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martedì 07 ottobre 2025

LE PREGIATE PENNE — il Blog di Pierantonio Pardi

Pierantonio Pardi

Pierantonio Pardi ha insegnato letteratura italiana all’ITAS “ Santoni” di Pisa fino alla pensione. Il suo esordio narrativo è stato nel 1975 con il romanzo "Testimone il vino" , ristampato nel 2023 sempre dalla Felici Editore, nel 1983 esce "Bailamme" (ristampato nel 2022 con Porto Seguro editore). Negli anni seguenti ha pubblicato come coautore “Le vie del meraviglioso” (Loescher,1966), “Il filo d’Arianna (ETS, 1999) e da solo “Cicli e tricicli” (ETS 2002), “Graaande …prof (ETS, 2005) e “Il baffo e la bestia” (ETS 2021), "Erotiche alchimie" (ETS,2024) e "La disgrazia di chiamarsi Lulù" (Felici Editore, 2024). Ha curato l’antologia “Cento di questi sogni” (MdS, 2016) ed è direttore editoriale della collana di narrativa “Incipit” (ETS)

Il seminarista

di Pierantonio Pardi - martedì 07 ottobre 2025 ore 08:00

“Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell’interiorità abita la verità” S. Agostino

“La movida dei santi e dei folli” è un romanzo originale, che affronta e analizza in modo inedito uno dei temi di grande attualità, in ambito ecclesiastico: la crisi delle vocazioni, e lo fa, raccontandoci la storia del seminarista Antonino Elia che, tra mille conflitti, cerca di trovare la “sua” verità, nell’accezione agostiniana.

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E ora, come di consueto, un breve plot del romanzo (dalla seconda di copertina) :

Per Antonino Elia, ventiquattrenne calabrese, cresciuto nel rispetto delle tradizioni e del silenzio, arrivare a Firenze è come sbarcare su un altro pianeta. Il nome che porta – e che detesta – è solo il primo segno di un’identità che non gli appartiene più. Ha scelto di farsi prete, e il seminario è quasi finito. Eppure, tra le canzoni eversive che ascolta di nascosto e i fiorentini che bestemmiano di continuo, le sue certezze cominciano a vacillare. In questa città sfacciata Antonino incontra una ragazza dai ricci rossi che entra in chiesa di nascosto. E’ misteriosa, schiva, a tratti fragile … ed è l’unica in grado di tenere in vita la sua fede morente. Ma chi è davvero? E perché ha così paura dell’Arno? “La movida dei santi e dei folli” è un romanzo nostalgico e ironico, un caleidoscopio di personaggi segreti e contraddizioni che ci riporta a un Italia sospesa tra il trauma degli anni di piombo e il fermento di un nuovo decennio. Tra misteri familiari e dialoghi spiazzanti, la storia di Antonino è anche la storia di una generazione disillusa in cerca di salvezza.

Sulla crisi delle vocazioni, tema centrale di questo romanzo, un prete, Luisito Bianchi , aveva già scritto nel 2013 un romanzo dal titolo “Il seminarista”, seguito poi l’anno successivo dal film omonimo, ma solo nel titolo, di Gabriele Cecconi. Nel libro di Luisito Bianchi il giovane protagonista passa dall’ingenuità dell’infanzia all’inquietudine della sua giovinezza, lungo uno dei periodi più tragici della storia italiana: dalla vigilia della guerra fin nel pieno della Resistenza ai nazifascisti. Il fuoco del racconto è il dilemma tra la fedeltà a una vocazione che sembra recidere dal mondo reale e il bisogno di partecipare alla storia del proprio tempo.

Forti le corrispondenze con la storia di Antonino, immerso anche lui in una dimensione storica che inizia con la strage di Bologna e dà il via a quelli che poi saranno gli anni di piombo.

Nel suo percorso all’interno del seminario fiorentino e fuori, nella città, dove scopre che la bestemmia è l’intercalare consueto del linguaggio parlato dai fiorentini, da cui ricava una prima “scossa blasfema”, Antonino godrà però di un privilegio raro, perché, grazie al quadro posto nella sua cameretta che raffigura Maria Maddalena, lui ogni sera si immagina di parlare con la santa, che diventa così la sua “analista” di riferimento. Ecco, un estratto del suo primo dialogo, dove a parlare è Maria Maddalena:

Bene, il nostro tempo oggi è scaduto. Abbiamo tuttavia raggiunto un buon punto su cui riflettere: la tua vocazione. Dovresti fare il piccolo sforzo di ricordare il momento in cui hai sentito la chiamata di Dio. Ci vediamo alla prossima, Santino”

“Aspetta! Ma cosa …?”

“Alla prossima ho detto!” chiuse lei tornando a mirare lo sguardo verso la risurrezione di Cristo.

Provare a rammentare la sua vocazione gli fece passare un sonno inquieto. Scoprì che non era più in grado di ricordarla.

Il dubbio sarà una costante per Antonino. Dubbio che assume un’ ulteriore consistenza quando, riunito con altra gente, ad ascoltare i sermoni di don Mauro, viene folgorato da un’insolita presenza:

Ebbe una scossa. Una ragazza dai lunghi capelli rossi, appena dietro faceva capolino tra la calca. I suoi ricci voluminosi incorniciavano un viso perfettamente ovale, la pelle candida come l’inverno.

E, quando Don Mauro, concludendo il suo sermone sull’amore, inviterà i presenti a guardare negli occhi qualcuno, lo sguardo di Antonino incontrerà gli occhi di quella ragazza il cui nome è Beatrice e lui, come Dante, rimarrà folgorato e fortemente turbato.

Il percorso di formazione che porterà Agostino a diventare prete è costellato da una serie di corto circuiti che, con sequenze alternate, lo porteranno a vacillare sempre di più.

In realtà questa Beatrice, che solo vagamente ha un’aura stilnovista, è una ragazza completamente fuori di testa, in preda a traumi legati al suicidio della madre (ma fu suicidio?) a un rapporto incestuoso col padre, il prof. Geremia che lei identificherà con il Messia, dopo che sarà rimasta incinta di lui un lui a cui, in un delirio progressivo taglierà la gola. Ma tutto questo Antonino non poteva saperlo, all’ inizio, così come non sa ben decodificare quello che prova per lei: sarà attrazione sessuale? Del resto lo stesso Sant’Agostino era consapevole delle sfide del desiderio sessuale, tanto che da giovane pronunciò la preghiera: “Fammi casto e continente, ma non ancora”. Ma tutto ciò non impedirà ad Antonino di lanciarsi in Arno a salvare Beatrice, dopo che lei vi si è volontariamente gettata.

Sarà Marta, invece, la sorella di Beatrice, meno mistica e decisamente più prosaica a creare un nuovo corto circuito in Antonino scaraventandolo nel mondo reale, contemporaneo, meno astruso e mistico di quello del seminario, ironizzando anche sulla sua sessualità:

Sì ma dal punto di vista sessuale, che fai? Smetti proprio di farti le prugnette?

Ma che cazzo …

Ho letto su “Due più” che è fisiologico per un uomo spargere il seme, così com’è naturale per una donna volerlo custodire. Infatti parte sempre da noi l’iniziativa di metter su famiglia. Ma da voi uomini, ecco. A voi basta solo ingravidare la prima che capita.

Io non ho mai ingravidato nessuna e non ho intenzione di farlo né ora né mai

Perché? Sei speciale?

La mia vocazione!

Dev’essere proprio una bella vocazione se ti fa rinunciare a una semplice scopata.

Poi c’ è Amerigo, il ragazzino cieco a cui Antonino su richiesta di Don Oreste dovrà insegnare a leggere in Braille e scopriremo solo alla fine del romanzo che Antonino poteva farlo, perché era stato cieco a sua volta e poi, miracolosamente, aveva riacquistato la vista e da qui, da quel miracolo, l’idea di farsi prete e di imparare il braille.

E l’idea di Salvatore, il fratello di Antonino di portare in Tivù la storia di Antonino che insegna ad Amerigo a leggere in braille, il tutto per pubblicizzare il Convento.

Alla fine, il colpo di scena, con Antonino che scopre che Amerigo non è cieco, che è tutta una montatura organizzata dal fratello con la complicità dei preti e quindi, quando i seminaristi a raccolta davanti al vescovo De Angelis dovranno recitare la formula “Eccomi” per diventare preti, Antonino dirà davanti al vescovo allibito che lui deve andare a fare una telefonata e se ne va. Telefonerà a Leo, il padre, che non era presente alla cerimonia e, parlando a lungo con lui, dopo avergli dato dello stronzo, perché se ne era andato con l’amante, lasciando moglie e figli, ci si riconcilierà.

Il romanzo ha un finale aperto con Marta che va a trovare Beatrice in manicomio e Antonino che, pronunciando una bestemmia apotropaica ha finalmente capito di non essere tagliato per fare il prete.

In epigrafe ad ogni capitolo sono riportati i nomi di vari santi che, per un verso o un altro, hanno attinenza con quanto si narra nel capitolo.

E, per finire, una riflessione sul termine movida che deriva, è vero dallo spagnolo movér, ma ancora prima dal latino movère che significa muoversi, ma anche rimuovere, ed è questo il senso di questa movida narrata nel romanzo; la rimozione di un’idea bislacca: quella di farsi prete!

Gambineri ha scritto un complesso romanzo di formazione, utilizzando vari registri linguistici, dall’ ironico al tragico, facendo interagire Antonino con un sistema di personaggi eterogenei: i seminaristi con le varie tipologie caratteriali, ma sarà Cecco, uno di loro,

a procurargli un ulteriore corto circuito, i preti nelle varie gerarchie, dai più spontanei, agli ipocriti e opportunisti, le ragazze, Beatrice e Marta e sarà quest’ultima a frantumare definitivamente gli ultimi residui scampoli di vocazione di Antonino, Amerigo e la madre Ginevra, sensuale e cinica, Salvatore, il fratello yuppie, narcisista e ruffiano, la madre e la sorella, figure neutre, insignificanti, Geremia, il professore, padre e amante di Beatrice e Leo, il padre ribelle che infrange gli schemi stereotipati della famiglia borghese in cui alla fine Antonino si identifica di più .

E infine le canzoni, dagli Hollies a Ivan Graziani, dagli Aphrodites Child a Dalida, Bob Dylan … a fare da colonna sonora …

Sant'Agostino era consapevole delle sfide del desiderio sessuale. Da giovane, pronunciò la preghiera "fammi casto e continente, ma non ancora".

Pierantonio Pardi

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