Questo sito contribuisce alla audience di 
Toscana Media News quotidiano online.
Percorso semplificato Aggiornato alle 19:00 METEO:FIRENZE15°  QuiNews.net
Toscana Media News - Giornale Online
sabato 20 aprile 2024
Tutti i titoli:
corriere tv
Turisti feriscono due cuccioli d'orso per farsi un selfie

Attualità martedì 02 maggio 2023 ore 18:10

Plutonio dei test nucleari scoperto nel ghiaccio dell'Antartide

Scoperta di un gruppo di ricerca dell’Università di Firenze che ha trovato il plutonio nel ghiaccio analizzato al polo scientifico di Sesto Fiorentino



SESTO FIORENTINO — Un gruppo di ricerca dell’Università di Firenze impegnato in Antartide nell'estrazione e analisi di una carota di ghiaccio, ha rilevato la presenza di plutonio che sarebbe dovuta agli esperimenti nucleari a partire dagli anni '50. 

Il team coordinato da Mirko Severi, Rita Traversi e Silvia Becagli, è riuscito a misurare tracce di plutonio-239, risalenti a test nucleari condotti molti decenni fa, grazie alle attività di perforazione, estrazione e analisi di un cilindro di ghiaccio perforato a partire dalla superficie di un ghiacciaio ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica Chemosphere. Nello specifico, la ricerca pubblicata su Chemosphere si basa su una carota della lunghezza di circa 120 metri, prelevata tra il 2016 e il 2017 e poi trasportata e analizzata nei laboratori Unifi del polo scientifico di Sesto Fiorentino.

“Il plutonio-239 è un marker specifico per valutare gli effetti sull’ambiente dei test nucleari iniziati negli anni ‘50 e condotti fino agli anni ‘80 - spiega Mirko Severi, associato di Chimica analitica dell’Ateneo fiorentino -. Si tratta, infatti, dell’isotopo fissile primario utilizzato per la produzione di armi nucleari. Il suo ritrovamento, in primo luogo, è utile per determinare una datazione accurata degli strati nevosi: dal punto di vista glaciologico, la presenza di plutonio-239 nelle carote di ghiaccio permette, infatti, di attribuire i campioni agli anni in cui venivano condotti i test sulle armi nucleari”.

A partire dal 1952, infatti, sono stati eseguiti numerosissimi test con ordigni nucleari. In particolare, durante i primi esperimenti venivano fatti esplodere in atmosfera e la radioattività sprigionata poteva arrivare anche in posti remoti e lontani dall’esplosione, come l’Altopiano Antartico, dove il team dell’Università di Firenze ha eseguito il carotaggio.

“L’esistenza di tale materiale radioattivo in un posto così isolato, nella parte centro-orientale del continente a oltre 3mila metri di altitudine, dovrebbe indurre a riflettere su quanto l’azione dell’uomo impatti sul nostro pianeta - commenta Rita Traversi, associata di Chimica analitica Unifi –. I tempi di permanenza nell’ambiente del plutonio-239 sono lunghissimi, la sua concentrazione si dimezza in 24mila anni”.

Le attività del team sono frutto di un’esperienza avviata negli anni ’90 nell’ambito del progetto European Project for Ice Coring in Antarctica con progetti di ricerca in Antartide tuttora in esecuzione. 

“A differenza degli studi precedenti basati su tecniche di misurazione della radioattività che necessitavano di grandi quantità di campioni (qualche chilo di ghiaccio) - ha concluso Silvia Becagli – le analisi condotte nei laboratori Unifi hanno permesso di raggiungere risultati soddisfacenti con campioni dal volume molto più ridotto. Tale ‘snellimento’ è un vantaggio importante poiché generalmente i campioni da analizzare vengono suddivisi tra vari gruppi di ricerca; quindi, a una minore necessità di materiale per condurre le ricerche corrisponde una maggiore possibilità di eseguire ulteriori tipi di analisi”.


Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI

Tag
Iscriviti alla newsletter QUInews ToscanaMedia ed ogni sera riceverai gratis le notizie principali del giorno