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Attualità giovedì 27 aprile 2017 ore 13:26

L'indipendenza della Toscana motore di unità

Servizio di Serena Margheri

Il presidente del Consiglio ha aperto la seduta solenne ricordando protagonisti ed eventi del 27 aprile 1859. Presente anche il governatore Rossi



FIRENZE — “Oggi è davvero punto di riferimento dell’entità statuale della nostra regione, che si proietta in un turbinio di vicende capaci di dar vita alla nazione italiana”. Così ha esordito il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, dando il “la” alla seduta solenne per celebrare il 27 aprile 1859, Indipendenza della Toscana.

“Quel giorno la città di Firenze viveva la sua ‘rivoluzione di velluto’ con la partenza, dalla Capitale del Granducato di Toscana, di Leopoldo II dei Lorena”, ha continuato il presidente. “Seguirono due anni caratterizzati da un rapido evolversi di eventi: si costituì allora un governo provvisorio che guidò Firenze e la Toscana per quasi un anno, esercitando un ruolo determinante, nel percorso dell’Unità d’Italia”.

Nel marzo 1860 si tenne il plebiscito che decretò a larghissima maggioranza l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna: oltre 366 mila toscani votarono, e i voti favorevoli furono il 94 per cento. “L’Unità d’Italia si formava in quegli anni, e se i Savoia furono il centro e il cuore – ha sottolineato Giani – la Toscana fu il vero cervello di quel percorso che porterà, solo cinque anni dopo, all’unificazione non solo del Nord ma di tutta la penisola, che a pieno diritto potrà chiamarsi ‘italiana’. “La Toscana fu dunque, a partire dalla mattina del 27 aprile 1859, vero e proprio motore, per il passaggio dalle dinastie alla democrazia, spinta decisiva per la nazione Italia”, ha affermato il presidente, ricordando i quattro personaggi che la mattina del 27 aprile ebbero un ruolo fondamentale nell’organizzare la manifestazione decisiva, in piazza Indipendenza, che indusse il Granduca a lasciare Firenze.

“Un momento utile per rinnovare gli impegni e realizzare nella società e nell’economia le condizioni necessarie per dare risposte concrete ai bisogni della gente e dei giovani”. Con queste parole il presidente della Toscana Enrico Rossi interviene alla seduta solenne del Consiglio regionale, a palazzo del Pegaso, per celebrare l’indipendenza toscana, avvenuta il 27 aprile 1859 con la partenza di Leopoldo II di Lorena da Firenze e il conseguente insediamento del Governo provvisorio.

“La data di oggi – continua il presidente – deve essere celebrata senza smarrire i valori fondamentali della nostra identità e senza prescindere dai problemi e dall’enormità che ha acquistato la questione sociale nel nostro Paese”. Dopo un excursus storico per ripercorrere le vicende che portarono all’indipendenza della Toscana e che si inseriscono nel più generale processo di costruzione dell’indipendenza e dell’unità del nostro Paese, Rossi ha ribadito la necessità di ricordare questo momento storico rifuggendo dalla retorica. Con un riconoscimento, poi, alla grandezza di Leopoldo: “Noi, oggi, celebrando questa data – ha aggiunto Rossi – non dimentichiamo la Toscana di Leopoldo e quale impronta di sviluppo, modernità e civiltà abbia lasciato il riformismo lorenese in Toscana. Credo si possa rivendicare la Toscana di oggi in modo da ascriverla a quel buon governo”.

Rossi ribadisce poi come il processo unitario, “la cui partenza in Toscana oggi celebriamo, sia stato positivo”. Secondo il presidente il ricordo di quel periodo è importante per capire come “dell’identità nazionale oggi la nostra regione sia un elemento fondamentale”. E si rifà in più di una occasione al pensiero politico di Antonio Gramsci, nell’anniversario della morte, avvenuta il 27 aprile 1937. “Dentro l’identità nazionale – aggiunge Rossi – abbiamo bisogno di ritrovarci con le nostre peculiarità, rifuggendo da chiusure e arroccamenti dentro una Toscana felix, che non lo è, perché fa parte dell’Italia e dell’Europa e vive le crisi che attraversano il mondo intero”.

Un passaggio dell’intervento del presidente si sofferma su ‘regionalismo’ ed Europa, sull’importanza che il “regionalismo, senza inficiare l’identità locale, si allarghi e si estenda ad intese con altre regioni affinché queste possano svolgere la loro funzione in un contesto nazionale ed europeo e dare una spinta ulteriore all’unità europea”. Rossi conclude ribadendo la necessità, il bisogno e il desiderio che abbiamo d’Europa. “Siamo una terra – afferma – che tiene insieme gelosamente le identità cittadina, regionale, nazionale ed europea, convinti che non si possa tornare alle piccole patrie e alzare muri”. “Vogliamo l’Europa che hanno sognato i nostri padri, l’Europa dei popoli, sociale, che si propone di assistere i giovani, oggi quell’Europa per tanti aspetti, purtroppo è ancora un sogno”.


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