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Lavoro giovedì 09 luglio 2020 ore 18:00

Covid, crollano i fatturati, Arezzo e Prato le province più in crisi

foto di repertorio

Commercialisti: nei primi 6 mesi del 2020 perdite in Italia per 280 miliardi di euro. In 8 province toscane su 10 calo superiore alla media nazionale



TOSCANA —

Fatturato in caduta libera nel primo semestre 2020 per le aziende italiane, con una perdita media, a livello nazionale, del 19,7%, equivalente a circa 280 miliardi di euro.

Il dato emerge dall’analisi della Fondazione Nazionale dei Commercialisti che ha misurato l’impatto dell’emergenza Covid-19 e del lockdown sul fatturato delle società di capitali (spa e srl) nei primi sei mesi dell’anno.

In Toscana 8 province toscane su 10 hanno registrati perdite superiore alla media nazionale. Quella in maggiore sofferenza è Arezzo con un calo del fatturato del 27,2%. Seguono:

- Prato: -25,3%

- Pisa: -24,2%

- Massa Carrara: -22,8%

- Pistoia: -22,5%

- Firenze: -22,7%

- Lucca: -21%

- Grosseto: -20,3%

- Livorno: -19%

- Siena: -17,8%

A livello nazionale tra le province che accusano maggiormente gli effetti della pandemia troviamo  Potenza (-29,1%), Fermo (-26,3%), Chieti (-25,8%). Quelle che reggono peggio sono  Siracusa (-13,7%), Cagliari (-13,8%), Roma (-16,1%), Genova (-16,5%) e Trieste (16,7%).

Le prime 10 province italiane per perdita di fatturato


Province

VAR VAR %
1 Potenza -1.345.023 -29,1%
2 Arezzo -2.130.648 -27,2%
3 Fermo -599.902 -26,3%
4 Chieti -1.899.450 -25,8%
5 Prato -1.175.646 -25,3%
6 Pordenone -1.668.595 -25,3%
7 Pesaro e Urbino -1.499.230 -25,0%
8 Lecco -1.852.282 -24,8%
9 Terni -691.224 -24,7%
10 Biella -765.987 -24,5%

A livello di macroarea la maggior sofferenza si avverte nel Nord-Est (-21,3%), mentre le isole (-17,6%) fanno registrare la minor perdita in termini di variazione percentuale. Nel dettaglio emerge come nel solo mese di Aprile, l'unico ad essere sottoposto interamente agli effetti della fase 1 del lockdown, la perdita di fatturato calcolata sulla base delle simulazioni descritte è pari a 93 miliardi di euro (-39,1%).

Tabella Simulazioni fatturato primo semestre 2020 società di capitali e variazioni annuali

MACROAREE 2020 2019 VAR VAR %
NORD-EST 253.583.863 322.064.990 -68.481.127 -21,3%
NORD-OVEST 488.347.999 606.833.534 -118.485.535 -19,5%
CENTRO 279.567.872 342.009.069 -62.441.197 -18,3%
SUD
84.934.829 107.846.051 -22.911.221 -21,2%
ISOLE 33.653.748 40.840.551 -7.186.803 -17,6%
ITALIA 1.140.088.310 1.419.594.194 -279.505.884 -19,7%

Le differenze territoriali riflettono la diversa struttura produttiva territoriale. In particolare, il fatturato delle società di capitali dell’industria e di quelle del commercio, complessivamente prese, pesa per il 69% sul fatturato totale. Inoltre, nel corso della fase 1 del lockdown, il fatturato delle società appartenenti ai settori chiusi per decreto è stato pari a 41,2% per l’industria e 43,9% per il commercio, con molti sottosettori con valori anche pari al 100% (ad esempio l’intero comparto automobilistico).

“Quella che emerge dalle nostre simulazioni sulla perdita di fatturato delle società di capitali italiane nel primo semestre dell’anno - ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani - è una cifra impressionante che non può non destare enorme preoccupazione per il destino delle imprese italiane”.

“Adesso è urgente intervenire per spingere la ripresa, sia con interventi di alleggerimento della pressione finanziaria sulle imprese, a partire dal versante fiscale, sia con interventi che rafforzino il clima di sicurezza generale e quello più specifico nei settori produttivi - ha aggiunto Miani - Non ci sembra appropriato l’eventuale intervento sull’Iva, oneroso per il bilancio pubblico ma molto poco stimolante per la ripresa di consumi e investimenti, mentre molto importanti appaiono gli interventi di stimolazione produttiva come l’ecobonus al 110%, a patto però che vengano lanciati velocemente in un quadro regolatorio il più chiaro e trasparente possibile”.

Oltre a ciò, secondo Miani “sarà fondamentale disegnare nel medio periodo una riforma fiscale che completando il riequilibrio ormai interrotto tra la tassazione sul lavoro e quella sui consumi, riduca la pressione fiscale sul ceto medio e sui giovani, così da favorire sia un accrescimento del reddito spendibile da parte delle famiglie con figli, che hanno una più elevata propensione al consumo, sia incentivando la propensione a lavorare delle fasce più deboli e l’emersione del nero”.


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