Brevemondo domenica 02 marzo 2025 ore 06:30
Lite Trump-Zelensky, Europa, Germania e curdi

Una litigata storica, l'accordo sui minerali, il ritorno della Große Koalition e dei summit tra europei e il cessate il fuoco dei curdi
. — Trump e Zelensky, lite in mondovisione
Difficilmente gli appuntamenti diplomatici ottengono la risonanza che ha avuto quello tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. È vero, però, che non tutti gli appuntamenti diplomatici hanno quella portata e quella spettacolarità. Da un lato, l’incontro alla Casa bianca era particolarmente rilevante per la guerra in Ucraina; dall’altro, il litigio in mondovisione all’interno dello studio ovale ha una carica mediatica fortissima.
Dello scambio tra il presidente statunitense e quello ucraino, probabilmente, resterà nella memoria collettiva quest’ultimo aspetto. Da J.D. Vance che chiede a Zelensky se abbia mai detto “grazie” a Trump per ciò che sta facendo, allo stesso Trump che accusa Zelensky di star “giocando con la terza guerra mondiale” e di “non avere le carte giuste”, passando per quest’ultimo che, nel mezzo al fuoco incrociato, chiede garanzie in vista della pace con la Russia. Una decina di minuti che resteranno nella storia.
La forma è anche sostanza, soprattutto in questo caso. Il litigio a favore di telecamere è sembrato fare il gioco di Trump nel voler dimostrare come Zelensky, in fondo, non voglia trattare. Tanto che, su X, Trump si è affrettato a scrivere che lui vuole la pace e che il presidente ucraino potrà tornare quando anche lui la vorrà. Oppure, ancora, un modo per screditare Zelensky, che il presidente statunitense aveva definito “dittatore” appena qualche giorno prima, perché si sarebbe rifiutato di indire nuove elezioni. Del resto, pare che Washington stia aumentando la pressione per sostituire Zelensky, magari con Valery Zaluzhny, comandante dell’esercito ucraino destituito dal presidente.
L’accordo sulle risorse minerarie come garanzia per l’Ucraina
Prima che l’incontro degenerasse in accuse reciproche, il confronto si sarebbe dovuto concentrare prevalentemente sull’accordo tra Ucraina e Stati Uniti sullo sfruttamento delle risorse minerarie, alcune fondamentali per settori come la difesa, l’elettronica e le energie green. Nell’ottica di Trump, una sorta di “restituzione” dei soldi stanziati a favore di Kiev per resistere all’aggressione russa dal 2022 a oggi. “I contribuenti statunitensi saranno rimborsati dei loro soldi e delle centinaia di miliardi di dollari che sono stati spesi per aiutare l’Ucraina a difendersi”, ha detto.
Un accordo che, inizialmente, sembrava essere imminente: lo stesso Zelensky aveva detto, infatti, che avrebbe firmato. L’intensificarsi delle trattative tra Stati Uniti e Russia e i rapporti sempre più tesi tra Washington e Kiev, però, hanno rallentato tutto. La litigata di cui sopra non ha fatto altro che rendere la questione ancor più spinosa: del resto, mentre Trump ha minacciato di mandare tutto all’aria, Zelensky ha richiesto “garanzie di sicurezza” collaterali all’accordo.
Ciò, in breve, significa che il presidente ucraino, prima di firmare, vuole un impegno fattivo degli Stati Uniti nel garantire la sicurezza del paese. Per Trump, però, tali garanzie ci sono: il piano, infatti, prevederebbe la presenza di personale statunitense al lavoro nei siti di estrazione. Secondo il tycoon, la sola presenza fisica di cittadini americani in Ucraina consiglierebbe alla Russia di evitare future aggressioni. Ulteriori garanzie, di tipo militare, dovrebbero essere assicurate dall’Unione Europea, secondo lo stesso Trump.
In Germania si parla di nuovo di Große Koalition
Le elezioni tedesche si sono concluse con risultati molto simili a quelli che erano stati anticipati dai sondaggi. Il partito più votato è stato quello “composto” da Cdu e Csu, ovvero i cristiano-democratici e la loro trasposizione bavarese; quindi, sono stati confermati l’exploit di Alternative für Deutschland (AfD), che ha più che raddoppiato i voti rispetto alle elezioni precedenti, e il crollo dei socialdemocratici, che hanno ottenuto il risultato più basso nella loro storia in Germania.
Una settimana dopo il voto, il candidato della Cdu-Csu, Friedrich Merz, è di fatto il cancelliere in pectore, impegnato nelle trattative con i socialdemocratici per formare la Große Koalition, ovvero un governo di larghe intese così com’erano stati il primo, il terzo e il quarto esecutivo presieduto da Angela Merkel. Merz, che non è mai stato un grande alleato della ex cancelliera, si è detto pronto a svincolare Berlino dalla protezione militare garantita sino a oggi dagli Stati Uniti, viste le intenzioni di Trump per quanto riguarda la pace in Ucraina.
Nel frattempo AfD, partito di ultradestra e xenofobo, sostenuto durante la campagna elettorale da Elon Musk e anche dal vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance, si è riconfermato come fortemente radicato nell’ex Germania dell’est. È proprio nei territori che facevano parte della Ddr che il partito guidato da Alice Weidel ha riscosso i maggiori successi, complici anche una certa diffidenza nei confronti dell’architettura istituzionale e politica della Germania federale e le diseguaglianze economiche e sociali che persistono a oltre trent’anni dal crollo del muro di Berlino.
Francia e Regno Unito provano a far da soli, un’altra volta
Nell’ultima newsletter, avevamo parlato di Parigi e Londra pronte a stilare un piano per offrire a Kiev garanzie militari utili a dissuadere Mosca da ulteriori aggressioni una volta firmato il cessate il fuoco. Per far questo, il presidente Emmanuel Macron e il premier Keith Starmer avevano convocato i leader di Germania, Italia, Polonia, Spagna, Danimarca e Paesi Bassi nella capitale francese per raggiungere un accordo. Che, però, per il momento non è arrivato.
Così, per la giornata di oggi, Starmer ha promosso un altro vertice, da tenersi stavolta a Londra. Sarà un altro incontro interlocutorio per capire quali siano i margini di manovra dei principali Paesi europei nell’ambito del riarmo e della difesa dell’Ucraina. I colloqui, poi, diventeranno formali il prossimo 6 marzo, quando i membri dell’Unione Europea si ritroveranno a Bruxelles per un summit straordinario. In quell’occasione, la Commissione Europea dovrebbe presentare un piano per la difesa comune.
Prima dell’incontro, comunque, a Londra si è già recato Zelensky, che ha incontrato proprio Starmer a Downing Street, residenza del primo ministro britannico. Un’accoglienza piuttosto diversa rispetto a quella ricevuta alla Casa bianca soltanto qualche ora prima: Starmer, infatti, ha assicurato l’appoggio del Regno Unito alla causa ucraina, testimoniato anche dall’annuncio dellostanziamento di un prestito di 2,26 miliardi di sterline. Il presidente ucraino, tramite il proprio account di X, ha spiegato come tale prestito sarà ripagato “utilizzando le entrate derivanti dai patrimoni russi congelati” e che sarà utilizzato per “la produzione di armi in Ucraina”.
I curdi hanno annunciato il cessate il fuoco nei confronti della Turchia
Secondo quanto riportato dalla propria agenzia di stampa, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) avrebbe annunciato il cessate il fuoco nei confronti della Turchia, ponendo fine alle ostilità che vanno avanti dagli anni Ottanta. Tale svolta è arrivata a seguito dell’esplicita richiesta fatta dal leader del movimento, Abdullah Ocalan, che attualmente si trova in carcere a Imrali, un’isola turca, da oltre venticinque anni.
L’appello s’inserisce in un più ampio contesto: da qualche mese, infatti, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sta trattando con i curdi per porre fine alle ostilità. Un passaggio facilitato anche dal cambio di regime avvenuto in Siria, con la repentina caduta di Bashar al-Assad: tale sviluppo ha lasciato il Pkk senza una specifica funzione per gli Stati Uniti, che lo avevano invece sostenuto proprio contro il governo dell’ormai ex presidente.
La mossa di Erdoğan, per alcuni, potrebbe essere mirata a ottenere i voti del Pkk in parlamento per poter modificare la costituzione e, di conseguenza, garantirsi la possibilità di essere nuovamente eletto nel 2028, quando scadrà l’attuale mandato. Per il Pkk, invece, sarebbe prevista la possibilità di continuare a governare nelle città dove ha ottenuto la maggioranza e di poter candidare, in futuro, lo stesso Ocalan.
Il pezzo della settimana
La lite tra Trump e Zelensky all’interno dello studio ovale potrebbe aver cambiato, almeno in parte, le sorti della guerra e della pace in Ucraina. Per questo, è importante non solo contestualizzarla in un confronto diplomatico (sarebbe potuta accadere egualmente a porte chiuse, senza che nessuno avesse potuto assistervi), ma anche storico e, perché no, personale. A cominciare dal 2019 e dall’affaire Hunter Biden, figlio di Joe. Si legge qui.
La canzone della settimana
“Guardate, si è vestito tutto elegante”: Trump ha accolto così Zelensky all’arrivo alla Casa bianca. Una battuta che non faceva presagire niente di buono: sembrava tutto pronto per una litigata, appunto.
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Pietro Mattonai
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