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Attualità venerdì 06 marzo 2020 ore 10:05

Un Crocifisso di Donatello scoperto a Legnaia

Il restauro ha confermato la scoperta dell’opera in legno individuata nell’Oratorio della Compagnia di Sant’Agostino a Sant’Angelo a Legnaia



FIRENZE — Un crocifisso ligneo di Donatello è stato individuato nella chiesa di Sant’Angelo a Legnaia durante un'opera di restauro. L'opera è stata ricollocata nella sua sede originaria, l’Oratorio della Compagnia di Sant’Agostino, restituita alla sua antica funzione liturgica e soprattutto riconsegnata alla comunità che ne ha avuto cura per molti secoli.

La scoperta del Crocifisso risale al gennaio 2012. Il restauro è stato avviato alla fine del 2014, finanziato con fondi della Soprintendenza speciale per il polo museale fiorentino e per la città di Firenze.

Il Cristo Crocifisso (1461-1466 circa) non è di grandi dimensioni (altezza cm. 89, larghezza braccia cm. 82.5), ed ha un peso estremamente contenuto (appena 3,300 Kg, esclusa la croce che lo sorregge, non originale). Un oggetto reso leggero non soltanto dall'utilizzo di un legno fra i meno pesanti come il pioppo, ma soprattutto dalla presenza di parti interne svuotate. Elementi che indicano si tratti di un crocifisso processionale, ‘alleggerito’ proprio per essere portato al cospetto dei fedeli e condotto lungo le vie del piccolo borgo di Legnaia.

Scolpito in tre masselli di pioppo, costitutivi del corpo e degli arti superiori, il Crocifisso di Legnaia è giunto a noi nella struttura lignea originaria, sostanzialmente ben conservata, tranne che per l’elaborazione plastica della testa (anticamente completata da un rivestimento in gesso modellato, purtroppo andato perduto), e delle estremità inferiori delle ciocche di capelli.

Le analisi dei materiali e delle tecniche di esecuzione, e la comparazione dei dati stilistici ed espressivi, hanno consentito a Gianluca Amato, storico dell’arte, studioso di scultura del Rinascimento, di ricostruire le vicende artistiche del Crocifisso e ricondurre la sua paternità all'attività estrema di Donatello, padre della scultura italiana del Quattrocento. La scoperta si colloca nell'ambito delle verifiche collaterali alla stesura della tesi dottorale, discussa da Gianluca Amato nel 2013, presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, e dedicata allo studio del Crocifissi lignei toscani fra tardo Duecento e prima metà del Cinquecento.

Il pubblico potrebbe sorprendersi di fronte al collegamento di un’opera misconosciuta col nome di Donatello. Eppure, le ricerche nell’ambito della scultura degli ultimi sessant’anni non di rado hanno messo a segno scoperte clamorose, soprattutto tra quelle tipologie di opere meno studiate, come i ‘Crocifissi’, e, più in generale, la produzione plastica nei cosiddetti materiali “umili”, come il legno e la terracotta dipinta.

“Quanto alla paternità della scultura, essa si basa su solidi riscontri stilistici. Sulla base di tali evidenze l’inedito Crocifisso si configura come un’opera emblematica della produzione tarda di Donatello, databile nei primi anni sessanta del Quattrocento – ha detto Gianluca Amato –. A Legnaia l’artista riaffronta il tema del Crocifisso con attitudine mutata rispetto ai suoi monumentali esempi precedenti, vale a dire l’esemplare ligneo in Santa Croce a Firenze, sua opera giovanile, e i due testimoni, in legno e in bronzo, rispettivamente nella Chiesa di Santa Maria dei Servi e nella Basilica di Sant’Antonio a Padova.

Molti aspetti dell’intaglio di Legnaia offrono riscontri stringenti con l’Oloferne del gruppo mediceo della Giuditta (Firenze, Palazzo Vecchio, Sala dei Gigli). A ciò si aggiungono le similitudini tra il perizoma, modellato in tela imbevuta di colla e di gesso, e le intense modulazioni del copioso panneggio della Giuditta.

Sul grado di finitura dell’opera sembrano aver influito le vicende personali dell’anziano scultore, dalla fine del sesto decennio del Quattrocento Donatello fu oberato da numerose commissioni che non sempre fu in grado di portare a termine. L’inedito Crocifisso rappresenta, pertanto, un’opera realizzata da Donatello nell’ultimo periodo della sua vita. Alla fase conclusiva della lavorazione risale la ritrovata policromia originale, paragonabile, a livello concettuale, alle stesure di pittori fiorentini culturalmente affini a Neri di Bicci”.


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