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Cronaca lunedì 19 febbraio 2018 ore 13:40

'Ndrangheta, prestiti a usura scaricati sul Fisco

SERVIZIO - NDRANGHETA IN TOSCANA, 14 ARRESTI E 12 AZIENDE SOTTO SEQUESTRO

Nell'organizzazione criminale di stampo mafioso smantellata dalla Dia sono coinvolti vari imprenditori toscani, sei dei quali finiti agli arresti



FIRENZE — Quattordici arresti e dodici aziende sequestrate in Italia e all'estero sono il bilancio finale dell'operazione della procura distrettuale antimafia fiorentina Vello d'oro, condotta dai Carabinieri e dalla Guardia di finanza. 

Le persone coinvolte, in tutto diciotto, sono accusate a vario titolo di associazione a delinquere con l'aggravante del metodo mafioso nonchè di estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, emissione di false fatture e trasferimento freudolento di valori. In parallelo, nell'ambito di un'altra operazione coordinata dalla Dia di Reggio Calabria, le Fiamme gialle hanno eseguito in quella regione altri ventisette provvedimenti di fermo, di cui quattro riguardano personaggi coinvolti anche nell'inchiesta toscana, per reati analoghi.

Il sodalizio criminale toscano era molto strutturato e ne facevano parte anche soggetti legati a famiglie di spicco della 'ndrangheta calabrese. Le aree di intervento erano la Toscana, la Calabria e diversi stati europei come la Slovenia, la Croazia, l'Austria, la Romania e il Regno Unito.

L'inchiesta è nata dopo la denuncia di un imprenditore toscano che aveva accettato un prestito da un imprenditore calabrese residente a Vinci al tasso di interesse del 17 per cento per un solo giorno: in pratica aveva ricevuto trentamila euro in contanti con l'obbligo di restituirne trentacinquemila nel giro di 24 ore. 

Indagini e approfondimenti hanno quindi portato alla scoperta di un'articolata organizzazione che ruotava intorno a un altro imprenditore calabrese. L'uomo è risultato a capo di alcune società costituite appositamente per movimentare, attraverso il pagamento di false fatture, ingenti quantità di denaro contante che poi veniva riciclato in altre attività illecite. Fra queste c'erano prestiti a tassi da usura concessi ai titolari di alcune concerie delle zone di Fucecchio e di Santa Croce sull'Arno che poi restituivano le somme maggiorate degli interessi coprendo la transazione con false fatture che certificavano l'acquisto mai avvenuto di pellame da una società con sede in provincia di Pisa.

In questo modo gli imprenditori toscani, sei dei quali sono finiti oggi agli arresti, tre in carcere e tre ai domiciliari, riuscivano da una parte a ottenere denaro contante da utlizzare anche per retribuire in nero i dipendenti e dall'altra, annotando nella contabilità delle loro aziende le false fatture, ad abbassare gli utili e quindi le tasse da pagare nonchè a registrare crediti Iva fittizi. Dal canto loro neppure le società che emettevano le false fatture provvedevano a versare l'Iva incassata cosicchè, alla fine, il costo del prestito usurario veniva di fatto scaricato sul Fisco.


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