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Attualità giovedì 07 settembre 2023 ore 13:30

Pomodoro donatore d'acqua per colture idroponiche di erbe gourmet

Una delle piante di piantaggine oggetto della ricerca
Una delle piante di piantaggine oggetto della ricerca

In Toscana si è studiata la coltivazione in serra di aspraggine e piantaggine con acque reflue del pomodoro. Risposta alla scarsità di risorsa idrica



PISA — L'acqua reflua delle piante di pomodoro per coltivare con tecnica idroponica erbe d'interesse per la cucina gourmet ma anche per il settore più genericamente alimentare e per quello fitoterapico, così da risparmiare risorsa idrica la cui disponibilità è via via in diminuzione: è in sostanza l'oggetto della ricerca condotta in Toscana, all’università di Pisa, e pubblicata di recente sulla rivista Agricultural Water Management.

Perché se l'acqua dolce diviene via via più scarsa, una risposta sostenibile giunge dalle colture idroponiche che utilizzano acque reflue derivate da colture ‘donatrici’. La ricerca toscana ha riguardato due piante spontanee tipiche del Mediterraneo che crescono anche in Toscana: l’aspraggine (Picris hieracioides) e la piantaggine (Plantago coronopus), specie impiegate nel settore alimentare e fitoterapico.

“Secondo i principi dell’economia circolare e dei sistemi produttivi integrati o a cascata – spiega il professore Alberto Pardossi dell’università di Pisa – abbiamo utilizzato l’acqua reflua proveniente da una coltura ‘donatrice’, il pomodoro coltivato in serra in questo caso, riducendo così l’impatto ambientale della coltura a monte e i costi di produzione della coltura a valle, dato che non è necessario acquistare fertilizzanti”.

Le acque reflue delle colture in serra hanno spesso un elevato contenuto di sali e pertanto individuare le specie adatte è fondamentale. L’aspraggine e la piantaggine sono infatti piante 'alofite', il che significa che tollerano bene i terreni salini e l’irrigazione con acque salmastre.

“Le due specie studiate si sono adattate molto bene alla coltura idroponica in serra, oggi sempre più utilizzata per la produzione ortaggi crudi o minimamente trasformati di particolare interesse per la cucina gourmet", aggiunge Pardossi.

"Questo metodo di coltivazione - conclude - suscita infatti un interesse crescente perché consente di migliorare la qualità dei prodotti mediante un'adeguata gestione della soluzione nutritiva e facilita la lavorazione post-raccolta grazie alla pulizia del materiale vegetale”.

Gli autori dello studio

Alberto Pardossi - 35 anni di carriera accademica, professore ordinario di Orticoltura e Floricoltura ed esperto di colture in serra e indoor - fa parte del gruppo di ricerca ‘Orticoltura e Floricoltura’ dell’Ateneo pisano come gli altri autori dello studio. 

Insieme a lui hanno condotto gli esperimenti in serra e le analisi di laboratorio Luca Incrocci, professore associato di Orticoltura e Floricoltura, esperto di colture in serra e di agricoltura di precisione, Martina Puccinelli, assegnista di ricerca, esperta di colture idroponiche e biofortificazione degli ortaggi, e Giulia Carmassi, responsabile del laboratorio chimico ed esperta di colture in serra.

Da sinistra: Luca Incrocci, Alberto Pardossi, Giulia Carmassi e Martina Puccinelli

Da sinistra: Luca Incrocci, Alberto Pardossi, Giulia Carmassi e Martina Puccinelli

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