Cronaca mercoledì 05 luglio 2017 ore 12:30
Consip, perquisita la casa di Marco Lillo
Finanzieri alla ricerca di elementi per individuare la talpa che ha fornito al giornalista atti coperti da segreto d'ufficio. Fnsi: "Un'intimidazione"
ROMA — La perquisizione dell'abitazione del giornalista Marco Lillo, autore del libro Di padre in figlio e di numerosi scoop pubblicati dal Fatto Quotidiano in merito all'inchiesta sugli appalti della Consip, è stata disposta dalla procura di Napoli. Durante l'intervento della Guardia di Finanza nella casa di Lillo sono stati sequestrati al cronista telefoni cellulari, computer e altri supporti informatici.
Le indagini sono iniziate a seguito di una segnalazione dei legali dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo, accusato di corruzione nell'ambito della stessa inchiesta e attualmente agli arresti in attesa del processo che inizierà il 19 ottobre.
"Non abbiamo denunciato Marco Lillo - ha spiegato l'avvocato Giovanbattista Vignola - ma abbiamo chiesto alla procura di verificare se all'origine delle notizie contenute nel libro Di padre in figlio vi possano essere stati dei reati, come la violazione del segreto d'ufficio o altri".
Stando a quanto riportato sul Fatto Quotidiano, Marco Lillo non sarebbe indagato: la procura sta agendo contro ignoti o meglio contro "un pubblico ufficiale al momento non identificato che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte da segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso l'autorità giudiziaria di Napoli, le abbia indebitamente propagate all'esterno". Fra questi, numerose trascrizioni di intercettazioni ambientali e telefoniche, compresa quella della telefonata fra l'ex premier Matteo Renzi e il padre Tiziano, indagato nell'inchiesta Consip per traffico di influenze illecite (vedi qui sotto gli articoli collegati).
Nei giorni scorsi anche la giornalista della Rai Federica Sciarelli è stata interrogata dai pm in merito a una fuga di notizie collegata a uno scoop di Lillo sull'inchiesta Consip del 21 dicembre scorso (l'avviso di garanzia per rivelazione di segreto d'ufficio a carico del ministro dello sport Luca Lotti e del comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette, ndr). La conduttrice della trasmissione di Raitre Chi l'ha visto, amica da molti anni di uno dei titolari dell'inchiesta, il pm John Woodcock, accusato dello stesso reato, ha respinto ogni addebito. E oggi le è stato restituito il suo telefonino, sequestrato al momento dell'iscrizione nel registro degli indagati.
"Ci sono due telefonini che possono essere scandagliati dall'autorità giudiziaria di Roma e di Napoli - ha commentato Marco Lillo in un video pubblicato sul Fatto - quello di Federica Sciarelli e quello di Marco Lillo per trovare notizie di reati gravissimi come la rivelazione di segreti d'ufficio. Lei è innocente completamente. Io effettivamente ho pubblicato atti segreti. Il telefonino di Tiziano Renzi però, indagato da mesi per traffico di influenze illecite, non è stato mai preso perchè evidentemente interessano di più il mio telefonino e quello di Federica Sciarelli".
Lillo ha anche precisato che "l'informativa del 9 gennaio che si sta cercando con il decreto di perquisizione di casa mia e del mio ufficio del Fatto era in possesso di tutti i grandi giornali italiani dal giorno prima rispetto a quando l'ho avuta io".
"Ma la perquisizione viene fatta nei confronti dell'autore del libro Di padre in figlio e solo nei miei confronti - ha sottolineato Lillo - Rispettiamo sempre la giustizia ed è giusto che i magistrati facciano il loro dovere. Comunque, nulla da recriminare, solo alcune annotazioni da rilevare".
Sulla perquisizione subita da Lillo è intervenuta anche la Federazionale nazionale della stampa definendola "un atto intimidatorio".
"Ancora una volta si cerca di risolvere un problema reale, quello della fuga di notizie, colpendo chi invece ha il dovere professionale di dare notizie nell'interesse dei cittadini ad essere correttamente informati - scrivono in una nota il segretario generale e il presidente della Fnsi Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti - Ancor più gravi sono le dichiarazioni dei legali di Romeo che candidamente confessano di aver tentato, con la segnalazione alla procura, di aggirare l'esimente del diritto di cronaca che avrebbe portato a 'cestinare' una loro eventuale querela per diffamazione nei confronti del giornalista. Si tratta di un'azione dai chiari contorni intimidatori in quanto, come è noto, il reato di violazione del segreto istruttorio non è contestabile ai giornalisti".
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