Brevemondo domenica 23 febbraio 2025 ore 08:15
Ucraina, Parigi-Londra, Musk, ostaggi e Australia

Nuovo appuntamento di Brevemondo: l'escalation in Ucraina, i piani di Francia e Regno Unito, l'incontro Milei-Musk, ostaggi ed esercitazioni cinesi
Boy, that escalated quickly…
Prendiamo in prestito il commento di Ron Burgundy in Anchorman: la settimana appena passata ha davvero dato una svolta alla guerra in Ucraina. O, meglio, al tema della guerra in Ucraina, non ai combattimenti in sé, che di fatto continuano. Perché se nella newsletter della settimana scorsa parlavo di come Trump aveva chiamato Putin, escluso l’Unione Europea dai negoziati e annunciato il vertice in Arabia Saudita, in questa occorre dar conto di uno strappo non da poco.
A cominciare dal fatto che i rapporti tra Washington e Kiev non potevano essere messi peggio di così. Dopo aver di fatto tagliato fuori l’Ucraina dai negoziati, promettendo comunque di includerla, Trump ha lanciato la bomba, probabilmente come risposta al mancato accordo con Kiev sullo sfruttamento delle terre rare. Sui social, infatti, ha definito Volodymyr Zelensky “un comico modesto”, che ha costretto gli Stati Uniti a “spendere 350 miliardi di dollari” in “una guerra che non poteva essere vinta” e che interessa più l’Europa che l’America, separata dal vecchio continente da “un grande e bellissimo oceano”.
Sono però due i passaggi che hanno particolarmente peggiorato la situazione: il primo è relativo all’accusa lanciata da Trump a Zelenksy, “dittatore senza elezioni”, che non vuol andare al voto; il secondo, invece, rinvia all’affermazione del presidente statunitense sulle colpe del conflitto. L’Ucraina “non avrebbe mai dovuto darvi inizio”, ha detto, suggerendo che l’aggressione sia partita da Kiev e non da Mosca. Due commenti che avvicinano notevolmente la posizione di Trump a quella di Putin. I mean, that really got out of hand fast.
Francia e Regno Unito provano a far da soli
Il vertice di Parigi annunciato sul finire della scorsa settimana e andato in scena all’inizio di questa non ha prodotto granché. Certo, è senz’altro un passo in avanti e, soprattutto, una presa di coscienza da parte dei Paesi che vi hanno partecipato (Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Danimarca e Paesi Bassi) del fatto che l’approccio degli Stati Uniti alla questione ucraina è cambiato con la nuova amministrazione. Di effetti concreti, però, non ce ne sono stati molti.
Chi, però, ha proposto di inviare delle truppe in Ucraina per prevenire ulteriori attacchi russi sulle città ucraine e sulle principali infrastrutture, starebbe portando avanti l’idea nonostante la contrarietà di molti. Si tratta di Francia e Regno Unito, che non hanno rinunciato all’ipotesi di creare una “forza di garanzia” di 30mila uomini, dedicati soprattutto alla difesa aerea e marittima. I militari a terra, dunque, sarebbero ben pochi. Inoltre, come detto anche dal premier britannico Keith Starmer, tale piano “non funzionerebbe” senza il sostegno militare degli Stati Uniti.
Nel frattempo, la Germania ha preferito non partecipare al progetto, giudicando l’ipotesi di inviare militari in Ucraina “inappropriata”. Per il cancelliere Olaf Scholz, in ogni caso, sarebbe complicato prendere decisioni di questo calibro: oggi si vota per rinnovare il Bundestag e per decidere chi sarà il nuovo capo del governo. Difficilmente sarà Scholz, verosimilmente sarà Friedrich Merz della Cdu. Con lo sguardo puntato al risultato di Alternative für Deutschland.
Milei e Musk amici per la pelle
Durante il Conservative Political Action Conference, il presidente dell’Argentina Javier Milei ha regalato una motosega al miliardario e capo del Dipartimento dell’Efficienza governativa statunitense Elon Musk. Nel corso della campagna elettorale che ha portato all’elezione di Milei, la motosega è stata il simbolo del taglio alla spesa pubblica promessa per rilanciare l’economia del Paese.
Il tema del taglio alla spesa pubblica costituisce un terreno comune per Musk e Milei, visto che il primo è stato scelto da Trump proprio con l’intento di attuare un’importante riduzione delle spese del governo. Nel corso dell’ultimo mese, dall’insediamento ufficiale della nuova amministrazione, il Dipartimento che Musk presiede “a metà” con l’imprenditore Vivek Ramaswamy ha licenziato o comunque incentivato all’uscita decine di migliaia di dipendenti di varie agenzie.
Quella messa in atto da Musk, oltre a essere una radicale spending review, di fatto è anche una sorta di purga perpetrata dalla presidenza Trump nei confronti di quello che, tra tanti suoi elettori, è definito il Deep State. Ovvero, l’apparato burocratico e amministrativo che ha un certo potere ostativo nei confronti del presidente statunitense, qualunque esso sia. E che Trump, in più di un’occasione, ha accusato di aver ridotto i suoi margini di manovra durante il primo mandato.
La riconsegna dei primi ostaggi israeliani morti durante la prigionia
In questa settimana Hamas ha riconsegnato i primi quattro corpi di ostaggi catturati durante l’attacco del 7 ottobre 2023 e morti durante i mesi di prigionia nella Striscia di Gaza. Si è trattato di un momento chiave nell’attuazione dell’accordo sul cessate il fuoco stipulato da Hamas e il governo d’Israele, seguito nella giornata di ieri dalla liberazione di ulteriori sei ostaggi in vita; contestualmente a ciò sarebbero dovuti essere liberati oltre 600 detenuti palestinesi, ma Israele ha rallentato il procedimento, facendo riferimento a “motivi di sicurezza”.
Nonostante fosse un passaggio dovuto, la riconsegna degli ostaggi deceduti è stato un momento piuttosto macabro, dove la spettacolarizzazione della morte ha fatto da propaganda. I miliziani di Hamas hanno esposto le bare delle quattro persone su un palco, dove campeggiava anche l’immagine di Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, disegnato come una sorta di vampiro. “Il criminale di guerra Netanyahu e il suo esercito nazista li hanno uccisi con i missili [lanciati] da aerei sionisti”, questa la scritta riportata sotto l’immagine.
Nel frattempo, nonostante il cessate il fuoco, non si ferma la violenza non per forza di tipo “guerresco”. A Gaza, dove il computo totale delle vittime ha superato quota 46mila, nei giorni scorsi è stato denunciato l’uso di un uomo di 80 anni come scudo umano da parte dell’esercito israeliano: secondo quanto ricostruito, l’anziano è stato costretto a perlustrare un’abitazione in cerca di trappole esplosive mentre indossava un laccio che poteva essere fatto deflagrare da remoto. Successivamente, l’uomo e la moglie sono stati costretti a evacuare verso sud, per venir poi uccisi da un altro battaglione dell’esercito israeliano poco dopo.
Navi da guerra cinesi si esercitano vicino all’Australia
Anche chi non si occupa di politica internazionale avrà senz’altro letto o sentito parlare, almeno una volta, del Mar Cinese Meridionale, di quanto quello specchio d’acqua sia centrale nella contesa globale tra Stati Uniti e Cina e della questione di Taiwan. Ecco, negli ultimi giorni, si è aggiunto un ulteriore capitolo.
Al largo della costa orientale dell’Australia, in quello che è il Mare della Tasmania, alcune navi da guerra cinesi hanno svolto diverse esercitazioni militari in due giorni diversi. Ciò ha causato alcuni disagi per i voli commerciali che dovevano transitare da quel tratto, ma non solo: si tratta dell’esercitazione militare cinese che, pur rimanendo in acque internazionali, più si è avvicinata alle coste australiane, ovvero a circa 630 chilometri dalla città di Eden.
Un evento accaduto proprio mentre gli Stati Uniti stavano condannando l’ennesimo episodio che ha innalzato le tensioni nel Mar Cinese Meridionale. Ovvero, un elicottero dell’esercito cinese che per trenta minuti ha sorvolato su un aereo di pattugliamento delle Filippine. Tanto l’Australia quanto le Filippine sono alleati di Washington nel quadrante del sud est asiatico.
Il pezzo della settimana
Spesso e volentieri, a causa anche della sua retorica, ciò che Trump fa sembra - o viene fatto passare per - frutto di follia. Certo, il presidente statunitense non dà la sensazione di essere un freddo calcolatore che si attiene a saldi principi. Credo, però, che per capire le cose sia necessario provare a capirle davvero. Perciò, oltre ai legittimi giudizi di ognuno, vale la pena leggere questo.
La canzone della settimana
La pressione sale, in Ucraina e nel Mar Cinese Meridionale. I due “luoghi” dove, verosimilmente, si deciderà buona parte del futuro imperiale degli Stati Uniti.
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Pietro Mattonai
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