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mercoledì 11 dicembre 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Come rubare allo stato e vivere felici

di Nicola Belcari - giovedì 14 novembre 2024 ore 08:00

L’arte di rubare allo Stato senza incorrere nei rigori della legge vede l’Italia primeggiare nel mondo. Non da oggi se M. D’Azeglio, quello che disse che restavano da fare gli Italiani all’indomani della nascita della nostra Nazione, considerò che si può essere solenni ladri senza trasgredire le leggi.

Lo Stato sopporta il ladro di galline con gli spiccioli destando l’indignazione, spesso sacrosanta, del popolano o del borghese di quel rubacchiare così da distogliere l’attenzione dai suoi predatori in grande stile, spesso gli stessi che ricoprono cariche importanti e prendono per esso decisioni o provvedimenti. È l’arte dell’illusionista: distrarre lo sguardo là da dove c’è il trucco, dove si compie l’inganno.

È maturo il tempo per redigere il manuale del furto perfetto ai danni dello Stato (al quale soltanto si può rubare legalmente, i privati, com’è ovvio, si risentirebbero e non lo permettono) un dizionario, un’enciclopedia di tutte le truffe possibili, rozze o raffinate, infime o gigantesche, legali o illegali.

Si potrebbe inoltre istituire un premio per il furto dell’anno, il migliore e più riuscito. Una giuria di ladri matricolati, ormai a riposo o in saltuaria attività, ché nel settore non si va in pensione, dovrebbe valutare la fantasia, l’estro, l’inventiva dell’idea, la difficoltà di essere scoperti o perseguiti, la tecnica di esecuzione.

Personaggi in cerca d’autore s’aggirano sul palcoscenico della politica.

Da sempre vige la legge secondo cui “chi ruba poco va in galera, chi ruba tanto fa carriera”: una saggezza popolare nota a tutte le culture. Il pane di J. Valjean comporta vent’anni di lavori forzati mentre mandare in bancarotta un’azienda statale vale stipendi, buonuscita e pensione, milionari, ma la più semplice, quasi ordinaria e meschina, maniera di appropriarsi di soldi pubblici è finanziare le iniziative e le attività economiche di amici, familiari e complici. Tutto alla luce del sole.

Se ci capita di riporre la sveglia nel frigorifero, di non trovare gli occhiali che stanno dov’è il loro posto, cioè sul nostro naso, o di cercare qualsiasi altra cosa che teniamo in mano, non è perché siamo vecchi e un po’ rimbambiti, è forse, invece, perché siamo molto impegnati e su tanti fronti, infatti anche i politici, più o meno giovani, dimostrano smemoratezze apparentemente clamorose: dimenticano soldi un po’ dappertutto, in giro per la casa o in giardino o nel fienile, si meravigliano di ciò che hanno in tasca, e a loro insaputa possiedono beni qua e là. Sono talmente occupati e preoccupati del bene pubblico che trascurano il proprio, fino a dimenticare le loro sostanze: case, conti in banca, esteri o nostrani, sacchi di soldi sparsi in angoli insoliti o persino bizzarri. Non sarà mai troppa l’attenzione quando si butta via il vecchio materasso o si accende il fuoco nel camino.

Che consolazione! Sapere di non essere soli, a causa dell’età, smemorati, sbadati, distratti, ma trovarsi invece in prestigiosa compagnia.

Nicola Belcari

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