Attualità mercoledì 09 agosto 2023 ore 11:20
Giovani lavoratori generazione mille euro anche da pensionati
Da uno studio del Consiglio nazionale giovani e di Eures ecco le proiezioni su consistenza dell'assegno medio ed età di pensionamento per i ragazzi
ROMA — I giovani lavoratori rimarranno 'generazione mille euro' anche al momento della pensione, sempre più lontana e magra per i ragazzi che hanno iniziato a lavorare a 22 anni nel 2020. Il loro profilo è stato oggetto di uno studio del Consiglio nazionale dei giovani e di Eures. Ebbene: i giovani entrati nel mondo del lavoro nel corso del 2020 a 22 anni in Italia raggiungeranno l'età pensionabile a 71 anni, dato fra i più alti in Europa, e il loro assegno medio sarà di 1.561 euro lordi, ovvero 1.093 euro al netto dell’Irpef.
Insomma, i lavoratori spesso poveri di oggi saranno gli anziani poveri di domani: "Nel 2021 - illustra una nota - i lavoratori under 25 hanno ricevuto in media 8.824 euro, il 40% della retribuzione media complessiva, mentre i lavoratori tra i 25 e i 34 anni hanno ricevuto in media 17.076 euro, il 78% della retribuzione media".
Nell’arco di 10 anni è cresciuta l’incidenza dei contratti a tempo determinato e quella dei contratti atipici (dal 29,6% al 39,8%), il che non è compatibile "con un sistema che per consentire trattamenti dignitosi necessita di carriere a contribuzione piena e con crescita retributiva".
“La crescente precarizzazione e discontinuità lavorativa, associata a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali, colpisce in particolare i giovani e le donne, rendendo più difficile il loro percorso di ingresso nel mercato del lavoro, la stabilità contrattuale e i livelli retributivi”, ha affermato la presidente del Cng Maria Cristina Pisani in occasione della presentazione della ricerca Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani invocando un dibattito approfondito sulla materia.
Le proiezioni sul valore futuro delle pensioni
Queste le proiezioni originali sul valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni: "Se la permanenza si protraesse fino al 2057, determinando così un ritiro quasi a 74 anni (73,6), l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.577 euro lordi mensili (1.099 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale", decreta lo studio.
Per i lavoratori in partita Iva (sempre con permanenza fino al 2057 e un ritiro a 73,6 anni) l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.650 euro lordi mensili (1.128 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,3 volte l’importo dell’assegno sociale.
“La stima - aggiunge Alessandro Fortuna, consigliere di presidenza con delega alle politiche occupazionali e previdenziali - evidenzia la grave distorsione del sistema pensionistico, così come attualmente definito, che non soltanto proietta nel tempo le diseguaglianze reddituali, rinunciando a qualsivoglia dimensione redistributiva, ma addirittura risulta punitivo verso i lavoratori con redditi più bassi, costretti a permanere nel mercato del lavoro (al di là dell’anzianità contributiva) per tre o addirittura sei anni più a lungo dei loro coetanei con redditi più alti e ad una maggiore stabilità lavorativa”.
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