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Attualità martedì 11 giugno 2019 ore 18:05

Suvignano tenuta aperta, la Toscana festeggia

Domenica 23 Giugno la tenuta confiscata alla mafia e restituita ai cittadini aprirà i cancelli per una festa con musica, teatro, incontri, pic nic



MONTERONI D'ARBIA — La Tenuta di Suvignano apre i suoi cancelli, simbolicamente e concretamente. E l'occasione diventa una festa e un momento di riflessione: per vivere un bene che è tornato finalmente di tutti, per parlare delle mafie, per costruire tutti insieme la legalità.

Accadrà domenica 23 giugno, a Monteroni d'Arbia e Murlo, in provincia di Siena, nella tenuta confiscata alla mafia e da quest'anno affidata in gestione alla Regione. Nel corso della giornata ci sarà spazio per le parole, di lotta e di speranza - parteciperanno Antonino De Masi, imprenditore calabrese, che da anni vive sotto scorta per aver denunciato il racket, e la giornalista Federica Angeli, sotto scorta anche lei dal 2013 per le sue inchieste sulla mafia romana - ci sarà la musica della street art band "BadaBimBumBad" e dei  "Modena City Ramblers", ci sarà il teatro Straligut epicnic all'aperto con i prodotti agricoli a filiera corta del territorio.

La Tenuta di Suvignano è un po' il simbolo dei beni confiscati alle mafie e alla criminalità organizzata che, anche in Toscana, ricicla i proventi delle sue attività malavitose e fa affari. 

"E' il bene più importante requisito nella nostra regione - ha ricordato l'assessore alla legalità Vittorio Bugli - e tra i più grandi in Italia. Sono passati dodici anni da quando nel 2007, con la condanna passata in giudicato, la confisca della tenuta è diventata definitiva. Si è rischiato ad un certo momento, anni fa, che la tenuta fosse messa all'asta, con il rischio che potesse tornare alla mafia attraverso prestanome. Poi nei mesi scorsi, annunciata già da più di un anno, è arrivata l'assegnazione alla Regione, che la gestisce adesso attraverso Ente Terre, che già si occupa di altre proprietà demaniali o in gestione, fa sperimentazioni in campo agricolo e forestale e valorizza le risorse genetiche autocto ne, bestiame compreso".

La tenuta, 713 ettari di terreno al momento della confisca (685 nel comune di Monteroni e 18 in quello di Murlo), poi diventatati 640 a seguito della vendita di alcuni poderi per saldare i debiti dell'azienda comprende una colonica di pregio, altri diciassette edifici e 21mila metri quadri tra immobili e magazzini. C'è anche una chiesetta di fianco all'edificio principale. 

In tutti questi anni di gestione attraverso l'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata, l'agriturismo presente al suo inteno ha continuato a funzionare, la via Francigena passa nelle vicinanze. Ma il progetto della Regione non riguarda solo l'azienda. Qui si coltiveranno anche e soprattutto valori, perchè la mafia si sconfigge con la conoscenza e copn la cultura. L'intenzione è di fare della tenuta un luogo della legalità, un campus permanente dove ospitare iniziative per parlare del contrasto alle mafie o soggiorni estivi per i giovani come quelli che, da parecchio tempo, Arci e Libera organizzano in Sicilia e in Calabria sui terreni strappati alle cosche e a cui, con il contributo della Regione, in questi anni molti giovani toscani hanno preso parte. Anzi, l'idea è già realtà. Campi della legalità a Suvignano sono già in programma quest'anno dal 29 giugno all'8 luglio (Arci) e dall'8 luglio al 14 luglio (Libera): una trentina di posti a disposizione e già quasi esauriti, con prenotazioni da tutta Italia. La Fondazione Caponnetto sta lavorando per predisporre un programma di iniz iative e visite delle scuole durante il prossimo anno scolastico.

Nel 1983 il sequestro ad un imprenditore in odor di mafia
La storia giudiziaria della tenuta inizia con il giudice Giovanni Falcone, che nel 1983 sequestra l'azienda una prima volta all'imprenditore palermitano Vincenzo Piazza, sospettato di aver rapporti con Cosa Nostra. Il costruttore siciliano ne rientra successivamente in possesso. Tra il 1994 e il 1996 arriva il secondo sequestro, assieme ad un patrimonio di ben duemila miliardi di vecchie lire affidato alla gestione di un amministratore giudiziario. Poi, nel 2007 appunto, la condanna e la confisca definitiva.

Confische in Toscana
Suvignano è il buco nero che non ti aspetteresti nella felice Toscana, il volto di una mafia che non è più quella confinata solo in Sicilia, ma quella che fa affari nel mondo e che nella campagna senese aveva investito parte dei suoi guadagni illeciti. La stessa cosa ha fatto altrove in Toscana, come l'ndrangheta ed altre associazioni criminali, acquistando alberghi ed appartamenti, negozi, a volte anche semplici edicole di giornali, bar oppure aziende più strutturate. Sono 137 in questo momento, tra i 552 beni confiscati, quelli assegnati definitivamente (due aziende e il resto unità immobiliari).

Cento sono stati trasferiti al patrimonio di Comuni e ad altri enti territoriali, 21 sono rimasti nella disponibilità dello Stato, tredici sono stati venduti. Altri 364, tra cui 51 aziende, sono beni ancora provvisoriamente in gestione all'Agenzia nazionale, di cui solo una parte in attesa di sentenza definitiva.


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