Attualità mercoledì 09 luglio 2025 ore 12:05
Intervento record per asportare un tumore "super gigante"

L'asportazione dell'epatocarcinoma di oltre 15 centimetri ha richiesto una sessione chirurgica di 15 ore con complicanze. La paziente ora sta bene
PISA — "A 8 mesi dall’intervento la signora è libera da malattia, sta bene e si sta godendo la stagione balneare": non era affatto scontato quanto fanno sapere dall'ospedale pisano di Cisanello, perché quella paziente 8 mesi fa aveva un epatocarcinoma di dimensioni superiori ai 15 centimetri, che gli guadagnavano la classificazione scientifica di tumore "super gigante".
Il team multidisciplinare che seguiva la signora ha deciso di asportarlo, e per farlo è stata necessaria una sessione chirurgica di 15 ore. Al record già di per sé si è aggiunto l'inciampo: la grave complicanza intraoperatoria di un arresto cardiocircolatorio.
Ecco dunque che il gruppo multidisciplinare che fa capo alla Sezione dipartimentale di Chirurgia epatica del risparmio d'organo dell'Aoup diretta da Lucio Urbani si è aggiudicata un nuovo primato, superando con successo un altro limite terapeutico.
La storia
Una paziente 70enne, racconta un comunicato dell'azienda ospedaliero universitaria pisana, era stata avviata al trattamento chemioterapico con intento palliativo in quanto affetta da un epatocarcinoma che, per le dimensioni superiori a 15 centimetri, in letteratura scientifica viene definito “super gigante”. Il primo verdetto, infatti, aveva escluso qualsiasi trattamento locale sia radiologico interventistico sia chirurgico, a causa del coinvolgimento dei principali assi vascolari del fegato.
Il caso tuttavia è arrivato, per un secondo consulto, all'attenzione del Gruppo multidisciplinare/multiprofessionale di Chirurgia epatica del risparmio d’organo dell’Aoup che, negli anni, si è distinto per aver introdotto tecniche chirurgiche di frontiera e, sfruttando il costante progresso tecnologico dell’imaging radiologico preoperatorio ed ecografico intraoperatorio, ha pianificato interventi estremamente complessi, spesso eseguiti per la prima volta al mondo, grazie al grande potenziale terapeutico di questo tipo di chirurgia.
Nel caso specifico della paziente, il gruppo composto da oncologi, radiologi, anatomopatologi, epatologi, anestesisti/rianimatori, chirurghi, infermieri e tecnici dedicati altamente competenti ha eseguito un attento bilancio dei rischi e dei benefici e ha ritenuto fattibile l’asportazione chirurgica radicale del tumore.
L’intervento è durato più di 15 ore con il personale di sala operatoria messo a dura prova sin dalle fasi iniziali, quando la paziente ha avuto un imprevisto arresto cardiocircolatorio. L’arresto cardiaco intraoperatorio è una complicanza molto grave che, anche qualora venga risolta, solitamente impedisce la prosecuzione dell’intervento.
Ed è in queste situazioni estreme che emerge il valore aggiunto di un team sanitario affiatato e con esperienza ultradecennale. In questa fase hanno avuto infatti un ruolo determinante gli anestesisti (Gabriella Licitra, Daniele Anacleto Meiattini e Chiara Leoni) che, insieme ai rianimatori (guidati da Francesco Forfori), hanno recuperato la stabilità emodinamica e valutato tutti insieme la possibilità di completare la chirurgia.
E così è stato: l’intervento è potuto procedere entrando nella fase più cruciale che è consistita nella ricostruzione della confluenza epatocavale per assicurare la corretta funzionalità del fegato residuo. La paziente è stata dimessa dall’ospedale dopo 2 settimane di ricovero in ottime condizioni cliniche generali.
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