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Attualità venerdì 20 settembre 2024 ore 17:08

Ricostruito il genoma di un bambino vissuto 17mila anni fa

Un gruppo di ricerca guidato dalle Università di Firenze, Siena e Bologna ha ricostruito la sua storia biologica partendo dai resti trovati in Puglia



FIRENZE — Occhi azzurri, pelle d’ebano e capelli ricci e scuri. E' la "fotografia" di un bambino vissuto 17mila anni fa in Sud Italia e la cui storia biologica è stata ricostruita da un gruppo di ricerca internazionale guidato dalle Università di Firenze, Bologna e Siena.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature Communications, hanno permesso di ricostruire con elevata precisione lo sviluppo e le caratteristiche biologiche del bambino, vissuto nel Paleolitio superiore e morto all'età di circa 16,5 mesi.

I resti scheletrici sono stati scoperti dall'università di Siena negli anni ‘90 nel sito archeologico di Grotta delle Mura, in Puglia, e sono tra i pochi scheletri infantili del Paleolitico Superiore così ben preservati.

Oltre a ricostruire la storia biologica del bambino e le possibili cause della morte precoce, lo studio, spiega David Caramelli, Professore di Antropologia dell’Università di Firenze "Ha portato alla ricostruzione del genoma più antico in Italia, rivelando significativi cambiamenti nella popolazione dell'Italia meridionale alla fine dell'ultimo massimo glaciale, con l'arrivo di gruppi provenienti dai Balcani, i quali hanno colonizzato l’Italia da Nord-Est per poi scendere verso le regioni più meridionali della penisola".

Non solo: la ricerca, come sottolinea Stefano Benazzi, Professore di Antropologia Fisica all'Università di Bologna, ha consentito anche di raccogliere informazioni sulla madre e sui gruppi di cacciatori-raccoglitori dell'epoca.

Le analisi antropologiche condotte dall'Università di Siena hanno fornito la base per comprendere lo sviluppo fisico del bambino. "La combinazione di queste diverse metodologie ci ha permesso di ricostruire con una precisione senza precedenti la vita e la morte di questo bambino", afferma Stefano Ricci, dell’Università di Siena.

Le analisi genetiche, condotte dal team dell’Università di Firenze, hanno giocato un ruolo fondamentale nella ricostruzione del suo profilo biologico. Utilizzando pochi milligrammi di polvere di osso prelevata dalla rocca petrosa, una porzione dell’osso temporale del cranio nota per la sua eccellente conservazione del Dna anche in reperti così antichi, è stato possibile ricostruire il genoma quasi completo del bambino.

“I geni suggeriscono che il bambino, di sesso maschile, avesse occhi azzurri, pelle d’ebano e capelli ricci e scuri, un mix di caratteri piuttosto frequente nelle popolazioni dell’Europa centrale e sud-occidentale del periodo. Inoltre, l’analisi genetica ha evidenziato una stretta parentela tra i genitori del bambino, suggerendo che fossero probabilmente cugini di primo grado, un fenomeno riscontrato di rado nel Paleolitico, ma più comune durante il Neolitico”, spiega la Dott.ssa Alessandra Modi, dell’Università di Firenze, coautore della ricerca assieme al Dott. Owen A. Higgins dell’Università di Bologna.

Le analisi istologiche, condotte all'Università di Bologna, hanno esaminato in dettaglio lo sviluppo dentale dell'infante attraverso la realizzazione di sezioni sottili di due denti e l’osservazione della loro microstruttura al microscopio. Questo approccio ha permesso di identificare eventi di stress fisiologico durante la vita del bambino. “L'analisi paleoistologica offre un quadro dello sviluppo e dei bioritmi odontogenici durante la fase fetale e l’infanzia, essenziali per comprendere i cambiamenti nelle tempistiche dello sviluppo dentale nel corso dell’evoluzione della nostra specie- spiega il Dott. Owen A. Higgins, dell’Università di Bologna - Le analisi hanno rivelato uno sviluppo leggermente più precoce rispetto alla media delle popolazioni europee moderne e almeno nove episodi di stress fisiologico, tre dei quali verificatisi durante la vita intrauterina. La presenza di un alto numero di marcatori di stress è coerente con i risultati genetici, che suggeriscono che il bambino fosse probabilmente affetto da cardiomiopatia ipertrofica, una malattia cardiaca congenita associata a morte improvvisa nei giovani”.


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