Attualità lunedì 14 dicembre 2020 ore 14:06
"Noi precari della giustizia" parlano i magistrati onorari
La pandemia ha messo in risalto la precarietà della magistratura onoraria, la coordinatrice toscana spiega le criticità che minano la categoria
FIRENZE — Hanno manifestato perché "traditi dalle istituzioni", sono i magistrati onorari della Toscana che da Prato, Pisa, Livorno ed altre città si sono ritrovati al Palazzo di Giustizia di Firenze per chiedere maggiori tutele economiche con un flash mob contraddistinto dalle rose e dai codici tenuti in mano durante la protesta.
Circa 80 udienze penali e 50 udienze civili ogni 100 sono assegnate a magistrati e giudici onorari che sono differenti dai cosiddetti giudici togati. Sono dei precari nella giustizia italiana e la pandemia ha messo in risalto le criticità della loro condizione lavorativa.
Valentina Sanfelice, vice procuratore onorario presso la procura di Prato e coordinatrice della Federazione nazionale magistrati ordinari spiega le motivazioni alla base della protesta.
Come nasce la figura del magistrato onorario?
"Siamo nati nel secondo dopoguerra con Togliatti che ha proposto un reclutamento di magistrati per fronteggiare il momento di crisi attraversato da una giustizia bloccata, negli anni '70 la figura è stata utile per tenere insieme il sistema messo in crisi dalle problematiche storiche dovuta alla presenza delle bande armate. Da 20 anni oramai andiamo avanti a suon di proroghe con avvocati o pubblici impiegati, liberi professionisti che sono prestati all'amministrazione della giustizia ma che in alcuni casi svolgono solo questa professione".
Negli ultimi mesi la pandemia ha messo in risalto la crisi della categoria
"Lo Stato ci mantiene nella precarietà con l'alibi della temporaneità e del fatto che svolgiamo altre attività ma nei fatti chi non ha la cassa forense non ha paracadute. Chi si è ammalato, e qualcuno è anche morto, in questi mesi non ha potuto lavorare e non ha percepito nulla".
Di quale rapporto economico parliamo?
"Non c'è una retribuzione. Si tratta di un indennizzo fermo dal 2003, senza nessuno scatto. Parliamo di 98 euro lordi ad udienza che raddoppiano se l'udienza si protrae oltre le 5 ore continuative. Teniamo conto poi che nulla ci è dovuto per il lavoro di preparazione sugli atti processuali e per il tempo che occorre a scrivere la sentenza così come per tutta l'attività che viene svolta fuori dall'aula. In vista c'è l'applicazione di una nuova normativa che fissa il numero delle udienze ed un tetto retributivo annuale che potrebbe definitivamente far allontanare l'idea di percorrere questa strada professionale".
Il 2020 è stato un anno di svolta?
"La situazione si è mossa, anche per questo siamo entrati adesso in stato di agitazione, perché alcune sentenze dalla Comunità europea sino alla Corte Costituzionale hanno equiparato le figure dei magistrati togati ed onorari. Siamo andati alla porta del ministero e ci è stato detto che non abbiamo diritti
perché non abbiamo fatto un concorso, ma non è vero perché abbiamo sostenuto un concorso per titoli anziché per esami e la legge prevede che il magistrato diventa tale per concorso, senza specificazioni. Ma la goccia di troppo è arrivata dal ministro Alfonso Bonafede che ha dichiarato come la finalità del nostro ruolo sia quella di permettere ai giudici togati di restare in pochi e godere così di uno stipendio dignitoso. Questo ha fatto arrabbiare noi ma anche l'associazione nazionale magistrati".
Come conciliate le responsabilità con il precariato?
"Viviamo un paradosso, processiamo chi fa caporalato e lavoro nero e noi lavoriamo a cottimo senza diritti riconosciuti. Rischia di essere messo in crisi il sistema che vuole i giudici autonomi e indipendenti. Negli anni poi non sono mancati episodi di aggressione ai nostri colleghi impegnati in prima linea ma ci è stato tolto anche il porto d'armi, eppure mettiamo la faccia in quello che facciamo, siamo il volto dello Stato sul territorio".
La protesta in Toscana come proseguirà?
"Siamo partiti dallo sciopero della fame iniziato dalle colleghe di Palermo al quale altri stanno aderendo. Ma non faremo uno sciopero, che non potrebbe andare oltre i 5 giorni, bensì pensiamo alla possibilità di rifiutare la nostra disponibilità che metterebbe in crisi le udienze in programma, anche ad oltranza. Abbiamo apprezzato la solidarietà che ci è arrivata da parte dei giudici togati e speriamo di aver aperto una breccia nella quale poter portare avanti le nostre richieste".
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