Attualità venerdì 04 novembre 2016 ore 12:40
Terremoti, la prevenzione è possibile
L'Ordine dei geologi: "L’Italia non ha imparato dalla sua storia e si è continuato a fare gare al ribasso, soprattutto per il lavoro dei geologi"
FIRENZE — Nel giorno in cui si celebrano i 50 anni dalla catastrofe dell'alluvione del 1966 e mentre le scosse del terremoto continuano ad attraversare il Centro Italia, la presidente dell'Ordine dei Geologi della Toscana Maria Teresa Fagioli è intervenuta per sottolineare che "i terremoti non si possono prevedere ma si può fare prevenzione".
"Non possiamo prevedere l’anno, il mese, il giorno, l’ora in cui i terremotii avverranno, né se dureranno giorno o anni e se si ripeteranno a breve - scrive Fagioli in una nota - Ma abbiamo conoscenze della struttura della Terra, e dati statistici affidabili che ci assicurano che crisi come l’attuale, o peggiori, ci saranno, e per questo abbiamo il dovere morale, civile, legale, politico di fare il possibile perché le crisi facciano il minor danno possibile, in una parola: prevenire".
Ecco il testo della nota dell'Ordine dei Geologi.
Toscana regione all’avanguardia, ma solo il 10% delle scuole a
norma. Tutta l’Italia è un territorio fragile, delicato,
vulnerabile, sia dal punto di vista idrogeologico che sismico.
«E la Toscana non fa eccezione. In materia di studi di
microzonazione ed effetti sismici locali siamo tra le regioni
più avanzate. Proprio per questo sappiamo con certezza che la
stragrande maggioranza del patrimonio edilizio esistente,
storico o recente che sia, non è in grado di reggere ai
terremoti che ci saranno, e anche nelle aree ad alta sismicità
riconosciuta ed accertata edifici sensibili tipo scuole sono
solo nel 10% dei casi antisismiche, praticamente solo gli
edifici nuovi, e forse nemmeno tutti».
Sicurezza, obbligatorio trovare soldi e intervenire da subito.
La Toscana è costellata di piccoli e grandi borghi di enorme
patrimonio storico e culturale, che però non reggerebbero a
forti terremoti. «Abbiamo poi il “problemino” dei borghi
medievali rinascimentali, settecenteschi ed ottocenteschi sparsi
sull’Appennino, patrimonio culturale, paesaggistico, storico
umanistico unico, che attira il Toscana l’indispensabile risorsa
del turismo. Ma per metterli in grado di sopravvivere ai
terremoti attesi ci vogliono investimenti, tanto difficili da
trovare “prima” quanto è più agevole, e meno soggetto a
controlli, reperirli “dopo” a macerie fumanti. È davvero un
lavoro immane mettere in sicurezza se non tutto almeno una parte
rilevante di questo grande patrimonio, e servono soldi. Ma
sarebbe anche un’occasione unica per riavviare quel volano
dell’economia nazionale che gira ancora al minimo, minacciando
di fermarsi del tutto».
L’esempio degli altri Paesi, hanno iniziato a fare prevenzione
cento anni fa. L’Italia potrebbe essere all’altezza di
altre nazioni, ma deve iniziare a fare prevenzione. «Mi sento
spesso chiedere cosa abbiamo di meno del Giappone o della Nuova
Zelanda, dove un sisma di magnitudo Richter anche superiore a 7
non fa praticamente danni. Abbiamo di meno un secolo di
produzione di edilizia sistematicamente antisismica, e in più
venti secoli di patrimonio edilizio di valore su cui
intervenire».
Quello che succede adesso lungo l’Appennino, un fenomeno
naturale. Fagioli spiega la serie di eventi sismici di
queste settimane. «Uno sblocchettamento della crosta come sta
avvenendo nell’Appennino centrale, con formazione di faglie
nuove e riattivazione di vecchie, abbassamento, sollevamento e
spostamento di decine di miliardi di metri cubi ti terre e
rocce, accompagnati da una enorme quantità di scricchiolii
(sismi) della potenza di diverse bombe atomiche, non si è mai
registrata in un passato recente e tecnologico in queste aree.
Ma i dati storici e geologici testimoniano che più e più volte
di certo c’è stato anche di peggio, e quel che è successo,
succederà ancora».
Non abbiamo imparato dalla storia, basta lavori al ribasso.
Purtroppo però l’Italia non imparato dai terremoti. Per la
presidente dei Geologi, «non è stato sufficiente il terremoto
dell’Irpinia del 1982, né quello di Fabriano nel 1997, né quello
dell’Aquila del 2008 e dell’Emilia del 2012, tanto per citare i
più recenti e distruttivi, a far avviare la messa in in
sicurezza del territorio, o meglio ad avviare il processo in
modo serio e sistematico. Chissà se ci riusciremo ora, e ammesso
che il governo trovi i soldi, chissà come verranno impiegati».
Il rischio è quello di fare i soliti “lavori al ribasso”. «Basta
con le gare al ribasso e niente controlli di qualità. È solo da
poche settimane che un Comune toscano ha emesso un bando
riguardante lavori pubblici per circa 1,8 milioni di euro, e per
la parte geologica, da cui dipende la sicurezza di tutto il
resto, il prezzo a base di gara al ribasso è pari ad 1/10 di
quanto il decreto parametri ministeriale prevede come congruo.
Dobbiamo solo sperare che il professionista incaricato abbia
davvero poco da fare o sia ricco di famiglia, per poter dedicare
al lavoro affidatogli il tempo necessario, cioè dieci volte
quello per cui verrà pagato».
L’importanza dei geologi per la prevenzione. «Noi geologi
siamo figure scomode, come in tutte le categorie ne abbiamo di
bravi e meno bravi ma siamo tutti consapevoli che per fare
realmente le cose ci vogliono volontà e costanza. È bene
lavorare con la protezione civile, ma è anche meglio lavorare, e
tanto, in prevenzione. Quella prevenzione che almeno fino ad una
decina di anni fa è quasi totalmente mancata in Italia.
Recuperare non è facile e l’impegno deve essere nella direzione
giusta. È del 27 ottobre il via libera del Senato al ddl che
attiverà interventi per il sostegno della formazione e della
ricerca nelle scienze geologiche. Il provvedimento punta a
recuperare i dipartimenti di geologia, falcidiati dalla
“riforma” dell’Università, con meno vincoli per gli stessi e
incentivi per chi si iscrive. Ottimo. Il governo ha
tardivamente, ma comunque finalmente riconosciuto che i geologi
servono e non devono scomparire . Ora però è necessario anche
utilizzarli ed utilizzarli bene perché non ha senso creare
geologi per poi lasciarli disoccupati o lasciarseli scappare
all’estero (dove i geologi italiani sono molto richiesti) specie
quando si vive in un paese dove di geologi c’è davvero bisogno».
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