Attualità martedì 03 gennaio 2023 ore 17:05
Terreni agricoli perduti, un fico li salverà

Uno studio di scienziati toscani rivela le potenzialità della pianta sia come coltura redditizia, sia per recuperare terreni salini marginali
PISA — Coltura estremamente redditizia ma non solo: il fico potrebbe rivelarsi determinante per recuperare terreni agricoli perduti e in particolare salini. E' la conclusione a cui è giunto il progetto “Ficus carica, un’ antica specie con grandi prospettive”, finanziato e condotto dall’Università di Pisa e che ha approfondito le conoscenze su questa pianta grazie ad un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.
Il tema è peculiare, ma gli esiti di studio sono interessanti. Come spiega la coordinatrice del progetto la professoressa Barbara Conti, infatti, il fico è un importante alimento di base. La sua produttività dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta. Malgrado ciò, in Italia la sua coltivazione è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000 da cui giunge l'1% della produzione mondiale.
Peccato, perché invece intanto in Italia i terreni salini marginali sono in costante crescita e rappresentano oggi oltre 400mila ettari: "Il rilancio di questa coltura è dunque strategico - afferma Conti - anche in considerazione del quindicesimo obiettivo dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l'uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride”.
I ricercatori dell’Università di Pisa hanno lavorato due anni, dal 2020 al 2022, arrivando a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo che ha consentito loro di indagare la performance di questa pianta in condizioni di elevata salinità.
I risultati, spiega una nota dell'Università di Pisa, "hanno così confermato che è una coltura ideale per il recupero dei terreni salini marginali. La salinità del terreno non determina infatti una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti dei frutti". Anzi: "L’aumento del livello endogeno di acido salicilico nei frutti delle piante sottoposte a stress salino farebbe ipotizzare un effetto 'priming', cioè una strategia adattativa che migliora le capacità difensive della pianta".
Questione di geni: “Siamo riusciti ad ottenere la sequenza dei corredi cromosomici paterno e materno e nel genoma abbiamo identificato i geni coinvolti nell’accumulo degli zuccheri nel frutto - dice la professoressa Conti -. Questi geni sono risultati diversamente espressi nei frutti di piante sottoposte ad elevata salinità pur non determinando cambiamenti significativi nel contenuto totale e nei suoi principali componenti”.
Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI