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​Il nostro “Io” è il nostro “nemico”

di - sabato 16 aprile 2022 ore 08:15

Finché il nostro senso della realtà è organizzato sulla percezione della realtà come derivata dalla nascita materiale dai nostri genitori, siamo infantili. Percepiamo allora, e ci comportiamo di conseguenza, la realtà ad una dimensione: la realtà, come la percepiscono i bambini, è quello che accade nel mondo esteriore. Come dipendevamo dalla protezione e dall’amore dei nostri genitori quando eravamo bambini, così dipendiamo dalla protezione e dall’amore del mondo che esiste attorno a noi: proviamo l’amore solo se gli altri ci percepiscono e ci amano. E, se abbiamo sperimentato il terrore nella nostra infanzia, ci sentiamo al sicuro nelle nostre abitudini solo se spargiamo terrore attorno a noi. Non ce ne accorgiamo, ma manipoliamo attivamente il mondo attorno a noi in modo che sia somigliante a quello dell’infanzia o in modo che ne sia semplicemente l’opposto.

Chi opera attivamente questo mantenimento all’abitudine, alla tradizione è il nostro “Io”, un “fenomeno” che si è aggregato attraverso modalità comunicative non-verbali e verbali ripetitive. Le modalità comunicative non-verbali si sono strutturate attraverso l’eredità culturale, tra le generazioni e la microcultura familiare. La comunicazione verbale ha acquisito importanza a livello conscio quando si è strutturato verbalmente il nostro “Io”, cioè nel secondo anno di vita: prima di allora non ci giravamo se sentivamo nominare il nome che ci era stato assegnato all’anagrafe; dopo di allora abbiamo creduto di essere il nostro nome.

Ci sono due fasi nella vita: quella del bambino che può diventare l’adulto che è in grado di occuparsi materialmente di se stesso e quella dell’adulto che può diventare genitore di se stesso e quindi degli esseri che lo circondano. Come accade per la farfalla, che prima è bruco e poi evolve in un essere che arricchisce, con i suoi colori, svolazzando attraverso la bellezza della vita, così noi dobbiamo “morire al passato, alla nostra infanzia” e rinascere al “presente da ora in poi”.

La “morte al passato” può essere un “leggero” librarsi nell’aria oppure un’”insostenibile pesantezza dell’essere”, che ci accompagna fino alla morte fisica attraverso la paura della sofferenza, della malattia, della vecchiaia e della morte.

L’insostenibile leggerezza o pesantezza dell’essere dipende dall’attaccamento che il nostro “Io” ha sviluppato. Un tuffatore per librarsi nell’aria deve usare il trampolino per darsi lo slancio e solo così può lasciare il trampolino e volare come un uccello o una farfalla.

Tra l’epoca dell’infanzia e l’essere genitori c’è dunque un intervallo di crisi, in cui abbiamo a che fare con la morte. Il Gesù di Tommaso inizia i suoi versetti con “Chi trova il senso segreto di queste parole non assaggerà la morte”. Egli sembra indicare che solo entrando nel segreto o, meglio ancora, nel mistero della vita possiamo diventare quello che siamo: Vita. La Vita, che è eterno ritorno dell’amore attraverso la rinascita al presente.

La zavorra che ci impedisce di rinascere al presente di momento in momento è il nostro “Io”, quello che chiacchiera costantemente nella nostra testa e rinnova la propria storia personale raccontandosi e cercando di trasformare chi è attorno a noi nelle comparse della propria narrazione personale.

Joe Biden, ad esempio, continua il suo racconto personale di avidità di dominio attraverso il dollaro, Vladimir Putin continua il suo racconto personale di vendicatività per un’infanzia imperialistica defraudata dall’imperialismo altrui, Xi Jinping continua a spostare le mura della sua grande muraglia attraverso il commercio delle vie della seta. Sperano di lasciare un’eredità alla loro Nazione e non si accorgono che, inseguendo la gloria, lasciano solo un cumulo di macerie, conseguenza della proiezione del loro dramma personale sul resto della Vita in comparse del loro dramma personale. Attaccati, come sono, alla loro infanzia sono diffusori di morte materiale, vivono per consumare la materialità della Vita, senza comprendere che la materia è sacra.

Il Gesù di Tommaso continua nei suoi versetti con “Chi cerca non smetta di cercare finché non trova, e, quando troverà sarà sconvolto, e, così sconvolto, farà cose meravigliose e regnerà sul Tutto.”. L’”Io” di Biden, Putin e Jinping non sembra che si sia impegnato a cercare fino a trovare, ad essere sconvolto, a fare cose meravigliose, a regnare sul Tutto. Nel loro infantile attaccamento al possesso non hanno cambiato la direzione della loro ricerca dall’esterno all’interno, per poi fare tutt’uno dell’interno dell’esterno.

Pilato, nella sua investigazione su Gesù, gli domandò a bruciapelo: “Sei tu il re dei Giudei?”. Gesù rispose: “Il mio regno non è di questo mondo: se fosse di questo mondo il mio regno, le mie guardie, certo, avrebbero combattuto, perché non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù.”. “Dunque. tu sei re?” gli chiese allora Pilato. Gesù rispose: “Tu l’hai detto, io son re. Per questo io son nato, e per questo son venuto nel mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.

Noi siamo dunque nati per diventare testimoni della verità. E la verità è che noi siamo i re, i padroni, del nostro mondo interiore, in modo che non reagiamo alle provocazioni, alle proiezioni del mondo esteriore, ma, rispondendo attraverso la verità che ci attraversa, diventiamo responsabili delle nostre azioni prevedendo le loro conseguenze.

Il passaggio dall’infanzia alla vita adulta e all’essere i genitori di noi stessi avviene dunque attraverso la relativizzazione del nostro “Io”, nel quale riconosciamo che è stato solo il trampolino per librarci nell’aria.

L’antimilitarista Bertolt Brecht sembra comprendere che il nostro “nemico” è il nostro “Io” e che i nemici esterni sono solo una proiezione del nostro “Io”.

Ad esempio, la poesia “Al momento di marciare molti non sanno” recita:

“Al momento di marciare molti non sanno

che alla loro testa marcia il nemico.

La voce che li comanda

è la voce del loro nemico.

E chi parla del nemico

è lui stesso il nemico.”.

Ed è il nemico che ci porta alla morte attraverso il silenziamento e l’umiliazione del corpo, attraverso quell’anticipazione della morte fisica che è la malattia: è il nostro “Io” che sceglie di che malattia dobbiamo soffrire e di che morte dobbiamo morire.