Politica lunedì 27 aprile 2015 ore 15:15
Italicum, Renzi scrive ai segretari di circolo

La lettera del premier e segretario del Pd è stata inviata mentre la Camera iniziava la discussione sulla legge: "E' in ballo la dignità del partito"
ROMA — Ecco il testo della lettera inviata da Matteo Renzi ai segretari di circolo del Partito democratico:
"Care compagne e compagni, care amiche e cari amici, care democratiche e cari democratici,
scrivo a voi responsabili dei circoli del nostro partito in un momento delicato della vita istituzionale del Paese.
Dopo anni di crisi e di austerità, finalmente l'Italia inizia a
rimettersi in moto. Le regole europee stanno cambiando, anche grazie al
fatto che il PD è stato il partito più votato d'Europa. Migliaia di
persone vedono trasformato il proprio lavoro precario in un contratto a
tutele crescenti e conoscono finalmente il significato di parole come
mutuo, ferie, diritti. I provvedimenti sull'economia - dagli 80 euro
fino alla decontribuzione per i nuovi assunti - stanno spingendo molti
settori a ripartire e le previsioni dei prossimi mesi sono finalmente
positive (grazie anche ad eventi come Expo su cui abbiamo fatto pulizia
perché crediamo profondamente che sarà una grande opportunità per
l'Italia e un'occasione di confronto globale su temi come la lotta alla
fame e la povertà).
Stiamo lavorando duro sulla giustizia: grazie al lavoro del PD è nata
finalmente l'Autorità Anti Corruzione, si è introdotto il reato di
autoriclaggio, la responsabilità civile dei magistrati, regole più serie
per la custodia cautelare. E tra qualche settimana saranno legge le
nuove norme sulla corruzione (pene più dure, prescrizione più
difficile), sul falso in bilancio, sui reati ambientali, sui furti in
appartamento. Una nuova stagione dei diritti si è aperta, dopo anni di
tentennamenti: dal divorzio breve fino alla legge sul terzo settore,
passando dalla discussione parlamentare sulla cittadinanza e sulle
unioni civili.
La rivoluzione digitale porterà fisco e pubblica amministrazione a
cambiare passo, smettendo di essere controparte degli utenti, ma
finalmente consulenti e amici del cittadino. La fatturazione
elettronica, la dichiarazione precompilata, l'imminente pin unico
dimostra che possiamo davvero rendere questo Paese più semplice e
efficiente. Per questo l'infrastruttura più grande sulla quale stiamo
lavorando è quella digitale, la rete banda ultra larga. Ma non
dimentichiamo la necessità di mettere in sicurezza le opere lasciate a
metà da una burocrazia che ha visto negli appalti pubblici lavorare più
gli avvocati che gli ingegneri: ecco perché il codice appalti, ad
esempio, è fondamentale per dare regole certe e portare a compimenti i
lavori. Ed ecco perché abbiamo sbloccato le opere contro il dissesto
idrogeologico.
La vera sfida però riguarda la possibilità di tornare a investire nel
capitale umano. Sulla ricerca, sull'innovazione, sulle città
sostenibili. E tutto parte dalla scuola. Il nostro disegno di legge -
maturato dopo una campagna di ascolto lunga mesi - può essere
migliorato ancora. Siamo aperti e pronti all'ascolto. Ma un punto deve
essere chiaro: la scelta dell'autonomia è decisiva. Significa che la
scuola non deve essere nelle mani delle circolari ministeriali e dei
sindacati, ma dei professori, delle famiglie, degli studenti. Grazie
alle scelte del PD in Parlamento per la prima volta dopo anni ci saranno
più soldi per le scuole e per l'edilizia scolastica, si torna ad
assumere e si faranno di nuovo i concorsi, i professori avranno più
risorse per la loro formazione, il merito dovrà essere valutato in modo
puntuale e dagli asili nido al diritto allo studio il sistema educativo
sarà più giusto.
Lo stiamo facendo in un momento non facile. Avanza in Europa un'ondata
di contestazione che è forte in tutti i Paesi, a cominciare dalla
Francia di Le Pen. In Italia questa sfida demagogica è incardinata su
due forze, non solo su una: la Lega di Salvini, i Cinque Stelle di
Grillo. Il PD è stato argine a questa deriva, grazie alla scelta di fare
le riforme attese da anni su cui altri governi si sono, invece, fermati
e impantanati in passato. Le riforme istituzionali e costituzionali
sono il simbolo di questa battaglia. C'è chi contesta il sistema e chi
propone di cambiarlo: noi siamo questo cambiamento, possibile e
necessario.
Gli italiani ci hanno dato credito. Eravamo al 25% nel 2013, siamo
passati al 41% nel 2014. In un anno abbiamo aumentato in modo
incredibile il consenso. Abbiamo vinto nel 2014 cinque regioni su
cinque: una era l'Emilia Romagna, le altre quattro le abbiamo strappate
al centrodestra. Siamo oggi la forza politica che può restituire
speranza e orgoglio all'Italia. Ma non possiamo fare melina. Non
possiamo puntare a star qui solo per conservare la poltrona: siamo al
Governo per servire l'Italia, cambiandola. Non ci abitueremo mai alla
palude di chi vorrebbe rinviare, rinviare, rinviare.
Ecco perché la legge elettorale che domani va in Aula alla Camera
diventa decisiva. Non solo perché è una legge seria, in linea con le
precedenti proposte del nostro partito. Ma anche perché non approvare la
legge elettorale adesso significherebbe bloccare il cammino di riforme
di questa legislatura. E significherebbe dire che il PD non è la forza
che cambia il Paese, ma il partito che blocca il cambiamento. Sarebbe il
più grande regalo ai populisti. Ma sarebbe anche il più grande regalo
ai tanti che credono nel potere dei tecnici: quelli che pensano che la
parola politica sia una parolaccia e bisogna affidarsi ai presunti
specialisti che ci hanno condotto fin qui, prima dell'arrivo al governo
del PD.
Nel merito la legge elettorale è modellata sulla base dell'esperienza
dei sindaci. Chi vince governa per cinque anni. È previsto il
ballottaggio. Il premio è alla lista per evitare che i partiti più
piccoli possano dividersi dal giorno dopo le elezioni e mettere veti.
Circa la metà dei seggi viene attribuita a candidati espressione del
collegio (candidato di collegio, non più liste bloccate come nel
porcellum) e l'altra metà con preferenze (massimo due, una donna e un
uomo). Si può sempre fare meglio, per carità. Ma questa legge rottama il
Porcellum delle chilometriche liste bloccate con candidati sconosciuti e
il Consultellum che tanto assomiglia al proporzionale puro della prima
repubblica, imponendo inciuci e larghe intese.
Questa legge l'ha voluta il PD. L'abbiamo definita una urgenza e ora
dovremmo fermarci? L'abbiamo proposta alle primarie del dicembre 2013,
con due milioni di persone che ci hanno votato. L'abbiamo ribadita alla
prima assemblea a Milano. L'abbiamo votata in direzione a gennaio 2014.
L'abbiamo votata, modificata sulla base delle prime richieste della
minoranza interna, alla Camera nel marzo 2014. L'abbiamo di nuovo
modificata d'accordo con tutta la maggioranza e l'abbiamo votata al
Senato nel gennaio 2015. L'abbiamo riportata in direzione nazionale e
l'abbiamo votata. Poi abbiamo fatto assemblea dei deputati e l'abbiamo
votata ancora una volta. L'abbiamo votata in Commissione e adesso siamo
alla terza lettura alla Camera, in un confronto parlamentare che è stato
puntuale, continuo, rispettoso.
Vi domando: davvero è dittatura quella di chi chiede di rispettare il
volere della stragrande maggioranza dei nostri iscritti, dei nostri
parlamentari, del nostro gruppo dirigente? Davvero è così assurdo
chiedere che dopo 14 mesi di dialogo parlamentare si possa finalmente
chiudere questa legge di cui tutti conosciamo il valore politico?
Davvero vi sembra logico che dopo tutta questa trafila ci dobbiamo
fermare perché una parte della minoranza non vuole?
Se questa legge elettorale non passa è l'idea stessa di Partito
Democratico come motore del cambiamento dell'Italia che viene meno. Se
davanti alle prime difficoltà, anche noi ci arrendiamo come potremo
costruire un'Italia migliore per i nostri figli? Se gli organi di un
partito (primarie, assemblea, direzione, gruppi parlamentari) indicano
una strada e poi noi non la seguiamo come possiamo essere ancora
credibili? Abbiamo portato il PD a prendere tanti voti degli italiani:
davvero oggi possiamo fermarci davanti ai veti?
Ecco perché nel voto di queste ore c'è in ballo la legge elettorale,
certo. Ma anche e soprattutto la dignità del nostro partito. La prima
regola della democrazia è rispettare, tutti insieme, la regola del
consenso interno. Quando ho perso le primarie, ho riconosciuto che la
linea politica doveva darla chi aveva vinto. Adesso non sto chiedendo
semplicemente lealtà; sto chiedendo rispetto per una intera comunità che
si è espressa più volte su questo argomento, a tutti i livelli. Perché
questa legge elettorale l'abbiamo cambiata tre volte per ascoltare
tutti, per ascoltarci tutti. Ma a un certo punto bisogna decidere.
Ho preso l'impegno con voi, iscritti al PD, di guidare il partito fino
al dicembre 2017, quando si terranno le primarie. In quell'appuntamento
toccherà a voi, alla nostra comunità, scegliere se cambiare segretario.
Ma fino a quel giorno lavorerò senza tregua per dare alla nostra
comunità la possibilità di essere utile all'Italia. Milioni di nostri
concittadini affidano le loro speranze al nostro lavoro: già altre volte
in passato le divisioni della nostra parte hanno consentito agli altri
di tornare al potere
e di fare ciò che abbiamo visto. Farò di tutto perché questo non
risucceda. Possono mandare a casa il Governo se proprio vogliono, ma non
possono fermare l'urgenza del cambiamento che il PD di oggi
rappresenta.
Grazie per il sostegno
Matteo"
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