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domenica 23 marzo 2025

VIGNAIOLI E VINI — il Blog di Nadio Stronchi

Nadio Stronchi

Nadio Stronchi, autore di “Vignaioli e vini della Val di Cornia e Isola d’Elba”, è un appassionato cultore di vini e, più in generale, di mondo agricolo. Bibliofilo e instancabile ricercatore è stato promotore di attività enoiche dentro la storia locale Val di Cornia, Toscana

​Quando parli di vino non puoi ignorare la storia umana, ma...

di Nadio Stronchi - mercoledì 05 marzo 2025 ore 08:00

Di questi tempi, siamo in moltissimi a parlare di vini, in tutte le sue sfaccettature biologiche, botaniche, enoiche, e per taluni la storia viene per ultima. Io sono degli ultimi, ma non mi dimentico mai di collegare il vino agli eventi umani; Lo degusto, lo classifico con i termini della deontologia enoica e poi, con le mie impressioni a seconda delle capacità visive, olfattive e gustative. 

Oh gente! mica siamo tutti con proprietà naturali simili. Qui subentra non più la biologia umana con la sua cultura e di memoria e quella delle proprietà del vino; subentra la filosofia innata nell’uomo per dimostrare e confrontare molti più concetti culturali di altri. Avete mai sentito dire che c’è una “filosofia” più valida di altre “filosofie”? Io no! Ci sono altre filosofie che il tempo convaliderà o non convaliderà gli eventi. 

Sappiamo che nell’Italia enoica dei primi secoli i protagonisti principali sono stati più i POETI che gli ESPERTI di vino. Fatti salvi gli enologi che l’Italia, dalla metà dell’800, ne ha avuti molti e bravi, però, il segno dei POETI è rimasto nella cultura diffusa nelle città, ma anche nelle campagne tra campi di grano, di olivi e dei vigneti molto di più. Una cultura del dire più che del fare è stata usata per amplificare le materie descritte. Un esempio, 1980, nel descrivere un vino un giornalista, scrisse: Olfatto: “sentori di sudore di cavallo in corsa”; Sembra verosimile, ma credetemi ce ne sono molti con altri predicati. Devo dire che tra gli enologi c’è l’uso di predicati nel spiegare le qualità dei vini che sono: chiari, stringati, e comprensibili. Sono coerenti con le qualità dei vini che, da tempo, sono simili tra quelli dalle stesse uve e territori, si differenziano col variare delle uve e dei territori. 

La cultura professionale è tale che la conduzione dei vigneti, le vendemmie e le vinificazioni hanno un ruolo pianificante, ma le differenze siano pur minime, ci sono. Non c’erano al tempo degli etruschi, ma sono convinto che quando il vino era in “tavola”, anche il più sprovveduto sapeva quale èra da berne di più. Nei nostri confronti bevevano delle robacce adeguate a quei tempi. Perciò, esaltare i “VINI” di molti secoli orsono non ci può indurre a amplificare le qualità e i metodi per farli, occorre parlare del necessario per capire la storia umana. Col tempo si sono consolidati le scelte dei vitigni e dei metodi di fare vini che si sono sviluppati con varianti spontanee a seconda dei popoli stanziali o invasori.

In Etruria prima e in Toscana dopo molti secoli, il vitigno Sangiovese della quale Regione è originario; era ed è il più diffuso. “Sanguis Jovis, cioè il sangue di Giove, oppure Sangue dei gioghi collinari o Giovevole al sangue”.Un’altra interpretazione vuole che il nome derivi da San Giovanni: il Sangiovese è un’uva che germoglia a fine giugno per la festa di San Giovanni Battista e per questo in alcune parti della campagna toscana è chiamata “Sangiovannina”. Altri invece affermano che derivi da San Giovanni Valdarno, dove è nata. E’ certo che il Sangiovese era coltivato sia dagli Etruschi e in seguito dai Romani. Più probabile quindi la derivazione dal latino “jugalis” (passato ad esempio nel Francese antico a “jouelle” per indicare il sostegno somigliante a un giogo che collega due viti). E’ senz’altro il più discusso, e in alcune zone della Toscana non è più usato per fare vini monoclonali: è aggiunto ad’ altri vitigni bordolesi. 

Nel Bolgherese non è più usato, in Val di Cornia al 50%, nell’Elba più del 50%, nel grossetano usando la sottovarietà Morellino. Le cause della rinuncia detta degli esperti, sono: maturazione difficile e la cessione di molti tannini che lo fanno essere molto vinoso all’olfatto, tannico, spigoloso al gusto. Quando le annate hanno un clima equilibrato, a volte è sorprendente. L’Istituzione Regionale sostiene: guai toccare il Sangiovese perché è la storia toscana. Ma se altri vitigni danno vini migliori e vengono commercializzati con più efficacia, perché essere autolesionisti! E’ per la natura amministrativa?

Per essere coerenti è necessario citare un vino di uva Sangiovese il 100% dell’Azienda Petricci-Del Pianta, di San Lorenzo nel Comune di Suvereto. Eccolo: Albatrone, IGT, Sangiovese di Toscana. Colore: rosso rubino con sfumature aranciate. Olfatto: vinosità equilibrata e tannica. Sentori di frutti neri tra cui la prugna e la ciliegia. Gusto: Vinosità tipica dell’uva, scorrevole ma tannico e con retrogusto amarognolo. Giusto equilibrio qualità-prezzo.

Nadio Stronchi

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