Attualità martedì 26 ottobre 2021 ore 19:20
Rappuoli e Manetti insigniti da Mattarella
Cerimonia di consegna delle onorificenze dell'Ordine "Al Merito del Lavoro" ai Cavalieri al Quirinale dopo lo stop dovuto al Covid ritorna in presenza
ROMA — Lo scienziato senese Rino Rappuoli e Giovanni Manetti presidente del consorzio Vino Chianti Classico tra i nuovi 25 Cavalieri del Lavoro insigniti questa mattina dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La cerimonia di consegna delle onorificenze dell'Ordine "Al Merito del Lavoro" ai Cavalieri nominati il 2 giugno 2020 e 2021 si è svolta al Quirinale.
Hanno preso la parola il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella, e il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Il Presidente della Repubblica, dopo avere consegnato le insegne ai Cavalieri del Lavoro e gli attestati d'onore ai nuovi Alfieri del Lavoro, ha pronunciato un discorso.
Erano presenti Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica, Andrea Mandelli, Vice Presidente della Camera dei Deputati, Giulio Prosperetti, Giudice della Corte Costituzionale, rappresentanti del Governo, del Parlamento e del mondo dell'imprenditoria.
L'unica toscana insignita come Alfieri del lavoro è la fiorentina Maria Sole Franceschi di 18 anni volontaria nel comitato della Croce Rossa di Firenze.
Il discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
"Un saluto molto cordiale al Presidente del Senato, ai rappresentanti della Camera dei Deputati e della Corte Costituzionale, ai Ministri intervenuti, a tutti presenti.
Saluto particolarmente, e ringrazio, il Ministro per lo Sviluppo economico e il Presidente della Federazione.
Riprende oggi - come è stato poc’anzi ricordato, ed è un altro buon segnale per il nostro Paese – la tradizione degli incontri al Quirinale per la consegna delle insegne di Cavaliere dell’ordine “al merito del lavoro” e dei riconoscimenti ai giovani Alfieri del lavoro.
Ai Cavalieri del 2020 e del 2021 – accolti oggi insieme al Quirinale - rinnovo le congratulazioni che ho appena rivolto loro poc’anzi: il successo delle loro imprese e l’eccellenza raggiunta costituiscono un elemento di grande rilievo per il Paese, perché la forza che conferiscono all’economia e alla presenza italiana sui mercati irrobustisce la coesione di una società che guarda al futuro.
Allo stesso modo mi complimento con i giovani Alfieri che – in questi due anni - si sono distinti negli studi.
Il loro futuro si identifica con quello della Repubblica.
Nell’università completeranno gli studi: noi tutti desideriamo che si pensino fin d’ora come protagonisti di una nuova stagione del Paese nel percorso che sappia fare della ripartenza una fase di progresso ulteriore.
L’alleanza tra le generazioni – che questa cerimonia simboleggia – è una condizione per uscire dallo stallo che il Paese ha vissuto.
Sono proprio i cambiamenti profondi intervenuti nella società – demografici, culturali, persino antropologici - a imporci di sanare bene e in tempi rapidi quelle fratture che rischiano di farci arretrare, di disperdere le forze, di impoverire il capitale più prezioso che abbiamo, quello umano.
La marginalità di parte del mondo giovanile è sempre stata ragione di indebolimento delle società e delle economie: in una stagione di innovazione così accelerata, come è quella attuale, sarebbe una menomazione ancor più insopportabile.
Non dobbiamo permetterlo.
La ripartenza è una strada nuova.
Dobbiamo percorrerla con determinazione e con speranza. Come è accaduto in altri momenti della nostra storia, quando nel dopoguerra la ricostruzione è cominciata dalle macerie, quando un nuovo modello sociale, più capace di benessere, di opportunità e diritti, è scaturito dal concorso di forze e di persone che quel benessere non l’avevano mai conosciuto.
Possiamo avere fiducia in noi stessi. Perché abbiamo affrontato, insieme, una prova durissima. E siamo stati capaci di solidarietà, di senso civico, di responsabilità, di dedizione al lavoro.
Non possono prevalere i pochi che vogliono rumorosamente imporre le loro teorie antiscientifiche, che danno sfogo, talvolta, a una violenza insensata. Persino – come è avvenuto più volte – con la devastazione dei centri in cui i nostri concittadini si recano per essere vaccinati e sfuggire al pericolo del virus.
Gli italiani hanno dimostrato serietà e senso di appartenenza alla comunità. E’ grazie a loro che oggi registriamo una ripresa incoraggiante, tanto per la nostra economia quanto per la nostra vita sociale.
La ricerca, i vaccini, i comportamenti responsabili ci hanno consentito di ritrovare spazi di libertà, di riprendere in mano le nostre vite. Le istituzioni hanno dimostrato di saper fare la propria parte. Le imprese, i servizi, il quotidiano impegno di donne e uomini, han fatto funzionare gli organi nevralgici della comunità e oggi siamo pronti ad aprirci alle sfide dell’innovazione.
Dobbiamo fare adesso la nostra parte lungo la strada nuova che vogliamo intraprendere.
Naturalmente è necessario anzitutto non smarrire la prudenza e la responsabilità di fronte a un virus che siamo riusciti a frenare ma non ancora a sconfiggere definitivamente. Del resto, secondo le principali istituzioni finanziarie, l’eventuale ripresa della pandemia è la maggiore fonte di rischio anche per la ripartenza.
Rischio anzitutto a livello globale. La popolazione vaccinata – specialmente nei Paesi economicamente più fragili – è ancora bassa e questo accresce il pericolo di nuove varianti del virus e della loro diffusione. Accanto a un primario dovere di solidarietà è dunque interesse di tutti rendere i vaccini rapidamente accessibili a livello globale.
La nostra economia sta crescendo oggi con ritmi che appaiono incoraggianti, superiori alla media degli altri partner europei, in parallelo – va sottolineato – con l’andamento della campagna vaccinale, che, in Italia, sta avendo più successo che altrove.
La sfida è andare oltre questa congiuntura favorevole, e di cogliere l’occasione per porre le basi di un miglioramento strutturale delle nostre reti, dei nostri fattori produttivi, dei nostri servizi.
Scontiamo ritardi antichi sugli investimenti pubblici e privati: una flessione che ha rallentato i processi di modernizzazione sia delle infrastrutture, di molte imprese, che della pubblica amministrazione.
È necessario quindi che il processo di ammodernamento avanzi su più fronti e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è la grande occasione che non possiamo perdere.
Le risorse disponibili e le riforme ambiziose in programma sono volte a costruire un ambiente istituzionale e di impresa che consenta di accrescere il potenziale della nostra società, di migliorare la produttività delle aziende e le loro prospettive sui mercati, in modo da sostenere così la crescita nel tempo.
Il Presidente Maurizio Sella poc’anzi lo ha detto con parole chiare, sollecitando sia le istituzioni a spendere bene le risorse con progetti strategici sia le imprese a fare la loro parte.
La transizione digitale tocca direttamente l’impresa e le sue chances di conquistare posizioni sul mercato interno e su quelli internazionali. Le trasformazioni corrono a velocità crescente. Gli investimenti in tecnologia, nei nuovi sistemi, nella robotizzazione sono parte di una competizione che coinvolge l’intera nostra comunità e dà valore rinnovato alla funzione sociale dell’impresa.
Soltanto crescendo insieme, cresceremo di più.
Questa connessione ulteriore del nostro tempo non è una difficoltà in più.
Si tratta dell’affermazione del valore costituzionale rappresentato dal lavoro.
I cambiamenti intervenuti nei decenni nei settori produttivi del Paese e fra di essi, con i riflessi sulla condizione occupazionale, dimostrano che il progresso è possibile e duraturo soltanto se coinvolge l’intera società.
Scontiamo anni di difficoltà nella crescita, nei quali i livelli occupazionali e salariali sono entrati in pesante sofferenza: occorre avere, in questa fase nuova, il coraggio di adeguare agli obiettivi di coesione sociale indicati dalla Carta costituzionale, le condizioni non facili di una società in cui sono aumentate disuguaglianze e povertà.
Come ha osservato poc’anzi bene, nel suo intervento, il Ministro Giorgetti, dobbiamo impegnarci per ricollocare il valore del lavoro al centro delle nostre politiche.
Questa è la prova che attende un Paese maturo, impegnato nella ripartenza.
È un’opportunità che dobbiamo cogliere.
Con i giovani Alfieri vorrei dire che l’attenzione all’istruzione e alla ricerca è essenziale per migliorare e aggiornare le competenze, oltre che per ridurre lo scarto tra istruzione e lavoro, tra ricerca e imprese.
Forti investimenti in formazione sono indispensabili per favorire l’occupazione di qualità.
In questo campo, possono fornire un contributo decisivo anche le stesse imprese. Del resto, assistiamo oggi al paradosso di un’occupazione ancora sotto il livello pre-crisi mentre molte aziende segnalano difficoltà nel reperire lavoratori con alcune qualifiche.
L’intelligenza e la dedizione al lavoro - qualità esemplarmente rappresentate dalle Stelle al Merito del Lavoro - sono elemento centrale nel successo delle imprese.
Una società ad alta intensità di conoscenza è più resiliente e più capace di affrontare i mutamenti.
Lavori stabili e di qualità sono anche in grado di contribuire a una maggiore sicurezza.
La ripresa non passa da indifferenza o addirittura da indulgenze rispetto alle misure che proteggono i lavoratori da incidenti sui posti di lavoro.
L’Ordine al merito del Lavoro compie 120 anni. Ha dato lustro al Paese, ha memoria di grandi intuizioni, di grandi sacrifici compiuti, di traguardi importanti dovuti alla creatività e all’impegno italiano.
Sono certo che questa storia continuerà con successo.
E che, di fronte al passaggio impegnativo che siamo chiamati ad affrontare, dimostreremo le nostre migliori qualità.
Come hanno detto sia il Ministro Giorgetti che il Presidente Sella, nell’interesse comune di tutti.
Auguri".
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