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mercoledì 06 novembre 2024

CI VUOLE UN FISICO — il Blog di Michele Campisi

Michele Campisi

MICHELE CAMPISI - Laureato in fisica teorica a Pisa, ha ottenuto il titolo di Dottore di Ricerca negli Stati Uniti, ed ha lavorato per anni come ricercatore in Germania. E’ stato Marie Curie Fellow presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dove ha svolto attività di ricerca nel campo della fisica quantistica, grazie al Progetto ``NeQuFluX'' finanziato dalla Comunità Europea. Attualmente è ricercatore presso L’Università di Firenze.

Gödel, Escher, Bach. Un'eterna Ghirlanda Brillant

di Michele Campisi - mercoledì 18 ottobre 2017 ore 08:56

Lo spunto lo ha dato la Mostra “Escher: Oltre il Possibile” in esposizione a Palazzo Blu, a Pisa, dal 13 Ottobre al 28 Gennaio. Spunto colto dall'appena conclusosi Internet Festival 2017 che ha proposto due incontri a teatro Verdi dedicati ad Escher e ai sottili fili che lo legano al mondo della logica matematica e della musica. Il palco del Verdi ha quindi visto ospiti artisti grafici, musicisti, esponenti del mondo scientifico. Al primo degli incontri del Verdi, Venerdi 6 Ottobre, ha partecipato il filosofo Francesco Berto, dell'Università di Amsterdam, l'illustratore Federico Bria, e il pianista Danilo Rea. Ospiti del secondo incontro di Sabato 7 Ottobre, sono stati il sottoscritto, Patrizio Fariselli, leggendario fondatore degli Area, e Martino Coffa e Alessandro Inguglia del collettivo recipient.cc accompagnati da Jacopo Ceccarelli. A Matteo Bordone, inconfondibile voce di Radio 2, l'arduo ruolo di intrecciar ghirlande. Ghirlande? Si perchè quella di un “Eterna Ghirlanda Brillante” è l' immagine suggerita da un voluminoso tomo pubblicato per i tipi di Adelphi nell'84, e ormai divenuto oggetto di culto misterico, in cui Douglas Hofstadter ha esplorato i sottili fili che intrecciano in mille splendenti modi l'opera di Escher con quella del compositore Johann Sebastian Bach, e quella del logico-matematico Kurt Gödel

Come Matteo Bordone ha simpaticamente fatto notare, a dispetto della grande popolarità che questo libro ha avuto, soprattutto in certi ambienti intellettuali o sedicenti tali, a ben vedere la percentuale di lettori che lo abbiano letto è prossima allo zero! Quindi, quando qualcuno vi guarda in maniera sprezzante perchè candidamente confessate di non aver mai letto il suddetto tomo, sappiate che certamente ciò vale anche per il vostro interlocutore. In realtà non è un libro da leggere. E' piuttosto un libro da studiare, una sorta di manuale. Un manuale molto peculiare, ma pur sempre più un'oggetto più di studio che di lettura. Non a caso l'MIT offre un corso basato proprio su questo libro. Le lezioni, in Inglese, si possono trovare online a questo link.

Ma cosa lega Escher a Gödel e Bach? Sul palco del Verdi si è parlato molto di “loop”, cioè di anelli e di “ripetizione”. Nella musica elettronica un “loop” è un segmento sonoro che viene ripetuto incessantemente. Come ha fatto notare Fariselli, a livello neurologico la ripetizione ritmica di un suono dà origine ad una sorta di soddisfazione. Soddisfazione nell'assistere al rassicurante realizzarsi di un evento che anticipiamo. Questo meccanismo di soddisfazione funziona, per un po', finchè la cosa dal rassicurante non diventi noiosa! E di certo se ascoltiamo una composizione di Bach o osserviamo un quadro di Escher, tutto possiamo dire fuorchè si tratti di opere noiose. Ciò che lega le opere di questi autori è un tipo tutto particolare di ripetizione, è la ripetizione che emerge dall'autorefernzialità, cioè dal riflettersi su se stessi. L'effetto Droste, che è alla base della “Galleria di Stampe” di Escher di cui abbiamo parlato in un post precedente, ne è un chiaro esempio. E' l'effetto che si genera quando inquadriamo con una telecamera lo schermo che proietta le immagini prese dalla stessa. Si genera un tunnel infinito, in cui una immagine non è semplicemente ripetuta, è ripetuta dentro se stessa. Riflette se stessa. Nel generare questo effetto diamo in pasto come input alla telecamera il suo output. Input e output diventano un tutt'uno. Si crea un corto circuito. L'autoreferenzialità è anche alla base di molti paradossi logici. Ad esempio si consideri la frase “questa frase è falsa”. Si tratta di una frase vera o falsa? Se fosse vera vorrebbe dire che il suo contenuto è vero, quindi che la frase è falsa, ma allora entriamo in contraddizione. Se fosse falsa, allora vorrebbe dire che è vera, ed entriamo ancora in contraddizione. Insomma vero e falso si confondono, non esiste più una chiara linea di demarcazione. I teoremi di Gödel esprimono in termini formali questo paradosso e la “Galleria di Stampe” presenta un paradosso analogo. Il giovane che osserva il quadro nella galleria è esterno al quadro che osserva o interno? Soggetto e oggetto si confondono.

Insomma, l'autoreferenzialità con i paradossi che ne scaturiscono è il comune denominatore di Gödel, Escher e Bach. E' l'autoreferenzialità il seme che da origine ad una ripetizione, ma non una ripetizione monotona, noiosa, piuttosto ad una ripetizione “creativa”. Prendiamo ad esempio le Variazioni Goldberg di Bach: Si aprono con un aria dove viene esposto un tema. Poi il tema viene declinato e riproposto con 32 variazioni, appunto, accompagnandoci in un viaggio che ci porta da un capo all'altro del nostro mondo emotivo. Al termine del variazioni, cioè del viaggio, l'aria viene ripetuta da capo. Il ciclo si chiude. Siamo di nuovo al punto di partenza. Il loop si ripete.

-- Ma noi non siamo più gli stessi.

Michele Campisi

Glenn Gould plays Bach - The Goldberg Variations, BMV 998 (Zenph re-performance)

Articoli dal Blog “Ci vuole un fisico” di Michele Campisi