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Attualità venerdì 08 maggio 2015 ore 11:45

Codice rosa, 3200 casi nelle Asl toscane

Ha preso il via in tutte le province il servizio regionale che garantisce un percorso di assistenza e supporto alle vittime di violenze e abusi



FIRENZE — Nel 2014 sono stati 3.268 i casi registrati nei pronto soccorso delle aziende sanitarie toscane: 2.827 accessi hanno riguardato gli adulti (2.629 maltrattamenti, 127 abusi, 71 stalking), 441 i minori (355 maltrattamenti, 86 abusi)

Il Codice Rosa è un progetto della Regione Toscana, sviluppato a seguito dell'esperienza positiva realizzata dalla Asl 9 di Grosseto (dove il Codice Rosa è in funzione dal 2010), rivolto alle persone che accedono alle strutture di pronto soccorso per essere curate: uomini e donne, adulti e minori, vittime di maltrattamenti, abusi e discriminazioni sessuali. Il progetto regionale, che prevede il coinvolgimento interistituzionale e delle associazioni, ha preso avvio dal 2012 e si è sviluppato gradualmente fino alla completa diffusione, avvenuta nel 2014, in tutte le aziende sanitarie toscane.

Il Codice Rosa non sostituisce il codice di gravità del pronto soccorso, ma viene assegnato insieme al codice di triage da personale formato a riconoscere segnali spesso taciuti di violenze. Agli utenti ai quali viene attribuito il Codice Rosa è dedicata una stanza, dove vengono create le migliori condizioni per l'accoglienza, la cura e il sostegno, nonché l'avvio delle procedure d'indagine in collaborazione con le forze dell'ordine e, se necessario, l'attivazione delle strutture territoriali per la tutela di situazioni che presentano livelli di rischio elevati.

Il lavoro di squadra è indispensabile per mettere in rete tante competenze diverse - medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, magistrati, rappresentanti delle forze dell'ordine, delle associazioni e dei centri antiviolenza, per far emergere i casi di violenza e abuso, dare sostegno alle vittime e perseguire i responsabili.

In particolare per quanto riguarda i minori, non è facile riconoscere i "segni" nascosti di maltrattamenti o abusi: per farlo, è necessario l'occhio attento di personale preparato. Grazie ad un'azione formativa strutturata sia a livello regionale che aziendale, e a percorsi di formazione specifici svolti in collaborazione con il Meyer, il personale dei pronto soccorso è in grado di contribuire al riconoscimento dei casi e raccordarsi con le forze dell'ordine e le Procure, per interrompere storie di violenze che troppo spesso si nascondono all'interno di mura familiari.

Conoscere la dimensione del fenomeno è indispensabile per poter organizzare gli strumenti per contrastarlo in modo efficace. I dati degli accessi avvenuti nelle strutture di pronto soccorso delle aziende sanitarie toscane (vedi in fondo alla pagina), seppure ancora sottostimati, sono preziosi per comprendere la realtà regionale.

Uno degli aspetti più qualificanti del progetto regionale Codice Rosa è lo sviluppo del coordinamento tra i soggetti istituzionali cui la legge attribuisce competenze in tema di maltrattamenti e abusi. I recenti fatti di cronaca posti all'attenzione dai media hanno evidenziato nella nostra regione un caso di particolare gravità che ha avuto un esito drammatico, caratterizzato da precedenti ripetuti maltrattamenti che hanno comportato numerosi accessi al pronto soccorso per lesioni di varia entità. Le strutture sanitarie presso le quali la vittima si è recata per farsi curare hanno messo in atto un audit per verificare che il percorso si sia svolto nel modo corretto, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure definite dal progetto Codice Rosa. I riscontri effettuati hanno dimostrato che il caso è stato trattato nel rispetto delle esigenze dell'utente, delle procedure definite dal progetto e nell'assolvimento deg li obblighi di comunicazione previsti dalla legge.

E' indispensabile proseguire nel miglioramento continuo del percorso di accoglienza, elevando la capacità di raccordo e integrazione tra le istituzioni, perchè i "bisogni" delle vittime sono importanti e molteplici: vanno dal riconoscimento della propria sofferenza, alla cura, alla tutela dell'incolumità propria e dei figli, all'esigenza di assicurare, nei casi più gravi, l'allontamento da contesti violenti verso luoghi sicuri, con l'avvio di percorsi di autonomia e sostentamento attraverso il lavoro.


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