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Cronaca mercoledì 17 luglio 2019 ore 18:30
Camilleri e il suo "luogo del cuore" in Toscana
Lo scrittore siciliano è morto a Roma, aveva 93 anni. Dal 2014 era cittadino onorario di Santa Fiora, dove aveva trascorso lunghissimi soggiorni
ROMA — E' morto a 93 anni Andrea Camilleri. Lo scrittore è spirato all'ospedale Santo Spirito di Roma, dove era ricoverato da qualche tempo.
Come spiegato dall'ospedale le sue condizioni si erano aggravate nelle ultime ore, portandolo al decesso. A quanto si è appreso le esequie avverranno in forma riservata, mentre sarà reso noto un posto dove portare un ultimo omaggio, che sia un fiore o più probabilmente un breve scritto, vista la popolarità di Camilleri.
Camilleri negli ultimi tempi era diventato cieco e in un'intervista a Radio Rai aveva confidato che questa cecità gli aveva permesso di "vedere le cose più chiaramente". Aveva anche detto che, ormai 93enne, si era accorto che un certo silenzio si stava facendo strada dentro di sé. Questo silenzio lo stava portando a riflettere su cosa fosse l'eternità.
Pensieri profondi di uno scrittore prolifico, con più di cento libri pubblicati, un trenta per cento dei quali dedicati al personaggio che lui diceva di amare e odiare allo stesso tempo, il commissario Montalbano.
Oltre alla Sicilia e a Roma Camilleri era legatissimo alla Toscana. Dal 1968 infatti trascorse lunghi soggiorni a Bagnolo, frazione di Santa Fiora nel territorio del Monte Amiata. Nel settembre 2014 divenne cittadino onorario del borgo toscano. Lo scrittore parlava di Bagnolo come "luogo del cuore". Tre anni dopo Santa Fiora gli intitolò il Teatro Comunale.
Bello il ricordo del sindaco di Santa Fiora, Federico Balocchi: "Vorrei trattenerti. Non lasciarti andare. Anche se restano i tuoi libri. Sarà un lungo arrivederci perché ogni volta che sfoglierò una pagina sentirò la tua voce e il tuo gentile intercalare. Sono contento di averti visto emozionato quando ti ho consegnato la cittadinanza onoraria di Santa Fiora e quando il nostro teatro ha preso il tuo nome. Ho avuto un privilegio, ho conosciuto un Camilleri speciale, vicino di casa. Ci legava un affetto in comune per l’Amiata e Santa Fiora e condividere qualcosa di così grande rendeva il rapporto più intimo. Mi ha abbracciato due volte e quelle due volte me le ricorderò. Voleva mio tramite, in un gesto, restituire la sua gioia a tutti i suoi concittadini". Balocchi ha anche proclamato il lutto cittadino.
Da tempo Camilleri non scriveva più ma parlava, raccontava, e i suoi discorsi venivano trascritti, diventavano file word e poi libri. I suoi lavori sono stati tradotti in più di trenta lingue.
Tornando all'Amiata più volte ha spiegato che il suo legame con questa terra nacque in maniera indiretta, nacque grazie a una poesia di Eugenio Montale intitolata, appunto, Notizie dall'Amiata, e che riproponiamo di seguito.
Notizie dall’Amiata
l fuoco d’artifizio del maltempo
sarà murmure d’arnie a tarda sera.
La stanza ha travature
tarlate ed un sentore di meloni
penetra dall’assito. Le fumate
morbide che risalgono la valle
d’elfi e di funghi fino al cono diafano
della cima m’intorbidano i vetri,
e ti scrivo da qui, da questo tavolo
remoto, dalla cellula di miele
di una sfera lanciata nello spazio
e le gabbie coperte, il focolare
dove i marroni esplodono, le vene
di salnitro e di muffa sono il quadro
dove tra poco romperai. La vita
che t’affabula è ancora troppo breve
se ti contiene! Schiude la tua icona
il fondo luminoso. Fuori piove.
***
E tu seguissi le fragili architetture
annerite dal tempo e dal carbone,
i cortili quadrati che hanno nel mezzo
il pozzo profondissimo; tu seguissi
il volo infagottato degli uccelli
notturni e in fondo al borro l’allucciolio
della galassia, la fascia d’ogni tormento.
Ma il passo che risuona a lungo nell’oscuro
è di chi va solitario e altro non vede
che questo cadere di archi, di ombre e di pieghe.
Le stelle hanno trapunti troppo sottili,
l’occhio del campanile è fermo sulle due ore,
i rampicanti anch’essi sono un’ascesa
di tenebre ed il loro profumo duole amaro.
Ritorna domani più freddo, vento del nord,
spezza le antiche mani dell’arenaria,
sconvolge i libri d’ore nei solai,
e tutto sia lente tranquilla, dominio, prigione
del senso che non dispera! Ritorna più forte
vento di settentrione che rendi care
le catene e suggelli le spore del possibile!
Son troppo strette le strade, gli asini neri
che zoccolano in fila danno scintille,
dal picco nascosto rispondono vampate di magnesio.
Oh il gocciolìo che scende a rilento
dalle casipole buie, il tempo fatto acqua,
il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento,
il vento che tarda, la morte, la morte che vive!
***
Questa rissa cristiana che non ha
se non parole d’ombra e di lamento
che ti porta di me? Meno di quanto
t’ha rapito la gora che s’interra
dolce nella sua chiusa di cemento.
Una ruota di mola, un vecchio tronco,
confini ultimi al mondo. Si disfà
un cumulo di strame: e tarli usciti
a unire la mia veglia al tuo profondo
sonno che li riceve, i porcospini
s’abbeverano ad un filo di pietà.
(Eugenio Montale, “Le Occasioni”, 1951)
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