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Cronaca venerdì 09 giugno 2017 ore 14:00

Inchiesta Consip, l'ad Marroni resta testimone

la sede della Consip

Il lungo interrogatorio di ieri davanti ai pm romani non ha cambiato la posizione dell'amministratore delegato della centrale acquisti dello Stato



ROMA — Testimone era e testimone è rimasto: l'amministratore delegato della Consip Luigi Marroni continua ad avere un ruolo chiave sia nell'inchiesta per corruzione e turbativa d'asta nell'assegnazione degli appalti della centrale acquisti della pubblica amministrazione sia nell'altro filone, delicatissimo, incentrato sulle fughe di notizie che fin dall'estate scorsa hanno minato l'indagine principale.

Ad essere informati in via 'informale' dell'esistenza dell'inchiesta fin dall'estate scorsa furono proprio i vertici della Consip, il presidente Luigi Ferrara e l'ad Marroni. E a metterli a conoscenza di intercettazioni e microfoni nascosti furono personaggi rilevanti, stando alle dichiarazioni di Marroni: nel caso di Ferrara il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, nel caso dello stesso Marroni il comandante della Legione Toscana dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, il ministro Luca Lotti, il presidente di Pugliacqua Filippo Vannoni. Del Sette, Saltalamacchia e Lotti sono stati poi indagati per rivelazione di segreto d'ufficio.

Lo stesso Marroni si ritrovò il 19 dicembre 2016 davanti ai pm di Napoli perchè, a seguito di una soffiata, aveva ordinato la bonifica del suo ufficio da microfoni nascosti: i carabinieri, attraverso quegli stessi microfoni, ascoltarono in diretta le segretarie di Marroni mentre ne parlavano e scattò il blitz.

Durante quell'interrogatorio di dicembre Marroni raccontò agli inquirenti anche di aver subìto pesanti pressioni dall'imprenditore toscano Carlo Russo per conto di Tiziano Renzi, padre del segretario del Pd Matteo, per influenzare l'esito di una gara della Consip a favore di una determinata società. Ma aggiunse anche di non aver mai dato seguito a queste richieste. 

Nel febbraio successivo Tiziano Renzi e Carlo Russo ricevettero un avviso di garanzia per traffico di influenze illecite e, sempre grazie a microfoni nascosti, gli investigatori scoprirono che nell'ottobre precedente il generale Saltamacchia si era premurato di mettere in allerta sull'inchiesta Consip anche Renzi padre. Il quale peraltro ha sempre respinto ogni addebito: "Hanno abusato del mio cognome" ha dichiarato di fronte ai pm, assistito dal suo avvocato. Anche il ministro Lotti, ascoltato su sua richiesta dagli inquirenti, ha respinto le accuse.

Durante l'interrogatorio di ieri Luigi Marroni ha confermato quel che aveva riferito agli investigatori a dicembre sulle fughe di notizie. E quel che ha detto non ha cambiato il suo ruolo. Era e resta il testimone più importante.

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