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Cronaca mercoledì 25 settembre 2024 ore 18:40
Narcotraffico e riciclaggio, arresti e maxisequestro

L'inchiesta della guardia di finanza dalla Lombardia è approdata in Toscana con 61 misure cautelari e sequestro per oltre 60 milioni di euro
BRESCIA — Cocaina introdotta in Italia e poi stoccata in 5 basi logistiche da cui poi veniva distribuita per lo spaccio. E una di queste basi era proprio in Toscana, a Pisa. A scoprire e sgominare la rete internazionale del narcotraffico è stata la guardia di finanza di Brescia.
Stamani oltre 400 militari delle Fiamme Gialle hanno avviato l'esecuzione di 61 misure cautelari personali con sequestro di beni per oltre 60 milioni di euro. Nel corso delle indagini sono già stati sequestrati circa 360 chili di droga.
Le indagini sono state condotte sotto la regia della procura bresciana coinvolgendo la Finanza della città lombarda e lo Scico, il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, in cooperazione con Europol, Direzione Centrale Servizi Antidroga, Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia a Tirana, forze di polizia albanesi, polacche e svizzere e supporto dell’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria (Eurojust).
Sì perché le misure oltre che in Italia hanno portato i finanzieri in Albania, Svizzera e Polonia. I 61 indagati sono ritenuti responsabili di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, che avrebbe riciclato i profitti illeciti attraverso un giro di fatture per operazioni inesistenti.
Il gruppo criminale avrebbe avuto base in Albania ma con diramazioni organiche sul territorio nazionale. Avrebbe importato in Europa la sostanza stupefacente dal Sud America mediante l’utilizzo di rotte di navigazione commerciali per poi farla giungere in Italia - via Spagna e Olanda - su mezzi pesanti.
A quel punto la droga veniva immagazzinata nelle basi collocate come detto a Pisa, e poi anche fra Brescia, Romano di Lombardia, Palazzolo sull’Oglio e Varese. Qui i responsabili dei depositi avrebbero proceduto alla raccolta del denaro contante ricavato dalla vendita dello stupefacente da consegnare a una parallela associazione di matrice italo-cinese, che avrebbe offerto un servizio bancario occulto per il trasferimento dei capitali illeciti all’estero.
Il sistema di riciclaggio avrebbe monetizzato con false fatture circa 375.000.000 di euro.
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