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Attualità martedì 06 febbraio 2024 ore 19:00

Microsfere riassorbibili per curare il tumore al fegato

Da sinistra Manteghetti, Auci e Mambrini
Da sinistra Manteghetti, Auci e Mambrini

Il trattamento di chemio-embolizzazione praticato per la prima volta all'ospedale Apuane. E' in fase di sviluppo anche a Pisa, Milano, Torino e Roma



MASSA — Si chiama trans-arterial chemio-embolization (Tace) ed è un trattamento innovativo dedicato a pazienti con epatocarcinoma basato su microsfere a totale riassorbibilità: l'intervento è stato praticato per la prima volta nella Asl Toscana nord ovest, all'ospedale Apuane di Massa, ed è in fase di sviluppo anche nell'azienda ospedaliero universitaria di Pisa a Cisanello e nei centri specializzati di Milano, Torino e Roma.

La chemio-embolizzazione di nuova frontiera è stata messa in atto nell'ospedale apuano in sinergia dal servizio di Radiologia interventistica diretto da Alessio Auci con la struttura di Oncologia guidata da Andrea Mambrini e con l’unità operativa di Farmaceutica ospedaliera coordinata da Francesco Manteghetti.

L’Asl sottolinea che "il paziente ha ben tollerato la procedura ed è stato dimesso senza alcun effetto collaterale rilevante".

Il trattamento d'avanguardia

La novità tecnica contro il tumore al fegato è rappresentata dall’utilizzo di specifiche microsfere aventi come peculiarità farmacologica la “riassorbibilità totale” da parte dell’organismo.

Una volta che il Gruppo oncologico multidisciplinare (Gom) dedicato ai pazienti con epatocarcinoma ha posto indicazione a questo trattamento, è partita l’analisi della fattibilità tecnica del prodotto.

Le microsfere riassorbibili sono state chimicamente caricate con il chemioterapico dal servizio di Farmaceutica ospedaliera che ha realizzato una preparazione in adeguate condizioni asettiche infondibile attraverso il letto ematico.

Le microsfere normalmente utilizzate nella Tace non si riassorbono ma rimangono in situ embolizzando il vaso in cui vengono depositate. La riassorbibilità del prodotto utilizzato ha consentito invece il mantenimento della pervietà dei vasi sanguigni utilizzati per l’infusione, garantendo una biodisponibilità totale del chemioterapico, che ha espletato la propria efficacia terapeutica a stretto contatto con la lesione epatica.

Uno dei principali vantaggi dell’intervento è la possibilità di reiterare l’approccio all’interno degli stessi vasi, incrementando così l’efficacia del chemioterapico. La tecnica utilizzata verrà consolidata nel prossimo futuro con l’intento di trasformarla in un percorso operativo definito e standardizzato.


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