Politica mercoledì 15 marzo 2017 ore 17:57
Addio al Pd, le ragioni di Serena Spinelli
La consigliera regionale che, dopo Enrico Rossi, ha aderito ai Democratici e Progressisti spiega la sua scelta: "Tutta colpa di Renzi? No, affatto"
ROMA — La decisione era nell'aria da tempo ma prima di prenderla si è presa qualche settimana per confrontarsi con chi, in lei, ha creduto. Oggi, la scelta: Serena Spinelli, consigliera regionale eletta nelle liste del Pd, ha lasciato i dem per aderire al movimento Art.1 - Democratici e progressisti. E in una lunga nota ne spiega le ragioni. Che vanno ben oltre Matteo Renzi e l'èra del Partito democratico iniziata nel 2013 con la sua elezione a segretario e poi a presidente del Consiglio. Ecco il testo integrale:
"Aderisco a “Articolo 1 – Movimento democratico e progressista”.
ho riflettuto a lungo prima di decidere, e probabilmente qualcuno si sarà anche chiesto come mai ci stessi pensando così tanto. In realtà in queste settimane non ho trascorso tutto il tempo a pensare, ma molto di più a confrontarmi, a parlare, a discutere anche animatamente, ad ascoltare quello che pensavano i miei amici, compagni, sostenitori, elettori, parenti, amministratori, concittadini… e tutti quelli insieme ai quali ho percorso un pezzetto di strada fatto di politica e di rapporti umani.
Ho voluto riflettere a lungo anche per capire e valutare come poter continuare a rappresentare al meglio il mio territorio all’interno delle politiche regionali. E ho trovato la risposta nel tener fede al programma con il quale sono stata eletta e alle mie idee, con le quali continuerò a propormi come interlocutore attivo per amministratori e cittadini.
E poi ho organizzato un incontro alla Casa del Popolo delle Sieci, con le persone che, con il loro sostegno e la loro fiducia, hanno reso possibile il mio attuale compito di consigliera regionale della Toscana. C’erano circa settanta persone, una bella atmosfera e ovviamente anche alcune posizioni diverse, com’è giusto che sia.
Ho fatto così perché credo che la Politica, anche quando si basa su scelte individuali, deve restare sempre un fatto collettivo.
Intorno a noi vedo accumularsi fenomeni complessi e problemi che continuano a non trovare soluzioni: disuguaglianza sociale in forte crescita, nel nostro Paese l’1% della popolazione possiede un quarto della ricchezza; povertà in aumento, con 9 milioni di italiani a rischio e 4,6 milioni che già vivono sotto la soglia, cresciuti del 155% negli ultimi 10 anni; la disoccupazione giovanile che continua a rappresentare un dramma e ha raggiunto il 40%; un lavoro troppo spesso privato ancora di certezze, con la crescita dei licenziamenti, ma anche di dignità e di diritti, che per 145 milioni di volte nel 2016 sono stati racchiusi in un voucher, strumento snaturato e cresciuto in maniera esponenziale che adesso va riformato o abolito come chiede la Cgil.
A questo si aggiunge uno scenario europeo e occidentale inquietante, con l’avanzare delle destre sovraniste, xenofobe e populiste. Un fenomeno che, come ben sappiamo, riguarda anche il nostro Paese e cavalca la rabbia sociale dei delusi e degli esclusi.
Come fronteggiare tutto questo se non con politiche di sinistra?
E’ intollerabile che in Italia oltre 11 milioni di persone rinuncino alle cure mediche per l’impossibilità di sostenerne i costi. E che allo stesso tempo l'82% dei cittadini giudichi non equo il nostro sistema fiscale. Elementi che ci dicono come siano urgenti politiche incisive sui salari, sulla redistribuzione della ricchezza, sul ripristino del principio di progressività fiscale, peraltro previsto dall’art. 53 della Costituzione. Perché mentre 400mila persone devono restituire gli 80 euro a causa di un reddito rivelatosi troppo basso, si ipotizza una flat tax da 100mila euro per i ricchi stranieri?
Fare la sinistra non vuol dire rispolverare vecchi cimeli, ma al contrario affrontare, oltre ai problemi urgenti, le sfide della contemporaneità e dell’innovazione: le competenze digitali, l’economia della condivisione, le nuove politiche energetiche, i modelli di gestione dei rifiuti, l’investimento nello sviluppo sostenibile e nelle politiche ambientali e urbanistiche.
Non esiste una sinistra innamorata della sconfitta e una che invece vuole vincere.
Esiste una sinistra che possiede gli strumenti per affrontare le sfide del nostro tempo, che dialoga con le associazioni, con il terzo settore, con i sindacati, con il mondo della scuola, delle università e della cultura, e che rappresenta una grande forza popolare, radicata nella società e nei territori.
Una sinistra aperta e plurale, che torni a farsi carico di quelli che sono i problemi e le aspirazioni delle persone, in particolare dei più deboli e di chi è più in difficoltà, per costruire una società più giusta, più equa, con più opportunità e diritti per tutti. E che solo se si pone questo obiettivo trova il proprio senso e la propria possibilità di affermarsi.
Tutto questo nel PD non lo vedo più possibile.
E’ tutta colpa di Renzi? Non lo penso affatto. La sinistra è in ritardo da tempo, purtroppo.
Negli ultimi anni il Paese sta peggio. Il PD e il suo segretario non hanno centrato l’obiettivo di grande cambiamento riformista col quale si erano presentati. E anche il partito è profondamente cambiato, e secondo me non in meglio.
La possibilità di costruire un dibattito, di porre dei temi, di elaborare un pensiero politico, di costruire progetti sui territori è praticamente scomparsa, e anche la partecipazione e il coinvolgimento degli iscritti e dei circoli si è ridotta a raccolte di firme e appuntamenti elettorali. Il tutto descritto come uno scontro ostinato dei "gufi" contro gli "illuminati".
Il PD per me ha rappresentato molto: lo strumento con il quale realizzare l’idea di mettere al servizio del Paese e dell’Europa la sintesi delle tradizioni e delle culture politiche riformiste. Ma quello che vedo oggi è un partito in cui la pluralità non è più una risorsa, ma anzi un intralcio, e che non riesce più ad essere quella forza intorno alla quale costruire un’area progressista ampia e inclusiva in grado di rappresentare una proposta politica forte e riconoscibile. Sono ancora convinta, infatti, che esista ancora la destra e la sinistra, non solo le categorie degli innovatori e dei frenatori. Mentre in questi anni ad essere rottamate sono state le parole sbagliate.
Per come intendo io la politica, in questo partito non c'era più aria. Insieme ad altri ho provato a chiedere che si aprissero le finestre, ma non è andata così.
Ci sono tante persone che oggi non hanno più un partito nel quale riconoscersi e una politica in cui credere. E siamo in tanti a sentire il bisogno di riempire quel vuoto che si è aperto, soprattutto a sinistra, e che sta diventando distacco, delusione, esclusione. Siamo in tanti a credere che ci sia bisogno di Sinistra e non abbiamo certo tempo per la nostalgia.
Rispetto profondamente le scelte e la valutazioni di tutti. So che dentro il PD restano tante persone amiche e compagni. Per me il PD non è un avversario politico, perché gli avversari sono la destra e il populismo sfascista. E dentro o fuori dal PD mi troverete sempre dalla stessa parte, dalla parte di chi è rimasto indietro e ha il diritto di tornare al passo. E’ su questo che voglio continuare a basare il mio impegno e la mia passione politica. Perché adesso l’alternativa c’è, ed è per questo che insieme alle tante emozioni di questi giorni, sento anche l’entusiasmo delle nuove sfide.
C’è molto lavoro da fare per essere interlocutori di mondi che solo in una sinistra aperta e plurale possono trovare risposte alle loro istanze. Per farlo dovremo saper ascoltare, lasciarci contaminare da idee e proposte. Perché quelle da trovare sono risposte nuove per valori antichi e quanto mai attuali: dignità e qualità del lavoro, opportunità uguali per tutti, sanità universale, integrazione, sviluppo sostenibile, istruzione, diritti… e chissà quanto altro ancora."
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