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Attualità martedì 17 gennaio 2023 ore 14:00

Allevamenti in crisi, uno su 10 a rischio chiusura

mucca e maiale

Solo per i bovini le aziende in 10 anni si sono quasi dimezzate, con perdita di oltre 13.000 capi. Motivo? L'esplosione dei costi di produzione



TOSCANA — Nella vecchia fattoria toscana gli animali ci sono tutti, compresi 67 struzzi. Gli allevatori però sono in ginocchio per via dell'esplosione dei costi di produzione, al punto che quasi una stalla su 10 (il 9%) è in una situazione talmente critica da rischiare la chiusura. A lanciare l'allarme nel giorno di Sant'Antonio Abate patrono degli animali è Coldiretti Toscana che intravede rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. 

In Toscana, secondo una analisi dell’anagrafe del sistema informativo veterinario nazionale, in un decennio è sparito quasi un allevamento bovino su due (46%) con perdita di patrimonio zootecnico per oltre 13mila capi.

Ad oggi in Toscana secondo i dati Istat rilevati dall'associazione degli agricoltori e allevatori sono presenti 91.931 bovini, 961 bufalini, 19.107 caprini, 357.341 ovini, 108.045 suini, 8.913 equini, 123.590 conigli, 67 struzzi, 2.082.045 avicoli, a testimonianza di quanto importante sia l'allevamento. In Toscana il comparto economico contribuisce con 500 milioni di euro di valore aggiunto all’intera produzione agricola regionale grazie al lavoro e al sacrificio di 13mila aziende.

L’emergenza economica mette a rischio la stabilità della rete zootecnica. A strozzare gli allevatori è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. 

A tutto questo si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina e le mattanze dei predatori nelle campagne.

E da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle stalle toscane con una ventina di razze considerate in pericolo "come la cinta senese, la maremmana, la garfagnina, la pontremolese, la Calvana, il Mucco pisano e la romagnola tra i bovini". Non solo: "Tra gli ovini la Pomarancina, la Zerasca, l’Appenninica, la Garfagnina Bianca, la pecora dell’Amiata, la capra della Garfagnana e la capra di Montecristo mentre tra gli equini il cavallo maremmano, l’appenninico, il bardigiano, il cavallino di Monterufoli e l’asino dell’Amiata". 

Le razze autoctone, certo, ma anche tutto il patrimonio caseario regionale che portano con sé come il Pecorino delle Balze Volterrane Dop ed il Pecorino Toscano Dop e 34 formaggi tipici censiti: “Quando una stalla chiude – conclude Coldiretti Toscana - si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.


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