Attualità venerdì 27 maggio 2016 ore 15:00
Dissesti e alluvioni, le accuse dei geologi
"Scarsità di programmazione e situazione ancora aperta sul fronte dissesto": I geologi toscani intervengono per lanciare ancora una volta l'allarme
FIRENZE — Passare dalla logica dell'emergenza a quella della programmazione. E' quanto chiedono ancora una volta i geologi toscani per bocca della presidente dell'Ordine Maria Teresa Fagioli ricordando come siano passati 50 anni dall'alluvione di Firenze e la storia abbia insegnato poco o nulla: "Si sarebbe dovuto passare dalla logica dell’emergenza, derivante da decenni di non governo del territorio, alla normalità della programmazione". Gli strumenti ci sono: i piani di assetto idraulico e il piano di gestione alluvioni.
"Per quanto riguarda le problematiche inerenti il rischio idraulico, i recenti strumenti normativi riaffermano con ancora maggior forza il criterio, estendibile di fatto anche al rischio da frana, che gli eventi estremi si gestiscono attraverso la loro conoscenza", ha detto Maria Teresa Fagioli.
Non sempre si può difendere, allora occorre delocalizzare. "Deve essere preso in seria considerazione il concetto di delocalizzare quando non vale la pena difendere. Le opere mitigano il rischio, non lo azzerano. Resta sempre un rischio residuo, che deve essere accettabile per quanto si intende proteggere. Costruire opere di difesa è costoso ed una analisi costi benefici deve per forza, per una buona gestione, essere tenuta in conto. Non vale la pena difendere con interventi costosi ciò che ha un valore bassissimo", dicono i geologi.
Ad esempio Genova o Firenze, ma anche Ventimiglia o Amalfi, vanno difese e non possono essere delocalizzate. E la scelta della difesa di Firenze impone spesso rischi maggiori per chi sta intorno».
Qualche numero per capire meglio: nel bacino dell’Arno sono censite, ad oggi, circa 30mila frane tra attive, quiescenti e non attive. Di queste meno del 10% incide su insediamenti o infrastrutture. E solo per queste, secondo i geologi, è corretto parlare di dissesto. Quindi il dissesto esiste lì dove è percepito come danno ai beni o minaccia all’incolumità delle persone.
Poi le critiche agli strumenti usati finora: "L’approccio puramente ingegneristico ha fatto e continua a fare grandi danni. Quando poi si realizzano opere ingegneristiche si fa sempre riferimento a scenari sintetici, ma la probabilità che quello specifico scenario di progetto si realizzi, con quella esatta catena di eventi è quantomeno improbabile, come i recenti casi, anche in Toscana ( Aulla, Marina di Campo, Albinia ), insegnano".
Una soluzione è dunque quella della gestione:"Certo non può esistere una regola unica, da applicare a scala nazionale o regionale, nel contrastare il rischio idrogeomorfologico - conclude la presidente Fagioli - Si parla di gestione e quindi si tratta di trovare quel giusto mix, supportato da una robusta analisi costi-benefici, tra interventi strutturali, non strutturali e le scelte di sviluppo economico".
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