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Attualità lunedì 12 settembre 2022 ore 17:50

​Covid e danni al cervello, la conferma in Toscana

Un reparto Covid
Un reparto Covid

Lo studio di un gruppo di medici del S.Stefano evidenzia alterazioni della funzione neuronale. Ecco dopo quanti mesi la situazione migliora



PRATO — Una nuova importante conferma delle conseguenze sul cervello dell'infezione da SarsCov2 sono arrivate da uno studio condotto su pazienti con sintomi neurologici da Covid19 da un team di medici delle strutture di Medicina Nucleare e di Neurologia dell’Ospedale Santo Stefano. Lo studio è stato pubblicato sul prestigioso European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging.

Secondo il gruppo di medici e ricercatori toscani, "il Covid-19 può determinare importanti alterazioni della funzione neuronale cerebrale, in particolare nelle regioni frontali durante la fase acuta della malattia, e tali alterazioni si riducono nel tempo fino quasi a scomparire a partire dal terzo mese dall’infezione - si legge nell'articolo - Oltre all’interessamento di altri apparati come quello respiratorio, sono sempre più numerose le evidenze che il Covid19 possa penetrare nel sistema nervoso centrale determinando riduzioni della funzione neuronale alla base della sintomatologia neurologica osservata in questi pazienti".

Questi sintomi possano essere severi durante la fase acuta di malattia e persistere in forma più lieve nei pazienti long-Covid sottoforma di "affaticamento, nebbia nel cervello, disturbi di memoria e del sonno, ansia, depressione".

"Il nostro obiettivo è stato quello di capire quali sono le zone del cervello che il virus colpisce in modo preferenziale nei pazienti con infezione da SarS-CoV2 con sintomi neurologici di nuova insorgenza  - ha spiegato in una nota Stelvio Sestini, direttore della struttura complessa di Medicina Nucleare del Santo Stefano - e come evolve nel tempo il danno neuronale dalla fase acuta alla fase cronica (circa 9 mesi), cosa mai dimostrata fino ad oggi”

I ricercatori hanno utilizzato una tecnica di imaging bio-molecolare chiamata Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) in grado di fornire una fotografia tridimensionale della funzione dei neuroni cerebrali proprio per distinguere le zone del cervello che funzionano bene da quelle che non funzionano. La Medicina nucleare del Santo Stefano durante la fase più acuta della pandemia è stato organizzato un percorso ad hoc per pazienti Covid19 che avevano necessità di eseguire un'indagine di medicina nucleare.

I risultati dello studio hanno dimostrato come la fase acuta dei pazienti con neuro-Covid19 sia caratterizzata da "una importante e diffusa riduzione della funzione neuronale, associata a gravi sintomi neurologici, e che tale fase è seguita da un progressivo recupero della funzionalità cerebrale associato a miglioramento dei sintomi, in particolare della memoria e delle funzioni esecutive, a partire dal terzo mese dall’inizio della infezione".

Nello specifico, come hanno spiegato le prime autrici dello studio, le dottoresse Anna Lisa Martini, dirigente medico di Medicina Nucleare, e Giulia Carli della divisione di Neuroscienze-IRCCS San Raffaele Milano-University Medical Center di Groningen, "il bersaglio del virus è rappresentato dalle regioni frontali, presumibilmente da trasmissione dell'infezione attraverso le vie olfattive, mentre la riduzione funzionale osservata nelle restanti regioni cerebrali potrebbe dipendere da altre vie di propagazione del virus come quella ematica, oltre che dalla azione sinergica dell’ infiammazione e dalla riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello". 

"E’ stato rilevato che la riduzione della funzione neuronale è più severa in quei pazienti che hanno avuto necessità di ventilazione meccanica e che hanno presentato indici più elevati di flogosi e di massa corporea" concludono le due ricercatrici.

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