domenica 14 marzo 2021 ore 15:00
TU
Poesie (2018-’20) di Nicola Belcari
. — Le liriche si rivolgono a un “tu” che è l’amico, l’idealizzazione della bellezza femminile, la persona di un incontro… ma più spesso è se stesso. Il tu pronome personale è il soggetto sottinteso di una “vocatio”. E se parlare all’altro chiamandolo all’ascolto esprime un bisogno di comunicare, parlare a se stessi rivela invece la difficoltà di farlo, l’incapacità di stabilire un contatto.
INDICE
- SENZA SAPERE
- NINFA
- IL PRESENTE
- AMO
- SCAPPARE
- NOI
- NON PIU'
- PARCHEGGIO
- PRIMAVERA
- FRANCESCO
- PERDERE SE'
- INVECCHIARE
- TU, L'ALTRO
- UN'ALTRA VITA
- ORA
- ABBONDIO
- VENEZIA
- VELENO
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SENZA SAPERE
Morremo senza sapere
la fine
lo scopo
che cosa sia la vita
cupo destino
credendo sapere
ma sgomenti
e pieni di terrore
del tuono, del chiarore del fulmine
che annuncia la morte
dopo aver trovato pace
solo nella notte
sopitrice del dolore.
Morrò come vivo
senza sapere.
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NINFA
Non hai né padre né madre,
sei tu figlia d'una pianta
com'è del ciliegio il fiore,
sorella sei della rosa
sbocciata fra rovi neri
un giorno di primavera.
Non hai né madre né padre,
apparsa com'erba nuova
al sole gentile, tenera;
da umane sembianze pura
finché questo dolce tempo
d’aprile non passa e muta.
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IL PRESENTE
Io sono egoista.
Tu sei indifferente.
Egli è malvagio.
Noi siamo ipocriti.
Voi siete "voi".
Essi sono stupidi.
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AMO
Amo il bambino che fui.
Amo il giovane che ero.
Amo il vecchio che sono stato.
Non ho mai amato me stesso.
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SCAPPARE
Sognavamo di scappare
ma siamo rimasti
e ora sappiamo che un altrove non c’era,
ma il sogno, quello l’abbiamo perso
e un rimpianto resta.
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NOI
Noi vecchi sapienti,
noi nati poveri,
e loro: giovani infelici,
e loro: fuorilegge, prostitute, mendicanti…
noi tutti,
noi soli,
noi lo sappiamo.
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NON PIU'
Lascia svanire il ricordo
di altri giorni
lascia svanire la bellezza
di un lontano passato
come la vita
la rosa appassisce
la stella si spenge
all'alba di un mattino nuovo
e non tornerà a splendere per te
che domani non ci sarai.
Ma la luna sul lago vedrai mai?
e quell'incontro che non c'è stato?
____________
PARCHEGGIO
Uomo, tu sciupi la tua gioventù
in un posto qualunque
scelto dal caso,
come un cane randagio;
dall’asfalto d’un piazzale (assolato,
o sferzato dal vento,
o grigio dalla pioggia)
al tugurio dove trovi rifugio,
con altri come te;
a covare l’istinto di ucciderti?
o di uccidere me o un tuo sventurato
compagno di parcheggio?
___________
PRIMAVERA
Il melo torna a fiorire,
così la vita rinasce
da giorni dolorosi e senza scopo.
So solo muto ammirare il miracolo.
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FRANCESCO
T’ho voluto bene
già in anni lontani.
Mi ricambiavi?
Il bisogno di saperlo…
Credo di sì…
E per esserne certo?
Attraverso parole? quali?
che possono placare un tormento?
È vero? Almeno un poco?
Leggerlo negli occhi?
Nel sogno il tuo sguardo era altrove.
Non c’è stato il tempo per rivolgerlo al mio.
Nella penombra ho cercato tracce,
di altri attimi del sogno,
oltre l’ultimo momento, prima che svanissero,
prima che la luce della realtà, povera e spietata,
li cancellasse del tutto.
E' in me soltanto questo fantasma?
Comunque? prima? dopo?
Euridice non è mai stata al fianco di Orfeo.
Era un fantasma della mente,
destinato a svanire al risveglio,
come il sogno che dilegua.
Euridice torna nell’Ade,
là da dove non è mai uscita,
il suo ricordo, che sembrava riprendere corpo e vita,
torna solo un doloroso ricordo.
______________
PERDERE SE'
Vorrei chiudere gli occhi
sul solito niente,
sui fiori bianchi del melo,
perdere il corpo
perdere sé nel buio,
nella luce,
come l'acqua scorre dolce,
come la carezza dell'aria
al soffio del tempo che ritorna.
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INVECCHIARE
Non si può invecchiare senza soffrire
dopo essere stati giovani.
Cosa resta?
Di un mare immenso senza il ricordo,
pare niente e invece per sempre,
rari momenti,
sfocate immagini attraversate dagli anni,
non vergini come improvvise rivelazioni
la nebbia di mattine in estate
sui campi per i sentieri,
ore silenziose sotto le acacie
al solo rumore delle cicale,
con quali pensieri?
Ore solitarie nella penombra,
con quali pensieri?
Case abbandonate circondate dal verde,
l’arco rimasto d’una villa diruta tra i bambù.
Tradotte in poesie nei dipinti,
acerbi, insuperati, definitivi.
___________
TU, L'ALTRO
Tu, l'altro
quel tu chi è?
È terribile
quel tu sei tu
sono io
a quindici anni
e anche dopo, altre volte
non qualsiasi tra le tante
del passato
di cui il ricordo è perso
sepolto dal tempo
lungo e penoso
fino a ora, a questo giorno
di misera sopravvivenza.
È un amore che s'insinua
nelle pieghe del ricordo
sfuggente
con una pena sottile
che fa soffrire,
è l'amore inutile di sé,
arido e secco
come una pianta morta,
nobile se non amato,
strazio di vivere
senza sapere, senza valore,
senza pace, senza via d'uscita,
né di dare, né di ricevere,
insensato.
Tormentato
da immagini indefinite,
indistinte,
confuso
di un momento e un suo pensiero,
di un ricordo di un ricordo,
indeciso vagare,
non si può trattenere,
impossibile è il ritorno.
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UN'ALTRA VITA
Un'altra vita? Era possibile?
È una prigione, questa,
all'idea di una scelta sbagliata,
d'aver tradito una vocazione,
un sogno, un sentimento.
Come sopportare il ricordo?
(degli altri amati che non ci sono più)
La pena più forte, straziante e immedicabile,
è per sé, quell'io che non è più;
vedersi in un altro tempo,
di un'altra età,
sapendo l'accaduto
di un dopo immodificabile,
senza poter portare aiuto,
vedersi indifeso,
col tempo a venire segnato,
gravato dal destino, dal caso.
Eppure sarebbe stato possibile salvarsi,
sfuggire, se allora avessi capito.
Guai, pensare d'essere un'altra persona,
diversa da quella che fui.
Sollevare la melma del fondo
offusca la vista, confonde l’oggi,
il passato.
Con la stanchezza della vecchiaia,
s'è visto troppi morire,
in balia di paure, d’un dolore, d’un rimpianto,
è il sonno, trovare pace,
una tentazione.
Un'altra vita ora che questa è trascorsa
può solo apparire migliore.
Succede di guardarsi, una volta,
è un amaro abbandono
che non si può proibire...
così però… è finita.
_______
ORA
Chi conobbi, chi amai senza saperlo
sempre più spesso mi fa visita.
Sono un rifugio quelle terre, i campi
ornati di macchie, gli alberi belli.
Non è il dolore di un ritorno
è patire di non poter tornare.
Troppo tardi a stringere…
troppo tardi per stringere a sé…
è essere senza.
Questa non è nostalgia d’allora
ma duro vivere
è la pena di non aver capito, da scontare,
di quel che non avendo dato, ora manca.
Foglie erbe fiori, travolti,
rinascono, sempre uguali, mai uguali.
Il dono negato m’è negato
Il bene misero mi lascia misero,
senza colpa, l’arido cuore ignaro.
La nostalgia, questa nostalgia
non è il segno d’una malattia,
m’appare me stesso come un dio
e gli altri non sono loro,
hanno aspetto umano ma sono dèi immortali,
quel corteo di donne che sembravano belle
non erano tali,
l’amore dava sembianza sovrumana,
scioglieva il pensiero.
L’oggi è meschino, povero e stupido
e può essere solo così,
una triste condanna sarebbe
fermare il tempo,
in un eterno presente.
Oscura tragedia senza rimedio
non è il tempo che passa,
è la morte che porta
e prima la vecchiaia che la chiama.
Cosa sarà domani?
Paura e speranza soltanto.
Non c’è mai stato un domani
solo ciò che è stato esiste.
L’ora presente è un cane che abbaia,
senza coscienza.
È quel che il caso ha voluto
il giorno medesimo
in un momento, un attimo
che pare dare ancora sapore alla vita.
Dolce al palato è l’acre limone
quando s’è sofferta l’arsura.
____________
ABBONDIO
Fratello mio.
Come te non ho coraggio.
Anch’io vorrei dormire
stare nel letto nascosto raccolto e malato.
Quando mi sveglierò ricorderò?
Nei sogni tutte le paure
di anni e anni s’avverano.
Vorrei morire
per non patire più.
Avrei pensato come te,
avrei parlato come te,
ma non avrei agito
come hai agito tu.
________
VENEZIA
Posso venire a te solo in sogno
Venezia, ora che sotto la sferza del sole d’estate
Non sei più una città, non ne hai la vita,
sei il luna park della folla che s’accalca
mentre scorre. Non è il popolo di una festa.
Se potrò verrò a te un giorno
per camminare rasente i vecchi muri,
come una barca scivola nell’acqua,
nelle ombre della sera non visto,
lungo i canali e gli antichi palazzi,
nelle vie strette e coperte, silenzioso,
attraverso i ponti percorrerò rapido il tragitto
fino alla chiesa fulgida d’anni,
fino a una riva sul mare aperto,
in ascolto del cupo sciacquio contro le pietre,
all’ultima luce tra le nuvole.
_________
VELENO
Un vento cattivo
sparge il fumo e la cenere dei falò.
Il veleno dei veicoli sospeso nell’aria
respiro, e soffoca.
Con un dolore nel petto
cammino, nella sera nera
alla luce artificiale:
è l’inverno di paese
nell’ora più infame.
________
INDICE
Senza sapere
Ninfa
Il presente
Amo
Scappare
Noi
Non più
Parcheggio
Primavera
Francesco
Perdere sé
Invecchiare
Tu, l’altro
Un’altra vita
Ora
Abbondio
Venezia
Veleno
Nicola Belcari
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