Il tocco magico di César
di - domenica 19 maggio 2024 ore 00:05
Ci sono persone che amano così tanto il luogo dove sono nate da cambiarne il destino per sempre. César Manrique è una di queste. Pittore, scultore, architetto, disegnatore di paesaggi e giardini, urbanista, conservatore del patrimonio artistico, attivista per l'ambiente, divulgatore: non c'è ambito creativo e di impegno civile in cui Manrique non abbia lasciato una testimonianza di eccellenza. Se oggi l'isola di Lanzarote, nell'arcipelago delle Canarie, appare un connubio di vulcani, oceano, cactus e villaggi incantevoli, disseminati di opere d'arte, lo si deve a quest'uomo.
César Manrique nacque ad Arrecife, il capoluogo di Lanzarote, il 24 aprile 1919. A 26 anni si trasferì a Madrid dove la sua carriera artistica cominciò a decollare fino all'approdo a New York, nel 1966, dove espose le sue opere insieme a Joan Mirò e a Max Beckmann. Nel 1968, all'apice del successo, gli venne voglia di rivedere Lanzarote. Ci tornò e fu pervaso dalla sensazione che l'isola avesse bisogno di lui. Aveva 49 anni e decise di restare. Da quel giorno tutto cambiò.
César Manrique diventò il più strenuo difensore di Lanzarote. Amava la natura e considerava un'aberrazione distruggerla per cementificare. Era convinto che gli interventi umani dovessero essere una continuazione dei processi naturali e che l'architettura dovesse integrarsi con il paesaggio, nelle giuste proporzioni.
In nome di questi principi, convinse le autorità locali a vietare i cartelloni pubblicitari lungo le strade e a interrare il più possibile i cavi dell'alta tensione e delle linee telefoniche. Quando ho visitato Lanzarote, qualche mese fa, non ho visto elettrodotti ed è anche per questo genere di 'assenze' che l'isola ha un aspetto così intatto.
Manrique incoraggiò l'uso della tradizionale forma cubica delle abitazioni - ogni figlio che nasce un cubo bianco in più - e combattè battaglie epocali contro la speculazione edilizia, sfruttando la sua fama internazionale e il suo prestigio per limitarne gli abusi. Come contraltare, ideò una serie di edifici in perfetta assonanza con l'ambiente circostante. Oggi queste strutture futuristiche, insieme ai vulcani, sono le principali attrazioni di Lanzarote.
Sull'estrema punta nord dell'isola, ad esempio, l'artista trasformò un antico fortino militare nel Mirador del Rio, un belvedere fra le rocce attrezzato con bar e altri servizi e con una vista eccezionale sull'isola La Graciosa.
Un'altra sua invenzione è il complesso dei Jameos del Agua, sulla Costa Teguise. Nella parte più prossima al mare di un lungo tunnel di lava generato da un'eruzione del vulcano Monte Corona, le infiltrazioni marine hanno formato un lago salato che è l'unico al mondo ad essere popolato da una particolare specie di granchi albini ciechi. Intorno a questa meraviglia naturale, Manrique ha creato un percorso di visita che comprende un ristorante, una caffetteria, un giardino tropicale, un museo sui vulcani e uno spettacolare auditorium scavato nella pietra lavica.
A pochi chilometri di distanza si trova il villaggio di Guatiza dove un tempo prosperava il mercato del carminio, il colorante naturale rosso ricavato da un piccolo insetto, la cocciniglia, che si riproduceva nelle piantagioni di fichi d'india. Proprio qui Manrique ha realizzato, all'interno del bacino circolare di una vecchia cava di pietra sovrastata da un mulino, il fantastico Jardin de Cactus: una collezione di quasi 1.500 specie diverse, di infinite forme e colori, alcune di dimensioni ragguardevoli, disposte su terrazzamenti o in aiuole ricoperte da pietrisco di lava.
Nel parco nazionale di Timanfaya, il luogo dove ebbe inizio, nel 1730, una catastrofica eruzione vulcanica che durò 6 anni stravolgendo la conformazione di Lanzarote, è un'idea di Manrique il ristorante El Diablo, di forma circolare. Una parte delle cucine è alimentata dal calore del vulcano che sale attraverso un camino profondo sei metri. El diablo è affacciato in posizione panoramica sulla Ruta de Los Volcanes, una strada che si snoda per 14 chilometri in un paesaggio surreale di crateri, coni e sterminate distese di cenere e di lava, quasi prive di vegetazione.
La Fondazione Manrique, a Tahiche, ha invece sede in quella che fu una casa-studio dell'artista, incuneata in un campo di lava includendo, nel piano interrato, alcune bolle vulcaniche naturali. Nella bolla rossa un albero di fico - nato prima della costruzione della casa - cresce verso l'alto ed emerge nel soggiorno, divenuto la principale sala espositiva. Guardando fuori dalle finestre, gli interni si fondono col paesaggio esterno.
Gigantesche sculture di Manrique sono sparse per tutta l'isola. Di quella dedicata al Campesino vi ho giá parlato nell'articolo "Sono un eroe e coltivo vigneti" ma ce ne sono molte altre, perennemente animate dal vento e dalla luce e spesso posizionate al centro degli incroci stradali: a Lanzarote anche gli arredi urbani sono arte.
César Manrique morì in un incidente stradale a Teguise il 25 Settembre 1992. Aveva 73 anni ed era "in salute e pieno di voglia di vivere", come si legge in uno dei cataloghi delle sue opere. Una frase che racchiude il dolore degli isolani e il loro rammarico per gli anni di vita in più negati dalla sorte a quel compaesano cosí fuori dal comune. La sua tomba si trova nel piccolo cimitero di Haría, il paese nel centro dell'isola che aveva scelto come ultima residenza. E' semplicissima, solo una lastra di pietra con due palme e un alto cactus. Quando l'ho vista mi è sembrata appropriata. Per celebrare Manrique non sono necessari monumenti: c'è Lanzarote, il suo capolavoro più grande. I vulcani, il mare, il cielo: tutto vibra di energia. César vive.
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