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Attualità sabato 07 novembre 2015 ore 13:08

Coldiretti, è scoppiata la guerra del latte

150 stalle in meno ogni anno. Negli ultimi 8 ann hanno chiuso circa 1.300 allevamenti, oltre il 60 per cento dei quali si trovava in montagna



LODI — E’ quanto afferma Coldiretti Toscana con lo scoppio della “guerra del latte” iniziata con l’assedio di migliaia di allevatori con trattori e mucche al centro di distribuzione dei prodotti Ospedaletto Lodigiano (Lodi) della multinazionale francese Lactalis che detiene i grandi marchi nazionaliParmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli. All’assedio stanno partecipano anche tantissimi allevatori toscani guidati dal Presidente Coldiretti Toscana, Tulio Marcelli.

La conseguenza è che - sottolinea Coldiretti - sono sopravvissute a fatica appena 3.750 stalle che rischiano però di scomparire nei prossimi mesi perché gli allevatori non riescono a coprire neanche i costi per dare da mangiare agli animali. Pesanti gli effetti sull’occupazione. Coldiretti stima che la chiusura di ogni stalla abbia comportato la perdita di almeno 2mila posti di lavoro diretti.

Sotto accusa - precisa Coldiretti - il fatto di sottopagare il latte italiano al di sotto dei costi di produzione con le importazioni dall’estero che vengono “spacciate” come Made in Italy” per la mancanza di norme trasparenti sull’ etichettatura. L’industria - sottolinea la principale organizzazione agricola - ha deciso unilateralmente di tagliare i compensi per il latte alla stalla di oltre il 20% in meno rispetto allo scorso anno, per gli allevamenti della Lombardia dove si produce quasi la metà del latte italiano ed è quindi un punto di riferimento nazionale. Il prezzo del latte riconosciuto oggi agli allevatori è - sottolinea la Coldiretti - inferiore a quello di venti anni fa e vengono proposti accordi capestro che fanno riferimento all'indice medio nazionale della Germania, con una manovra speculativa del tutto ingiustificata e quindi inaccettabile perché la produzione italiana di latte si distingue per le elevate caratteristiche qualitative. D’altra parte – denuncia Coldiretti – la stessa multinazionale si guarda bene dal praticare sul mercato italiano gli stessi prezzi di vendita al consumo per latte e formaggi della Germania. “In gioco – spiega Marcelli - c’è un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con migliaia di occupati nell’intera filiera, soprattutto c’è un patrimonio del Made in Italy alimentare che ha garantito all’Italia primati a livello internazionale ed un ambiente ed un territorio unico che senza l’allevamento rischia l’abbandono ed il degrado”.

Dalle frontiere italiane - continua Coldiretti – passa un fiume di latte che supera del 360% il latte prodotto in loco dai nostri allevamenti (230mila tonnellate le importazioni, 68.300 la produzione toscana) ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. Nell’ultimo anno - denuncia Coldiretti - hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10% dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità.


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