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Attualità mercoledì 09 marzo 2016 ore 07:00

"Abbiamo sbagliato ma non per dolo"

Lo ha detto l'ex governatore Claudio Martini alla commissione d'inchiesta del Consiglio regionale sul Forteto. Ascoltato anche il viceministro Nencini



FIRENZE — Proseguono le audizioni della commissione d’inchiesta incaricata di far luce su eventuali responsabilità politiche e istituzionali nelle drammatiche vicende della comunità del Forteto di Vicchio del Mugello, i cui vertici sono stati recentemente condannati per abusi e violenze su giovani e ragazzi che venivano affidati alla struttura dal Tribunale dei minori. 

I commissari ieri hanno ascoltato l’ex presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, oggi senatore della Repubblica, e il viceministro ai trasporti Riccardo Nencini, già deputato e parlamentare europeo eletto nel Mugello, presidente del Consiglio regionale toscano dal 2000 al 2010 e infine assessore regionale nella giunta Rossi fino al 2013. Ieri ha parlato in commissione anche Giulia Badini, notaio che ha avuto rapporti professionali con la comunità del Forteto.

Claudio Martini ha ricordato di aver visitato l'azienda due volte, tra il 2003 e il 2005, affrontando durante le visite solo temi legati all’agricoltura. L’ex presidente ha dichiarato che, per i suoi incarichi politici a Prato, aveva già avuto notizia della comunità “prima che si trasferisse nel Mugello”, osservando come ci sia stata “una fase nella quale la valutazione su quella esperienza era certamente controversa”. 

Le questioni del Forteto non arrivarono mai, però, ad essere trattate nella giunta regionale: “Non ho ricordi che in giunta si sia mai parlato del Forteto - ha detto Martini - La cosa, tra le tante questioni e i tanti problemi che affrontavamo, non è diventata mai di grande attenzione, non ci fu tanto messa la testa”. 

Martini ha affermato di aver vissuto la condanna a carico del fondatore della comunità del Forteto Rodolfo Fiesoli  come "una questione giudiziaria, non politica”. 

"La questione del Forteto non è mai diventata, per noi, di grande attenzione né c’è mai stata una sollecitazione, una richiesta perché affrontassimo la questione - ha ribadito l'ex presidente della Regione - Sicuramente abbiamo sbagliato, non ho difficoltà a dirlo, non mi sentirei di dire però che questo sia il risultato di qualche dolo. Probabilmente vi erano già elementi sufficienti anche per prese di posizione più nette da parte delle istituzioni. Riconosco che siamo stati probabilmente manchevoli”. 

Anche l’ex presidente del Consiglio regionale Riccardo Nencini ha ripercorso le occasioni d’incontro con il Forteto fino al momento in cui la storia gli fu “narrata completamente, nel 2012-13, da  un vecchio amico d’infanzia poi diventato un protagonista della vicenda, Sergio Pietracito”. 

Le domande della commissione rivolte a Giulia Badini sono state incentrate principalmente sull’attività professionale svolta per il Forteto dallo studio notarile condotto prima dal padre, “che all’epoca fece l’atto costitutivo” e poi dalla stessa Giulia Badini e sulla effettiva separazione e autonomia tra cooperativa, fondazione e associazione del Forteto, delle quali lo studio si è occupato nel tempo. 

“No, non ho avuto la percezione della scarsa autonomia, purtroppo – ha risposto –: certamente riguardo a cooperativa, fondazione e associazione, le persone erano le stesse, ma ognuna aveva il proprio organo decisionale”. 

 “La mia impressione è che a questa realtà occorressero diverse forme giuridiche necessarie alle varie attività - ha detto ancora Badini - Non ho mai avuto nessun sentore, forse ero Alice nel paese delle meraviglie. Per me era tutto bello, ho fatto mie tutte le ottime impressioni che furono di mio padre, un liberale che odiava le cooperative ma che dell’esperienza del Forteto s’innamorò. Ci credeva, tanto da difenderla anche con prese di posizione pubbliche ai tempi della prima sentenza. Anch’io ci credevo. Ora, personalmente, sono rimasta molto sorpresa. Delusa per quanto è successo, anche dalla mia incapacità di giudizio”.


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