ore 12:43
Covid, crisi nera per 3,7 milioni di lavoratori
Quasi la metà dei dipendenti delle aziende che hanno chiuso per i decreti anti-Covid del governo sono l'unica fonte di reddito per le loro famiglie
ROMA — La sospensione, anche se temporanea, delle attività produttive per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha causato per 3,7 milioni di lavoratori il venir meno dell’unica fonte di reddito familiare.
Ad essere più colpite le coppie con figli (1 milione e 377mila, il 37% del totale) e i genitori “soli” (439mila, il 12%) con il rischio di non riuscire a fronteggiare le spese quotidiane. Un dato preoccupante se si considera che ben il 47,7% dei lavoratori dipendenti di aziende chiuse dal governo guadagnava meno di 1.250 euro mensili e il 24,2% si trova addirittura sotto la soglia dei mille euro.
È quanto emerge dall’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Covid-19: aumentano le famiglie in ristrettezza economica”.
Ad essere coinvolta, oltre ai ceti più deboli a rischio oppure già in povertà, è anche la vasta platea di lavoratori a reddito medio-basso, per la quale l’assenza di reddito anche per un solo mese può determinare una situazione di grave disagio.
Tra i profili sociali in bilico ci sono i giovani (oltre il 60% della popolazione fra i 25 e i 29 anni abitualmente non guadagna più di 1.250 euro) e gli under 30, anche una inferiore disponibilità di risparmi da poter utilizzare in questa fase emergenziale.
Meno critica, in generale, potrebbe sembrare la situazione delle donne, più largamente occupate nella pubblica amministrazione. Tuttavia, se osserviamo gli occupati costretti a casa dall’emergenza sanitaria, scopriamo che 2,5 milioni di donne, in particolare le addette nelle attività di vendita e le occupate part time sono per due terzi al di sotto di uno stipendio di 1.250 euro al mese contro un terzo dei maschi.
Da un punto di vista territoriale è al Sud che si ha la maggiore concentrazione di disagio, con i monoreddito che rappresentano quasi la metà dei i lavoratori dipendenti temporaneamente senza lavoro contro il 35,2% dei residenti del Centro, compresa la Toscana, e il 34,3% del Nord Italia.
La situazione appare più critica tra gli autonomi: non solo la quota di quanti non lavorano per effetto delle chiusure da COVID-19 è più alta (55% contro il 38,2% dei dipendenti), ma tra questi ultimi è più elevata anche la percentuale di chi vive in famiglie monoreddito (sono il 42% contro il 38% dei dipendenti), e dove pertanto in questi mesi viene a mancare l’unica fonte di reddito familiare.
“I provvedimenti adottati a tutela della salute pubblica hanno esposto a maggiore rischio proprio i lavoratori meno qualificati e a più basso reddito, che avrebbero invece avuto bisogno di più tutele - ha commentato la presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone - Al contrario chi ha potuto contare sulla continuità lavorativa tramite smart working sono stati soprattutto i lavoratori della conoscenza, impiegati e quadri di aziende pubbliche e private, professioni a più alta qualificazione, che vantano titoli di studio e redditi più elevati.
L’emergenza Covid sta avendo a livello occupazionale un effetto divaricante, amplificando il disagio sociale in quei segmenti della cittadinanza che già si trovavano in condizioni economiche molto precarie e mettendo in grande difficoltà anche le famiglie abituate a gestire con grande oculatezza il proprio bilancio mensile.
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