Attualità domenica 24 aprile 2022 ore 07:00
Il pontederese impiccato a Torino
Il giovane Giuseppe Coltelli era andato in Piemonte, pare, a cercar fortuna. Ne nacque un torbido caso che portò all'uccisione di un ecclesiastico col quale conviveva.
PONTEDERA — Aveva 26 anni quando il pontederese Giuseppe Coltelli venne impiccato a Torino il 5 giugno del 1856. Motivo: aveva ucciso e derubato il prete che pure l'aveva accolto. E' una tragica storia di sessualità segreta - e a volte distorta - di personaggi del clero.
Giuseppe Coltelli era un pontederese di buona famiglia - i giornali piemontesi ne parlarono a lungo seguendo il processo - ma di spirito ribelle. Poiché Pontedera non gli piaceva, chi sa come e perché, era andato a Torino a cercare fortuna ma anche l'avventura e qualcos'altro. Fu un prete o chierico, Don Cavallo, a accoglierlo. I due, come si sarà chiarito durante il processo dormivano insieme. Nello stesso letto.
Durante il processo, il Coltelli spiegò e gridò ininterrottamente che la vittima lo perseguitava in continuazione con richieste amatorie, richieste che il pontederese non voleva accettare. Nel processo, comunque, ci furono situazioni non del tutto chiare, a cominciare del denaro e preziosi di cui Don Cavallo era in possesso. E fu questa aggravante che insieme all'omicidio - probabilmente avrebbe potuto ottenere attenuanti - a portarlo alla forca.
Nel regno del Piemonte e poi dell'Italia unita, fino al 1889 era infatti ancora in vigore la forca, per poi essere ripristinata nel codice Rocco nel 1930 - l'epoca mussoliniana - e infine del tutto cancellata nell'Italia repubblicana.
Ovviamente, la notizia di questo tragedia arrivò anche a Pontedera e naturalmente se ne parlò nella città anche perché il Coltelli era conosciuto.
A Vicopisano l'ultimo giustiziato in piazza della forca fu invece un Valerio Santerini di San Casciano, reo di stupro e omicidio. La sentenza decise lo squartamento del cadavere e l'esposizione dei pezzi in 'bella' vista dove i reati erano stati commessi. Seguirono il tragico evento guardie, preti e 'confortatori' della Misericordia di Pontedera, che per la prima (e ultima volta) volta avevano avuto l'incarico di assistere il condannato a morte.
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