Attualità mercoledì 30 luglio 2025 ore 16:30
Le foreste sotto stress catturano meno Co2

Uno studio realizzato in collaborazione con l’università di Firenze evidenzia le cause del fenomeno e propone delle soluzioni
FIRENZE — Foreste europee sotto stress assorbono meno anidride carbonica. E' quanto rivela uno studio realizzato in collaborazione con l'università di Firenze e pubblicato su Nature, che analizza il declino del cosiddetto carbon sink. Un processo attraverso il quale, spiega l'ateneo fiorentino, tra il 1990 e il 2022 hanno assorbito circa il 10% delle emissioni di carbonio legate alle attività umane.
"Oggi, però - si legge in una nota- evidenze scientifiche segnalano una riduzione di questo meccanismo naturale: le foreste europee stanno catturando meno anidride carbonica, un fenomeno che potrebbe compromettere gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea e che richiede interventi urgenti per invertire la tendenza".
Lo studio, guidato dal Joint Research Centre dell’Ue, di cui è coautore Giovanni Forzieri, professore in Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, analizza il declino del carbon sink forestale, identificandone le cause e delineando le priorità di ricerca per migliorare il monitoraggio e la modellazione delle foreste.
Lo studio evidenzia come una gestione forestale più attenta, accompagnata da strumenti di osservazione avanzati, sia fondamentale per comprendere meglio la capacità di assorbimento del carbonio, aumentare la resilienza degli ecosistemi e orientare politiche efficaci per proteggere questa risorsa vitale.
“I dati più recenti dell’Agenzia Europea dell’Ambiente indicano che il carbon sink forestale medio tra il 2020 e il 2022 è diminuito di circa il 27% rispetto al periodo 2010-2014 – afferma Forzieri –. Le previsioni per il 2025 mostrano un quadro ancora più preoccupante, che rischia di allontanare l’UE dal traguardo di 42 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti di rimozioni nette aggiuntive entro il 2030, stabilito dal Regolamento 2018/841 sull’uso e il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura”.
“Il fenomeno – prosegue – è dovuto a diversi fattori: l’aumento dei prelievi di legname, la maggiore frequenza di ondate di calore e siccità dovute ai cambiamenti climatici, oltre all’intensificarsi di incendi, tempeste e infestazioni di insetti. Tutti questi elementi riducono la crescita degli alberi, ne aumentano la mortalità e mettono sotto stress le foreste europee”.
Lo studio individua poi una serie di azioni per "invertire la rotta": dalla riduzione delle emissioni di gas serra fino ad una gestione forestale che renda i boschi più resilienti agli eventi estremi e alle nuove condizioni climatiche. "Strumenti di monitoraggio più tempestivi e dati affidabili sulla salute delle foreste e sui flussi di carbonio - spiega l'ateneo fiorentino- sono indispensabili per definire politiche efficaci e misure pratiche in grado di ripristinare il serbatoio di carbonio e rafforzare la capacità di adattamento delle foreste. Inoltre, regolamenti aggiornati, incentivi alle pratiche sostenibili e una forte integrazione tra politiche climatiche e ambientali rappresentano le leve fondamentali per invertire la rotta".
Secondo gli autori dell’articolo, dunque, è fondamentale anticipare le possibili conseguenze negative delle soluzioni basate sulla natura. Ad esempio, valutando i possibili rischi, per i cicli idrici locali, collegati alla piantumazione di alberi su aree che in origine erano praterie, campi o zone aride, trasformandole così in aree forestali. O integrando i modelli di crescita forestale con quelli socio-economici per comprendere come i prodotti derivati dalla raccolta influiscano sul bilancio del carbonio.
“Le foreste d’Europa possono ancora costituire un pilastro della neutralità climatica – conclude Forzieri – ma il tempo per agire si sta riducendo. Dobbiamo farlo adesso”.
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