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​Istruzione parentale: triplica in Italia il numero di famiglie che scelgono l’home schooling

Quella dell’istruzione parentale è una tendenza che sembra aver preso sempre più piede anche in Italia.



. — La possibilità di far studiare a casa i propri figli deve apparire comoda agli occhi delle famiglie alle prese con ritmi sempre più serrati, ma a fare la differenza potrebbe essere stata per molti l’opportunità di rendere il percorso formativo davvero su misura per i propri bambini e ragazzi e di spingerli, cioè, a lavorare sulle proprie propensioni e sui propri talenti più di quanto facciano le tabelle ministeriali standard a cui si rifanno i tradizionali programmi scolastici.

Un ruolo non meno importante nel boom di richieste d’istruzione parentale in Italia sembra averlo giocato la pandemia: occuparsi personalmente dell’istruzione dei propri figli, affidarli a insegnanti e tutor privati o persino iscriverli a scuole online deve essere apparsa agli occhi delle famiglie italiane una soluzione migliore di DAD e DID o quantomeno più capace di assicurare una certa “continuità” nell’apprendimento.

A suggerirlo sono i numeri ufficiali. Non molto tempo fa il Ministero dell’Istruzione ha reso noti, infatti, i dati sull’istruzione parentale in Italia riferiti all’anno scolastico 2020/2021. A riprenderli sono state agenzie di stampa come Adnkronos e testate come “Il Sole 24 Ore”, mentre chi fosse interessato trova qui informazioni sull’home schooling e indicazioni pratiche sui requisiti per accedere e come fare la richiesta per l’istruzione parentale.

I numeri ufficiali dell’home schooling in Italia

L’insight più macroscopico è che rispetto all’ultimo anno scolastico pre-covid sono più che triplicati in Italia gli studenti e le famiglie che hanno optato per l’istruzione parentale: erano poco più di 5100 nell’anno scolastico 2018/2019, infatti, e sono aumentati a oltre 15.300 nell’anno scolastico 2020/2021 (con quota 6200 superata nell’anno scolastico intermedio, quello 2019/2020).

I dati del Ministero sembrano confermare un altro tratto tipico di istruzione parentale e home schooling: l’opzione è scelta con più frequenza per i primissimi anni di scuola – e, cioè, con riferimento al sistema scolastico italiano da famiglie con bambini che frequentano le scuole elementari o medie – e meno man mano che ci si sposta verso un grado di istruzione superiore. Secondo i numeri più aggiornati, infatti, oltre diecimila dei quindicimila studenti italiani impegnati in percorsi di istruzione parentale nell’a.s. 2020/2021 erano bambini della scuola elementare, circa 4300 ragazzini della scuola media e solo la restante parte (poco più di 940 alunni) ragazzi delle scuole superiori. Con ogni probabilità è l’appuntamento con l’esame di Stato che scoraggia famiglie e studenti italiani dallo studiare a casa anche alle superiori, oltre all’effettiva difficoltà di un percorso più specialistico e che già per molti versi indirizza verso la professione.

L’analisi in questione manca di dati più qualitativi su come le famiglie italiane si organizzano per l’istruzione parentale, se i genitori si occupano personalmente di seguire i figli nello studio o li affidano a terzi: non ci sono particolari imposizioni in questo senso, infatti, e l’unica richiesta fatta alle famiglie è di poter dimostrare di avere mezzi personali e/o materiali per provvedere autonomamente all’istruzione dei figli.

C’è invece nei dati del Ministero sull’istruzione parentale una sorta di geografia dell’home schooling in Italia: l’istruzione parentale è al momento più diffusa al Nord – la Lombardia è la regione in testa con oltre 2200 homeschooler sul totale – e meno al Sud e nelle Isole.


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