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Attualità sabato 09 maggio 2020 ore 18:50

Avviamenti al lavoro falciati dal Covid in Toscana

Secondo l'Irpet rispetto al 2019 ci sono stati 63.000 ingressi in meno nel mercato del lavoro. E in autunno si rischiano 97.000 licenziamenti



FIRENZE — Mentre si guarda con speranza alla decrescita della curva dei contagi (rallentata, non esaurita come hanno certificato ieri l'ISS a livello nazionale e l'Ars a livello toscano), si continuano a fare i conti con le ripercussioni economiche dell'epidemia. E le prospettive, almeno in Toscana, non sono rosee secondo l'ultimo report realizzato dall'Irpet (l'Istituto Regionale di Programmazione Economica) che individua una causa precisa della "ibernazione" del mercato del lavoro: i mancati avviamenti al lavoro. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, spiega l'istituto, sono stati 53.000 in meno se si prende come punto di partenza il 9 marzo, cioè il giorno del decreto governativo che ha esteso la "zona rossa" a tutta l'Italia dando il via al periodo di chiusura del Paese. Se si parte da gennaio, si arriva a 63.000 avviamenti al lavoro in meno.

Sta lì, nelle "minori attivazioni", la causa della caduta delle posizioni di lavoro in Toscana. Dal 9 marzo al 15 aprile 2020, spiega il rapporto, si registrano "in Toscana 37mila posizioni di lavoro in meno, che diventano 42mila in meno, se misurate dal 1 gennaio 2020. Dal 9 marzo la distruzione delle posizione aperte di lavoro è prevalentemente concentrata nei settori sospesi, a cui è imputabile il 55% delle posizioni di lavoro perse. Ma il calo coinvolge significativamente anche il comparto esente dal blocco. Ogni 100 posizioni di lavoro perse, 45 sono attribuibili ai settori non sospesi". Insomma, un effetto filiera, quello che molti imprenditori hanno denunciato e continuano a denunciare.

Il conto più salato si conferma quello per il settore turistico (vedi articolo correlato): qui si registra una diminuzione dello stock di addetti, a partire dal 9 marzo, pari a 9.000 persone. La causa sta, appunto, nel blocco delle assunzioni "in un periodo come la prima metà di aprile che rappresenta, con il mese di giugno, un massimo per gli avviamenti del settore".

A pagare lo scotto più alto sono inoltre i giovani under 35 che "hanno contratti precari che una volta giunti a termine non sono rinnovati o prorogati".

Allo stato attuale, infine, i licenziamenti sono bloccati ma, spiega ancora il rapporto, si deduce "da un rapido calcolo, che le persone con contratti a termine che cesseranno il loro lavoro, non trovandone nel frattempo un altro, raggiungeranno al 30 settembre la ragguardevole cifra di 97mila unità".


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