Il Quirinale, la casa della memoria e della riconciliazione
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - martedì 21 luglio 2020 ore 10:15
Mano nella mano Mattarella e il presidente sloveno Pahor alla foiba di Basovizza. L'immagine dei due capi di Stato, in silenzio e immobili davanti al monumento dei morti sloveni, fucilati dai fascisti, e italiani, trucidati dai partigiani di Tito, è un gesto senza precedenti. E si pone sul percorso di “riconciliazione” già tracciato da altri suoi predecessori al Quirinale.
Nel 2002 Ciampi, insieme al suo omologo tedesco Rau, rese omaggio alla memoria dei caduti dell'eccidio di Marzabotto. Nel 2013 a Sant'Anna di Stazzema, sul luogo del massacro nazista, l'abbraccio fra Napolitano e il presidente della Germania Gauck. Mentre, sotto la pioggia, l'uno teneva stretta la mano dell'altro in una commovente testimonianza di “Pace e fraternità”. Gesti e parole in tutto simili a quanto accade l'8 luglio 1962 nella Cattedrale di Reims, quando Charles de Gaulle, presidente della Francia, e Konrad Adenauer, per la Repubblica federale tedesca, si stringevano la mano sancendo uno storico allineamento, senza tuttavia dimenticare le responsabilità di una delle pagine più buie della storia. Il viaggio comune verso una nuova Europa era appena iniziato.
Il Vecchio Continente elevato a baluardo contro “il bellum omnium contra omnes”, o almeno questo era il senso del messaggio: la creazione di una “casa” dove solidarietà ed eguaglianza avrebbero dovuto diventare applicazione e le ferite della storia rimarginate. Non di meno, tra i tanti eventi a cui abbiamo assistito merita di essere citato il raccoglimento di Mattarella e dell'allora capo di stato Steinmeier al mausoleo delle Fosse Ardeatine, accompagnati dal Rabbino Di Segni nel maggio del 2017. Lo stesso Presidente che pochi giorni fa, con la nomina di Sami Modiano, in occasione dei suoi 90 anni, e testimone diretto degli orrori di Auschwitz con il numero di matricola “B7456", a Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica, testimonia ancora di più come il Quirinale non dimentichi gli orrori della Shoah, facendo di tutto per tramandare agli adulti del domani la sua triste storia. In generale, l'atteggiamento del Quirinale in materia di “memoria” e “riconciliazione” è intrinseco nel ruolo istituzionale ricoperto dal presidente. Il profilo introdotto dai recenti capi di Stato assume anche una valenza esterna: garantire che l'Italia, con continuità e coerenza, resti salda ai valori dell'Unione.
È stato con Ciampi che il Quirinale inaugura questo indirizzo di politica estera. Durante il suo settennato il presidente lavorò assiduamente per attenuare le diffidenze, tra il disorientamento e il preoccupato, della Germania. La dimostrazione che Roma e Berlino condividessero la stessa visione, irreversibile, arriva in occasione di quella storica giornata a Marzabotto. L'episodio, con i molti gesti “fuori dal protocollo”, mostrava nella sua straordinaria naturalezza un legame emotivo tra le nazioni, che era al tempo stesso simbolo di speranza.
Il significativo mutamento della geometria gestionale della politica estera italiana è confermato da Napolitano. Nel suo mandato, l'attuale senatore a vita, non esita a declinare ottime relazioni internazionali, poco formali ma molto di sostanza, risultando “ambasciatore” rassicurante sulla solidità dell’integrazione europea persino negli incontri alla Casa Bianca. La credibilità, e l'insegnamento, di Mattarella fa sì che l'intervento del Colle nella galassia della politica estera italiana ed europea sia oggi prassi diplomatica.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi