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mercoledì 06 novembre 2024

PAROLE IN VIAGGIO — il Blog di Tito Barbini

Tito Barbini

In primo piano per decenni, nella politica italiana, all’improvviso non ne senti parlare più. Chiedi e nessuno sa darti notizie. Poi scopri che ha fatto una cosa che molti vorrebbero fare, ma sognano soltanto: dare lo stop alla vita di sempre e partire. Tito Barbini, classe 1945, sindaco di Cortona a 24 anni, poi presidente della Provincia di Arezzo, infine per 15 anni assessore regionale prima all’Urbanistica e poi all’Agricoltura, amico personale di Francois Mitterand. Si mette dietro le spalle tutto questo e intraprende un viaggio lungo cento giorni, che lo porta dalla Patagonia all’Alaska. Cento giorni a piedi e in corriera, per bagaglio uno zaino. Da allora attraversa confini remoti e racconta i suoi viaggi e i suoi incontri nei libri. E’ ormai, a tempo pieno, scrittore di viaggi. Più di dieci libri, non solo geografia fisica, paesaggi e luoghi, ma geografia della mente. In Patagonia o nel Tibet, un mondo altro, fatto di dolori, speranze, delusioni. Nel 2016 è uscito il libro "Quell’idea che ci era sembrata così bella - Da Berlinguer a Renzi, il lungo viaggio"

​il mio viaggio ad Auschwitz.

di Tito Barbini - sabato 12 febbraio 2022 ore 08:00

Vado avanti, con un treno che in questo giorno sta scivolando via e sembra viaggio verso il nulla.

E volente o nolente mi vengono in mente altri treni che davvero dal nulla sono stati inghiottiti: i convogli verso Auschwitz. Penso a distese gelate, a immani silenzi rotti solo dallo sferraglio dei vagoni e dai lamenti dei deportati, ai primi incerti passi su un lembo di Polonia che equivaleva all’anticamera dell’inferno.

Penso alla luce dei riflettori, agli ordini secchi come colpi di frusta, ai latrati di cani pronti ad azzannare. Penso alla selezione immediata verso la morte, ai camion per il trasporto verso le camere a gas travestiti da mezzi della Croce Rossa, ai forni sempre accesi, ai bambini e alle donne ridotti in cenere…

Già: Auschwitz non è molto lontana da dove sono…

E se penso ad Auschwitz penso a quel soldato sovietico che, come ci racconta Primo Levi, si presentò per primo ai cancelli del campo, all’esercito che fermò Hitler e poi un giorno arrivò per primo in questi terrificanti luoghi di sterminio… e penso ai sopravvissuti che quel giorno videro loro i soldati dell’Unione Sovietica, e allora capirono che non erano più in mano ai carnefici nazisti.

E se penso a tutto questo, un fremito di orgoglio ancora mi prende. L’Armata Rossa…
Però poi mi sovviene che proprio quella vittoria necessaria, quella liberazione come un dono offerto al mondo, forse ci ha chiesto il conto più tardi.

Tito Barbini

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