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Attualità venerdì 19 aprile 2019 ore 11:00

Addio all'agnello sulle tavole per Pasqua

L'allarme di Cinfagricoltura: "A Pasqua, il 15 per cento in meno di agnello sulle tavole toscane". Aumenta la richiesta dalla comunità musulmana



FIRENZE — Addio all'agnello per Pasqua: sono sempre meno gli agnelli sulle tavole toscane. Il calo è già stato stimato intorno al 15 per cento. A lanciare l'allarme Confagricoltura Toscana.

"Le richieste rimangono più o meno stabili nelle zone di campagna, ma nei centri abitati più grandi e nelle città, la tradizione dell'agnello pasquale è sempre meno praticata", spiega Angela Saba, Presidente della sezione Ovicaprini di Confagricoltura Toscana.

"In alcune aziende i capi non sono stati addirittura ritirati e molti allevatori, per tutelarsi, hanno accettato di vendere con largo anticipo ai commercianti, che poi hanno provveduto a congelarli in attesa delle festività".

La consueta impennata degli acquisti last minute da parte dei consumatori, non salva di certo la situazione, i ricavi degli allevatori rimangono al palo.

"Ogni anno che passa, siamo costretti a vendere ai grossisti a prezzi sempre più bassi, anche in occasione di questa Pasqua, i nostri margini perdono più del 20 %", spiega ancora Saba.

"Chi ha venduto in questi giorni lo ha fatto a una media di 3,50 euro al chilo, ma chi si è mosso più di un mese fa ha dovuto abbassare il prezzo a 2,50 euro. Prezzi ridicoli per una carne pregiata e di grande valore nutrizionale".

"La situazione degli allevatori nella nostra regione è allo stremo", spiega ancora Saba. "In Toscana, negli allevamenti, concentrati soprattutto in Maremma, la situazione è preoccupante. Ogni anno chiudono più di 50 aziende, ne sono rimaste circa 1200, che nel giro di breve, se l’andamento non cambierà - tra predazione, prezzo del latte in picchiata e incremento dell’import di carne da fuori - scompariranno, trascinandosi dietro tutto un indotto che dà da mangiare a tantissime famiglie".

Unica nota positiva: è in forte aumento la richiesta che proviene dal mondo musulmano, grande consumatore, per motivi religiosi, di carne ovina. "Ormai una bella fetta di mercato circa un 20% della nostra produzione segue questo canale di vendita" conclude Saba.


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