Attualità sabato 10 gennaio 2015 ore 10:14
Il fallimento Chil Post approda in Parlamento
Il Movimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia annunciano interrogazioni parlamentari. I legali del padre di Renzi: "Non ci sono spazi per le speculazioni"
FIRENZE — Pochi giorni fa è stato il consigliere regionale di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli ad aprire un nuovo capitolo sulla vicenda Chil Post, la società di distribuzione di giornali nel cui fallimento è indagato per bancarotta fraudolenta anche il padre del presidente del consiglio, Tiziano Renzi, fondatore dell'azienda poi ceduta nel 2010 a nuovi soci, anche loro indagati.
Nel mirino delle interrogazioni del FdI e del M5S, un mutuo da 437.000 euro contratto dalla Chil Post con il Credito Cooperativo di Pontassieve nel 2009, garantito per l'80 per cento dalla finanziaria regionale Fidi Toscana.
Nel 2013, dopo il fallimento della società, il Credito cooperativo, ammesso fra i creditori dal Tribunale, ha infatti ottenuto da Fidi la 'restituzione' della cifra garantita, ovvero 263.000 euro. E un anno dopo il Ministero dell'economia ha deliberato a sua volta di rifondere 236.000 euro a Fidi. Procedure regolari su cui però si sono abbattute le contestazioni del partito di Giorgia Meloni e dei pentastellati.
"Nemmeno Berlusconi, esempio sfolgorante di conflitto di interessi fatto persona, si era mai sognato di farlo cosi' sfacciatamente quando era premier - dicono i parlamentari del M5S - prendere soldi pubblici e darli direttamente alla propria famiglia. Soldi erogati a fondo perduto e buttati nel pozzo nero di un'iniziativa imprenditoriale fallimentare e fallita".
"E' semplicemente scandaloso che il governo Renzi sia intervenuto per coprire con i soldi pubblici i buchi di bilancio creati dalla società di proprietà dei parenti del Presidente del Consiglio - ha dichiarato Giorgia Meloni - Deve essere fatta immediata chiarezza e il premier Renzi deve dare una risposta urgente. Gli italiani hanno il diritto di conoscere la verità».
Ma secondo gli avvocati del padre di Renzi Federico Bagattini e Luca Mirco "la tempistica della vicenda non lascia spazio alle speculazioni".
"Al fine di evitare ulteriori strumentalizzazioni per le quali si renderà comunque necessario agire nelle sedi opportune e garantire la correttezza della informazione, è indispensabile sino da ora precisare alcune circostanze - scrivono i legali in una nota - L'operazione per la concessione all'azienda di un finanziamento di 437mila euro erogato dalla Bcc di Pontassieve, con la garanzia di Fidi Toscana che ha chiesto anche l'attivazione del Fondo Centrale di Garanzia, è dell'estate 2009, oltre cinque anni fa. Nel 2010 la società cui è stato concesso il finanziamento viene ceduta. L'inadempienza di Chil Srl, con la conseguente ingiunzione di pagamento da parte di Fidi Toscana, è dell'ottobre 2011, quando la compagine societaria è cambiata e non è più quella originaria. La richiesta di Fidi Toscana di attivare la garanzia prestata dal Fondo Centrale, è dell'ottobre 2013. Richiesta da cui è derivata la liquidazione nel 2014 dell'importo di 236mila euro. La tempistica della vicenda rende evidente che non c'è spazio per speculazioni, che nulla hanno a che vedere con le evidenze giudiziarie".
"E' opportuno inoltre ricordare che l'ammissione al Fondo Centrale avviene secondo criteri di ammissibilità basati su uno scoring determinato dai dati degli ultimi due bilanci delle imprese richiedenti, precedenti la richiesta - proseguono i due avvocati - Il punteggio può variare da un minimo di 0 a un massimo di 12; per i punteggi da 9 a 12, l'ammissibilità è automatica. Nel 2009 Chil Srl raggiungeva un punteggio pari a 11, motivo per cui è stata ammessa automaticamente al beneficio".
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