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​Forse siamo troppo liberi

di - venerdì 21 luglio 2023 ore 08:00

Sono giorni che ci penso e ci ripenso, ma no, non riesco a non commentare ciò che sta accadendo attorno a noi.

La violenza, la libertà di aggredire verbalmente e fisicamente, la mancanza di rispetto del prossimo stanno diventando pane quotidiano, spesso, purtroppo, legittimate anche dalla Legge, che dovrebbe, invece, tutelare ognuno di noi.

Palpeggiare una ragazza, ma direi, palpeggiare una persona, contro la sua volontà, per dieci secondi non è reato. Voi avete presente quanto possono durare dieci secondi quando subisci un’ingiustizia? Sono eterni. Se attraversi un incrocio dieci secondi dopo che è scattato il rosso, vieni sonoramente (e giustamente) sanzionato, ma se palpeggi qualcuno, quei dici secondi, ha detto un Giudice, non sono reato.

Altro caso, a mio avviso agghiacciante, quello del femminicidio cruento di Carol Marchesi, avvenuto a gennaio 2022. Lui, Davide Fontana, reo confesso, non ha avuto l’ergastolo ma è stato condannato a trenta anni di carcere perché il gesto non è stato considerato crudele e lui era stato vittima della donna molto disinibita (quindi colpevole della sua stessa morte?!). Il corpo è stato trovato smembrato due mesi più tardi dall’omicidio ed evidenziava traumi da colpi, cranio fracassato, taglio della gola e tentativo di combustione. Ma questo non è un omicidio considerato abbastanza crudele da aggiudicarsi una pena esemplare.

Fatto di cronaca recente, cronisti Rai (televisione di Stato), che, durante una gara di tuffi, si permettono di fare commenti sessiti verso le atlete “molto grosse”, ma che “a letto sono tutte alte uguali”, e suonano l’arpa al suono di “si-la-do”. Roba che sembra inverosimile, tanto è grave. I due sono stati sospesi, ma, alla luce dei fatti sopra descritti, viene da chiedersi quali conseguenze pagheranno mai.

Ci sono violenze sessuali in cui l’opinione pubblica e l’atteggiamento di chi dovrebbe trovare la verità, sembrano puntare il dito sulla colpevolezza dell’abusata piuttosto che sull’abusante. Magari lei era sotto effetto di sostanze, quindi se l’è cercata. No, no e poi no! Se era sotto effetto di sostanze, era evidentemente incapace di intendere e volere, quindi non può aver acconsentito a niente! E poi come era vestita, sì perché la Corte di Cassazione, alla fine degli anni ‘90, se ne uscì con una sentenza di assoluzione di un uomo perché la donna, che lo aveva denunciato di stupro, indossava i jeans, abbigliamento che “non può essere sfilato senza la fattiva collaborazione di chi lo porta”.

Perché oggi vi parlo di tutto questo? Perchè credo fermamente che tollerare e normalizzare atti di violenza non faccia altro che alimentare il loro perpetrarsi nel tempo. Serve una forte educazione affettiva, che dia modo ai bambini di oggi di crescere con principi che non siano solo quello della libertà di fare ciò che vogliono quando vogliono. E serve che ci mettano la faccia le istituzioni che dovrebbero tutelarci come cittadini, ma serve anche che ci mettiamo la faccia tutti, smettendo di voltarci dall’altra parte ogni volta che vediamo una mancanza di rispetto, anche se non riguarda noi, riguarda il genere umano, e dovremmo avere più a cuore, a mio parere, i nostri simili.

Invece sembra che ci sia la gara a prendere le distanze, piuttosto che ad entrare in empatia, le vittime sono manipolatrici, e i carnefici hanno attenuanti. Questa logica del gioco è corrosiva e pericolosa, facciamo attenzione, preoccupiamoci ed aiutiamo i ragazzi ad affrontare il loro divenire con una reale capacità di empatizzare.

Non perdiamo questa occasione!