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Futuribile

di - giovedì 30 novembre 2023 ore 08:00

Quale mondo ci attende? È ciò che si chiedono i nostri coinquilini del pianeta (di una terra un tempo salutare e accogliente e ora pure venefica e inospitale). Questo ci chiederebbero gli ignari nascituri, se potessero farlo. “Ne so quanto voi” (che non ne sapete niente). Il futuro non lo conosciamo ma lo temiamo. Nuvoloni neri ci vengono incontro o noi andiamo verso di essi. Nulla di allegro.

Il futuro è imprevedibile ma c’è stato, tempo addietro, chi ha provato a immaginarlo, almeno a grandi linee, e oggi ne constatiamo il verificarsi e la verità. Non era un profeta, ma un sapiente capace di leggere il proprio presente, di conoscere il seme della pianta, di scorgere i segni iniziali di fenomeni che sarebbero seguiti, di prevederli nelle tendenze, nei presupposti.

Il mondo non è più per noi, e solo per ora è a nostro uso e consumo, ma non ne siamo gli ospiti privilegiati. Abbiamo venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie (che qualcun altro ha mangiato). Siamo caduti nel regno della zanzara e del virus, che, dal piccolo al microscopico, prima ci hanno reclusi, poi spodestati dalla signoria della Terra. Tutto ciò è stato possibile con l’avvento dello scienziato pazzo, del generale sanguinario, del governante ebete.

Gli uomini occupati a far la guerra ai propri simili, ad avvelenare l’aria e il proprio nutrimento, uccideranno milioni di virus e zanzare ma non servirà perché altri milioni li sostituiranno e i sopravvissuti della nostra specie non conosceranno la vecchiaia, vivranno dispersi in preda al panico e spauriti nelle loro tane.

Nel presente. Oggi. Avanti così e le pecore (stanche di subire) morderanno il lupo (prima di essere sbranate). Augurare buona giornata è la formula per liquidare chiunque e può suonare un po’ come: sono completamente indifferente riguardo alle vostre prossime occupazioni; o addirittura: potete andare a quel paese (senza luce) con la mia totale approvazione. Un tempo il nobiluomo, il gentleman, congedava il domestico con l’ordine perentorio “Non voglio essere disturbato”: non era stato inventato il telefono.

Siamo destinati a soccombere perché incapaci di contraccambiare l’insolenza e la cattiveria: la nostra indole ce lo impedisce. I nemici dell’Umanità ricevono il nostro invisibile disprezzo soltanto, invisibile e vano.

Quale sapienza? Quale salvezza? Quale finalità? contro il caos, per non abbandonarsi allo sconforto, per vincere un disgusto senza rimedio, perché si dissipi la nebbia dove vivono le ombre. La speranza è un dolce farmaco.

Nessuno può fare a meno d’illusioni.


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